Antinopoli

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Antinopoli
Nome originale in greco antico: Ἀντινόου πόλις?
in copto ⲁⲛⲧⲓⲛⲱⲟⲩ
Cronologia
Fondazione 130
Fine X secolo
Amministrazione
Dipendente da Impero romano
Impero bizantino
Localizzazione
Stato attuale Bandiera dell'Egitto Egitto
Località Mallawi
Coordinate 27°48′27″N 30°52′22″E / 27.8075°N 30.872778°E27.8075; 30.872778
Cartografia
Mappa di localizzazione: Egitto
Antinopoli
Antinopoli

Antinopoli (in greco antico: Ἀντινόου πόλις?, Antinóou pólis ("città di Antinoo"); in copto ⲁⲛⲧⲓⲛⲱⲟⲩ; in arabo الشيخ عبادة?) o Antinoe[1] è stata una città dell'Egitto romano, fondata per volontà dell'imperatore Adriano in memoria del suo giovane eromenos Antinoo.

La città era posta in posizione speculare rispetto alla più antica Ermopoli ed era il punto di inizio della via Hadriana, che si concludeva presso il porto di Berenice.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Frammenti di un architrave dell'antico tempio egizio di epoca ramesside.

L'area in cui sorse Antinopoli distava pochi chilometri dal villaggio di Bessa (in greco antico: Βῆσσα?), posto in cima alla collina alla base del quale sorse invece la città romana. Le più antiche testimonianze sono costituite da un gruppo di sepolture risalenti perlopiù al periodo predinastico o protodinastico.

Antinoo come Osiride.

«Antinopoli, la più cara, sorta nel luogo della sventura, è serrata tra il fiume e la roccia su una fascia angusta di terreno arido»

Dopo la morte di Antinoo nel 130, in circostanze mai del tutto chiarite, l'imperatore Adriano decise di fondare una città dedicata al suo giovane eromenos a poca distanza dal sito in cui il giovane annegò. Questo insediamento divenne ben presto sede del culto a lui dedicato e con la costruzione della via Hadriana fu collegato al porto di Berenice, che si affacciava sul mar Rosso.

Intorno al 304, durante la persecuzione dei cristiani sotto Diocleziano, furono martirizzati in questa città i santi Giuliano e Basilissa secondo il Menaea Graeca, un volume che raccoglie le biografie di vari santi cristiani. Con la cristianizzazione dell'impero intorno al IV secolo vi fu eretta una diocesi, inizialmente suffraganea dell'arcidiocesi di Tolemaide, poi elevata al rango di sede metropolitana e infine arcidiocesi[2]. Ci sono numerose tracce di comunità monastiche cristiane: in particolare le cave e le zone adiacenti alla città in epoca copto-araba, ospitarono cenobiti e altri conventi. Palladio di Galazia, che visitò la città tra il 406 e il 412, durante il suo esilio, menziona dodici monasteri femminili, in città e nei dintorni, ed oltre un migliaio di uomini, tra cui cinque celebri anacoreti.

Dopo la conquista islamica dell'Egitto, nel VII secolo, la città fu residenza dell'Emiro dell'Alto Egitto anche se pare che una comunità cristiana sopravvisse nei secoli. La città fu abbandonata attorno al X secolo, tuttavia ha continuato ad ospitare un importante tempio greco-romano, che fu demolito nel XIX secolo.

Scavi archeologici[modifica | modifica wikitesto]

I primi scavi italiani furono fortemente voluti dal filologo e grecista italiano Girolamo Vitelli e si svolsero principalmente tra il 1935 e il 1940, venendo bruscamente interrotti dallo scoppio della seconda guerra mondiale.[3] Essi ripresero dal 1965 sotto l'egida dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" e operò sul sito anche la missione archeologica italiana gestita dall'Istituto Papirologico "Girolamo Vitelli" di Firenze[4], che proseguì gli scavi negli anni successivi e ancora oggi organizza campagne di scavo[5]. I primi papiri scoperti nel sito sono stati tradotti e pubblicati da John Wintour Baldwin Barns e Henrico Zilliacus.

Albert Gayet[modifica | modifica wikitesto]

Albert Gayet può essere considerato tra i principali archeologi di Antinopoli; infatti senza la sua vasta ed approfondita ricerca e la documentazione raccolta, molto poco si saprebbe oggi su questa città. Il rapporto di Gayet si concentrò maggiormente sulla città antica, mostrando come il Cristianesimo cominciò a diffondersi largamente attraverso l'Impero romano.[6]

Gli scavi hanno rivelato mummie, corredi funerari e migliaia di tessuti nel sito; è stato anche scoperto un grande cimitero, il luogo di sepoltura di numerosi cristiani copti, antecedenti al IV secolo. Questi ultimi erano rivestiti in tuniche e fasce di vari tessuti prima di essere sepolti. Le scoperte di Gayet hanno dato ai ricercatori una migliore comprensione delle prime pratiche di sepoltura cristiana e la conservazione dei tessuti artistici ritrovati nel sito permette di intuire lo stile copto in evoluzione, ossia l'arte canonica dell'antico Egitto infuso con l'arte classica e poi cristiana.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Urbanistica e architettura[modifica | modifica wikitesto]

Zona delle rovine.

I primi ritrovamenti risalgono al Nuovo Regno, quando Bes e Hathor erano tra le divinità più importanti della regione, tuttavia sia la pianta urbanistica di tipo ippodameo sia l'aspetto degli edifici non avevano nulla di egiziano.

La città romana aveva circa un miglio e mezzo di lunghezza e quasi mezzo miglio di ampiezza ed era circondata da una cinta muraria in mattoni crudi su tre lati, lasciando scoperto quello in direzione del Nilo. Da un punto di vista urbanistico le strade erano disposte a scacchiera e il cardine e il decumano si incontravano nei pressi di un arco di trionfo. Le strade erano state divise in quarti e blocchi, con ogni edificio convenientemente numerato; il cardo aveva su entrambi i lati un ampio corridoio porticato. Le vie erano a tal punto ricche di portici che il viaggiatore francese Paul Lucas, vedendone le rovine nel 1714, scrisse che la città era un ininterrotto porticato. Tra le strutture identificate si annoverano: una palestra, un teatro, un ippodromo e alcune aree di sepoltura cristiane.[1] L'ippodromo conteneva ampi serbatoi per l'acqua, che era portata lì dalla porta orientale che conduceva ad una valle proprio alle spalle della città; questa, oltre la catena montuosa passava attraverso il deserto del Wādī Tarfa, unendo le strade per le cave delle "Mons Porphyrites" non lontano da Mons Claudianus.[7]

Edme François Jomard, curatore delle pubblicazioni di Description de l'Égypte, descrisse e illustrò molti monumenti oggi completamente scomparsi: porte monumentali, archi di trionfo, agorà, terme romane oltre che il teatro e lo stadio (di cui rimangono alcune pareti); poi il pretorio, colonne onorarie (tra cui una dedicata all'imperatore Alessandro Severo e a sua madre) ed infine anche il sepolcro di Antinoo. Quest'ultimo si trovava nella metà settentrionale della città, mentre nella parte meridionale si trovava un grandioso tempio di ordine corinzio.

Politica[modifica | modifica wikitesto]

Antinopoli era governata da un proprio senato presieduto da un pritaneo i cui membri erano scelti tra le famiglie più illustri dei residenti. I provvedimenti, di cui ci sono pervenuti alcuni frammenti, erano soggetti direttamente alla revisione del prefetto della Tebaide e non a quella del nomarca come accadeva di norma. La suddivisione amministrativa così articolata in tribù e l'organizzazione politica seguivano in tutto e per tutto l'uso dell'antica Grecia.

La ricchezza del luogo è indicata ancora oggi da notevolissimi reperti, per lo più provenienti da tombe, come papiri in Lingua greca antica, ma anche in Lingua latina e Lingua copta, oltre a numerose pitture paleocristiane e pregevolissimi tessuti e indumenti perfettamente conservati.

Religione e tradizioni[modifica | modifica wikitesto]

Particolare di un busto che ritrae il giovane Antinoo.

La città divenne sede del culto dedicato al giovane Antinoo e annualmente ospitava le Antinoeia, caratterizzati da giochi e gare di corsa coi carri celebrati in commemorazione della sua morte.[8] Vi era probabilmente anche un tempio dedicato al giovane e ribattezzato Antinoeion.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Antinoe, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 24 settembre 2020.
  2. ^ Attualmente la città, non essendo più sede di un vescovo, rientra nell'elenco delle sedi titolari della chiesa cattolica.
  3. ^ Luciano Canfora, Il vero Adriano, oltre la Yourcenar, in Corriere della Sera, 3 ottobre 2008. URL consultato il 24 settembre 2020.
  4. ^ Michele Coppola, Problematiche conservative del patrimonio archeologico in Egitto. Casi studio nell’area di Antinoe (PDF), in Restauro Archeologico, vol. 22, n. 1, Firenze University Press, 2014, DOI:10.13128/RA-17951, OCLC 8349059147 (archiviato il 16 febbraio 2020). Ospitato su archive.is.
  5. ^ Antinoupolis - Missione Archeologica dell'Istituto Papirologico «G. Vitelli» dell'Università di Firenze, su www.antinoupolis.it. URL consultato l'11 dicembre 2023.
  6. ^ (FR) Albert Gayet, L'Exploration des ruines d'Antinoë et la découverte d'un temple de Ramsès II enclos dan l'enceinte de la ville d'Hadrien, 1897.
  7. ^ (EN) John Gardner Wilkinson, Topography of Thebes, and General View of Egypt, 1835, p. 382.
  8. ^ (EN) Antinoeia, su A Dictionary of Greek and Roman Antiquities. URL consultato il 24 settembre 2020.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Claudio Tolomeo iv. 5. § 61; Pausania il Periegeta viii. 9; Cassio Dione lxix. 11; Ammiano Marcellino xix. 12, xxii. 16; Aur. Vict. Caesar, 14; Spartian. Hadrian. 14; Chron. Pasch. p. 254, Paris edit; Itinerario antonino p. 167; Synecdemus p. 730; Ἀντινόεια, Stefano di Bisanzio s. v., also Adrianopolis, Steph. B. Ἁδριανούπολις).
  • (EN) Henri Leclercq, Antinoe, in Catholic Encyclopedia, vol. 1, New York, Encyclopedia Press, 1913. [1]
  • (EN) Simon Corcoran, Two tales, two cities: Antinoopolis and Nottingham, in John Drinkwater e Benet Salway (a cura di), Wolf Liebeschuetz reflected: Essays presented by Colleagues, Friends, and Pupils, Londra, Institute of Classical Studies, 2007, pp. 193–209, ISBN 978-1-905670-04-8.
  • (EN) William Smith (a cura di), Dictionary of Greek and Roman Geography, 1890.
  • Sergio Donadoni, Adriana Spallanzani Zimmermann e Luisa Bongrani Fanfoni, Antinoe (1965–1968). Missione archeologica in Egitto dell'Università di Roma, Roma, Istituto di Studi del Vicino Oriente, 1974, SBN IT\ICCU\SBL\0571855.
  • (EN) Samy Shenouda, Antinoöpolis (Sheik-'Ibada) Egypt, in Richard Stillwell (a cura di), The Princeton Encyclopedia of Classical Sites, Princeton (New Jersey), Princeton University Press, 1976, ISBN 0-691-03542-3.
  • (EN) D. L. Thompson, The lost city of Antinoos, in Archaeology, vol. 34, n. 1, 1981, pp. 44-50.
  • Ezio Mitchell, Osservazioni topografiche preliminari sull'impianto urbanistico di Antinoe, in Vicino Oriente, vol. 5, 1982, pp. 171-179.
  • Giovanni Uggeri, I monumenti paleocristiani di Antinoe, in Atti del V Congresso nazionale di archeologia cristiana (Torino, 22–29 settembre 1979), Roma, 1982, pp. 657-688.
  • Ida Baldassarre e Irene Bragantini, Antinoe, necropoli meridionale (saggi 1978), vol. 69, 1983, pp. 157-166.
  • Ida Baldassarre, Alcune riflessioni sull'urbanistica di Antinoe (Egitto), in Annali. Sezione di archeologia e storia antica. Istituto universitario orientale di Napoli. Dipartimento di studi del mondo classico e del Mediterraneo antico, vol. 10, Napoli, Istituto Universitario Orientale, 1988, pp. 275-284.
  • (DE) Michael Zahrnt, Antinoopolis in Ägypten: Die hadrianische Gründung und ihre Privilegien in der neueren Forschung, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, II, 10, 1, Berlino, 1988, pp. 669-706.
  • (DE) Alfred Grimm, Dieter Kessler e Hugo Meyer, Der Obelisk des Antinoos. Eine kommentierte Edition, Monaco di Baviera, Wilhelm Fink, 1994. URL consultato il 19 giugno 2015.
  • Loretta Del Francia Barocas (a cura di), Antinoe cent'anni dopo (Firenze, 10 luglio – 1º novembre 1998; gemellaggio europeo), Parigi-Firenze, Louvre-Istituto Papirologico "Girolamo Vitelli", 1998, SBN IT\ICCU\CFI\0390277.
  • (EN) Donald M. Bailey, A ghost palaestra at Antinoopolis, in The Journal of Egyptian Archaeology, vol. 85, 1999, pp. 235-239.
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  • Peter Grossmann, Zur Rekonstruktion der Südkirche von Antinoopolis, in Vicino Oriente, vol. 12, 2000, pp. 69-281.
  • (FR) Chantale Bauduin, Les oracles populaires du Fayoum, d'Oxyrhynchus et d'Antinoupolis d'apres les papyrus grecs, a cura di Georges Nachtergael, Bruxelles, 1982, SBN IT\ICCU\MIL\0564554.
  • (DE) Bernhard von Kübler, Antinoupolis: aus dem alten Städteleben, Lipsia, Deichert, 1914, SBN IT\ICCU\PAV\0081768.
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  • Angelo Pericoli, Carta di Antinoupolis (1:4000), Firenze, Istituto Papirologico "Girolamo Vitelli", 1999, SBN IT\ICCU\UBO\3559392.
  • Silvia Pasi, Gli affreschi della necropoli meridionale di Antinoe, in Ricerche di egittologia e di antichità copte, vol. 6, 2004, pp. 107-130.
  • Rosario Pintaudi (a cura di), Antinoupolis, Firenze, SBN IT\ICCU\UBO\3492687.
  • Daniele Castrizo, Le monete della Necropoli Nord di Antinopoulis (1937-2007), Firenze, 2010, ISBN 978-88-87829-44-0.

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