Omicidio di Nadia Roccia

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Omicidio di Nadia Roccia
omicidio
Tipostrangolamento
Data14 marzo 1998
LuogoCastelluccio dei Sauri
StatoBandiera dell'Italia Italia
ObiettivoNadia Roccia
Responsabili
  • Anna Maria Botticelli
  • Maria Filomena "Mariena" Sica
Conseguenze
Morti1

L'omicidio di Nadia Roccia venne commesso a Castelluccio dei Sauri (FG) il 14 marzo 1998; la vittima fu una diciottenne studentessa al quinto anno delle superiori dell'Istituto magistrale "Poerio" di Foggia, uccisa da due sue amiche coetanee, Anna Maria Botticelli e Maria Filomena Sica, detta "Mariena"[1][2].

Contesto[modifica | modifica wikitesto]

Le coetanee Nadia Roccia, Anna Maria Botticelli e Maria Filomena Sica si conoscevano fin dall'infanzia e avevano un buon rapporto di amicizia. Durante l'adolescenza, Botticelli e Sica cominciarono a maturare sentimenti ostili nei confronti di Roccia. Una delle motivazioni potrebbe derivare da una promessa mancata di Nadia, la quale aveva affermato di avere uno zio negli Stati Uniti che avrebbe potuto aiutarle a stabilirsi dopo il diploma, salvo poi ritrattare quanto aveva detto, prendendole in giro.[3]

Botticelli e Sica avevano deciso di uccidere Roccia mesi prima dell'omicidio: in un'occasione tentarono di farle bere della Coca Cola avvelenata con topicida, ma la ragazza rifiutò l'offerta. Le raccontarono poi di essersi indebitate con delle persone pericolose, suggerendo di prostituirsi per ripagare i debiti, affermando che altrimenti avrebbero potuto prendere in considerazione di suicidarsi. Sica ritrattò subito la storia affermando di stare scherzando quando Roccia, preoccupata, suggerì di parlarne con i propri genitori.[4]

Le ragazze iniziarono a premeditare un piano studiato per eliminare Roccia: Botticelli sparse la voce che Nadia nutrisse una sgradita attrazione sessuale nei suoi confronti, dopodiché fece firmare alla ragazza un foglio con la scusa di voler far esaminare la sua calligrafia a un amico grafologo.[4]

L'omicidio[modifica | modifica wikitesto]

Il pomeriggio del 14 marzo 1998, Botticelli e Sica invitarono Nadia nel garage della famiglia Botticelli in via Roma 63, allestito appositamente per studiare insieme. Roccia arrivò alle 17:00 e, alle 18:45, secondo un segnale convenuto, Sica aggredì Nadia stringendole la sua sciarpa intorno alla gola, mentre Anna Maria l'aiutò cercando di bloccare la vittima, incitandola quando Sica espresse la preoccupazione di non riuscire a farcela. L'uccisione richiese più tempo del previsto; al termine dell'atto, Botticelli controllò che Roccia fosse morta mettendole uno specchietto davanti al naso, per verificare se respirasse. Dopodiché, allestirono il cadavere legandogli una corda al collo per simulare un'impiccagione: sul tavolo lasciarono una lettera precedentemente battuta con una macchina da scrivere, sullo stesso foglio firmato da Nadia.[5] Nel documento falso, Roccia confessa di essere omosessuale e innamorata di Botticelli, ragione del suo suicidio.[4]

Successivamente, le due assassine si diressero a casa della famiglia Roccia e raccontarono alla madre di Nadia che la figlia aveva accusato un malore e le aveva mandate a comprare delle patatine, ma al ritorno avrebbero trovato la porta del garage chiusa, senza che Nadia rispondesse alle loro chiamate. La famiglia Roccia seguì le ragazze fino all'abitazione dei Botticelli, dove forzarono la porta e scoprirono il cadavere.[4]

Le indagini[modifica | modifica wikitesto]

La presunta lettera d'addio lasciata dalla vittima destò subito dei sospetti da parte dei magistrati, non essendo stata scritta interamente a mano e in quanto terminava con la raccomandazione che i risparmi della defunta venissero ereditati dalle amiche, per permettere loro di realizzare il desiderio di partire per l'America dopo il diploma. Altri sospetti derivarono dal tono del biglietto, considerato troppo "leggero" per un intento suicidiario, e per il fatto che il corpo e la corda del cappio erano a terra, senza alcun appiglio che Roccia potesse usare per impiccarsi. L'autopsia confermò che Nadia era stata strangolata; Botticelli e Sica vennero interrogate e le loro stanze perquisite, rinvenendo materiale satanista. I carabinieri piazzarono nelle camere delle microspie, attraverso le quali intercettarono i discorsi delle due ragazze, che si accordavano per sviare le indagini. Al secondo interrogatorio, le ragazze vennero spinte a confessare e accettarono di ricostruire l'omicidio sulla scena del crimine per un incidente probatorio; durante la spiegazione mantengono un atteggiamento freddo e distaccato, senza mostrare alcun rimorso. [4]

Cercando di comprendere la motivazione che poteva aver spinto le due ragazze a commettere l'omicidio, venne presa in considerazione la possibilità che Roccia fosse stata vittima di un rituale satanico, data la grande quantità di oggetti esoterici rinvenuti nelle abitazioni e per i discorsi intercettati nei quali una delle ragazze menzionava Lucifero in chiave sessuale. Successivamente, Botticelli sostenne davanti agli inquirenti che sarebbe stato il defunto padre di Sica, apparsole in sogno, a chiederle di uccidere Nadia come "sacrificio" per ottenere un futuro roseo. Botticelli riferì anche che il padre di Sica, in un primo momento, le avrebbe chiesto di uccidere sua figlia Maria per ricongiungersi con lei. Anna Maria avrebbe fatto strangolare Nadia Roccia da Maria Filomena Sica perché sarebbe stato lo "spirito" a chiederglielo, ma avrebbe partecipato attivamente al delitto percuotendo la vittima con violenza.[4]

I magistrati ordinarono una perizia psichiatrica sulle due ragazze, la quale ne decretò la piena capacità d'intendere e di volere. Al processo d'appello, il pubblico ministero Antonino Mirabile ipotizzò che tra le due assassine esistesse un legame omosessuale "ostacolato" da Nadia. La questione non fu approfondita.[4]

Il processo[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1998 Mariena ricevette una lettera anonima con una minaccia di morte qualora avesse rivelato tutti i particolari del delitto: il PM Diella modificò il capo di accusa da omicidio a omicidio con concorso di ignoti. Le ulteriori indagini in merito però non portarono all'identificazione di altri colpevoli; si teorizza che la lettera fosse stata scritta da un mitomane. L'8 febbraio 1999, Sica e Botticelli vennero condannate in primo grado all'ergastolo.

La difesa ricorse in appello a un'ulteriore perizia psichiatrica, nella quale venne diagnosticato un disturbo dissociativo dalla realtà ad entrambe le ragazze, le quali, pertanto, non sarebbero state pienamente consapevoli dell'omicidio commesso. Al quadro clinico si aggiunse l'attenuante data dalla confessione delle due in fase istruttoria. Il 22 maggio 2001, al processo d'appello, le due ragazze vennero condannate a 25 anni di reclusione. Due mesi dopo, la Cassazione annullò le condanne senza rinvio. Il 10 febbraio 2003, la pena delle due ragazze venne ridotta a 21 anni, grazie al patteggiamento. Sica, uscita brevemente dal carcere dopo la decorrenza dei termini della custodia cautelare, venne incarcerata nuovamente quando la sentenza divenne definitiva, venendo rilasciata nel 2013 per buona condotta. Pochi mesi dopo la condanna, invece, Anna Maria Botticelli venne scarcerata a causa dell'aggravarsi della sclerosi multipla di cui soffriva fin da bambina.

Attualmente le due vivono sotto nuova identità in Toscana e nel Veneto[6].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Domenico Castellaneta, Uccisa dalle amiche del cuore, in la Repubblica, 17 marzo 1998. URL consultato il 2 maggio 2013.
  2. ^ Trent’anni di crimine: l’omicidio di Nadia Roccia, in lastampa.it. URL consultato il 3 dicembre 2018.
  3. ^ Angela Leucci, "Lucifero negli slip". Nadia, strangolata a 18 anni dalle "amiche", su ilGiornale.it, 8 settembre 2021.
  4. ^ a b c d e f g Sauro Pennacchioli, LE ASSASSINE DI NADIA ROCCIA: SATANISTE O AMANTI?, su Giornale Pop, 31 maggio 2020.
  5. ^ Deborah Bottino, L'omicidio di Nadia Roccia, su criminologiaicis.it, 3 gennaio 2020. URL consultato il 12 maggio 2020 (archiviato il 23 aprile 2020).
  6. ^ Davide Grittani, Uccisero l'amica del cuore a Castelluccio dei Sauri primo Natale da libere, su lagazzettadelmezzogiorno.it, 22 dicembre 2013. URL consultato il 26 novembre 2021 (archiviato dall'url originale il 7 agosto 2016).