Panfascismo

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Il panfascismo era un'ideologia fascista basata sul binomio latinità-cristianesimo ed elaborata nell'omonimo libro di Asvero Gravelli, edito da La Nuova Europa nel 1935.[1][2]

Il panfascismo mirava all'affermazione del fascismo quale ideologia universale in diretta concorrenza con il nazionalsocialismo di stampo hitleriano, che veniva definito dallo stesso Gravelli "anticristiano e antioccidentale".[3][4] Secondo Anton Hilckman, collaboratore di Gravelli, il pensiero nazista era legato ai miti nordici e germanici, facendo "rivivere i sinistri misticismi dell'antico wotanismo", oltre che al paganesimo e al protestantesimo.[1]

Lo scopo di Gravelli era quello di realizzare una collaborazione tra tutti i partiti fascisti europei, che si sarebbe dovuta opporre al pensiero democratico di pensatori quali Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi, ideatore dell'Unione Paneuropea;[5] l'organizzazione tra i vari paesi europei avrebbe dovuto avere come modelli l'Impero romano, capace di attuare un'unità politica in Europa, e il Cristianesimo, sotto il quale ci fu invece "un'unità religiosa e spirituale".[1] Premesse di questo progetto furono, ad esempio, i Comitati d'Azione per l'Universalità di Roma (Caur), nati nel 1934, che dovevano mostrare e affermare la superiorità del fascismo nei confronti delle dottrine avversarie, liberalcapitalismo e marxismo, in modo da aggregare i movimenti e gli intellettuali fascisti europei attorno al fascismo italiano, al mito della latinità e alla figura del Duce.[1][5] Nello stesso anno nacquero Antieuropa e Ottobre, due delle maggiori riviste di propaganda panfascista. I Caur e Antieuropa furono i "due principali strumenti della costruzione del fascismo universale"; tuttavia, il progetto, che godeva anche dei favori di Benito Mussolini,[5] non ebbe un largo consenso e fallì pochi anni dopo.[6]

L'aggettivo "panfascista" è entrato successivamente nel linguaggio comune a indicare genericamente "chi introduce il fascismo dappertutto: togliere dai testi scolastici quell'aria panfascista di cui il passato regime li aveva riempiti".[7]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Santarelli, 1967, p. 174.
  2. ^ Asvero Gravelli, su treccani.it. URL consultato il 12 febbraio 2012.
  3. ^ Gravelli, 1935, pp. 9, 117.
  4. ^ Stefano Santoro, L'Italia e l'Europa orientale, Milano, Franco Angeli, 2005, pp. 173-4, ISBN 88-464-6473-7.
  5. ^ a b c Lorenzo Medici, Dalla propaganda alla cooperazione: la diplomazia culturale italiana nel secondo dopoguerra (1944-1950), Wolters Kluwer Italia, 2009, p. 12, ISBN 88-13-27210-3.
  6. ^ Istituto storico italo-germanico, Annali dell'Istituto storico italo-germanico in Trento, vol. 27, Mulino, 2002, p. 161, ISBN 88-15-08978-0.
  7. ^ Bruno Migliorini, Appendice, a Alfredo Panzini, Dizionario moderno, IX ed., Milano, Hoepli, 1950, p. 912, ISBN non esistente.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Asvero Gravelli, Panfascismo, Nuova Europa, 1935, ISBN non esistente.
  • Enzo Santarelli, Storia del movimento e del regime fascista, vol. 2, Roma, Editori riuniti, 1967, ISBN non esistente.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]