Moti di Lunigiana

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Moti di Lunigiana
Data13 gennaio - 16 gennaio 1894
LuogoCarrara
Causarepressione dei Fasci siciliani
Perdite
10 morti civili
Voci di rivolte presenti su Wikipedia

I moti di Lunigiana furono un'agitazione di carattere insurrezionale iniziata il 13 gennaio 1894 a Carrara come sciopero di protesta contro la proclamazione dello stato d'assedio in Sicilia e in solidarietà con gli esponenti dei Fasci siciliani arrestati per ordine del governo presieduto da Francesco Crispi. L'agitazione venne duramente repressa con la proclamazione dello stato d'assedio in tutta la Lunigiana.

Premesse[modifica | modifica wikitesto]

Nel corso del 1893, a causa della grave crisi economica, in tutta la Sicilia si erano andate sviluppando associazioni di operai e contadini, note come Fasci siciliani che avevano raggiunto i 300-350.000 associati verso la fine dell'anno.
Durante il governo di Giovanni Giolitti (1892-1893) il movimento di protesta era stato tollerato ma il ritorno al potere di Francesco Crispi nel dicembre 1893 segnò una drastica inversione di tendenza.
Il 13 gennaio 1894 il governo proclamò lo stato d'assedio in tutta la Sicilia procedendo a una durissima repressione[1].

I Moti[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso 13 gennaio a Carrara, dove forte era l'influenza degli anarchici, venne proclamato uno sciopero generale per protestare contro la proclamazione dello stato d'assedio e per esprimere solidarietà agli arrestati.

Lo sciopero assunse rapidamente toni insurrezionali: vennero erette barricate e interrotte le linee telegrafiche e si registrarono diversi scontri tra i dimostranti e la polizia. Ad Avenza il 13 rimasero uccisi un carabiniere e un dimostrante, il 15 si ebbe un secondo scontro con la cavalleria che provocò un morto tra gli insorti. Lo scontro più grave fu il 16, quando una colonna di 400 dimostranti si scontrò con un reparto militare davanti alla caserma Dogali di Carrara: otto dimostranti uccisi e molti feriti[2].
Il 16 gennaio Crispi presentò al re il decreto per proclamare lo stato d'assedio in Lunigiana con una relazione che, tra l'altro, diceva:

«gli anarchici di Massa e Carrara, raccoltisi in bande armate, scorrazzano per quelle contrade a fini criminosi, rompendo i fili telegrafici,ostruendo le strade, attaccando insidiosamente la forza pubblica […] il moto non è politico, ma ha tendenze antisociali, propositi accennanti alla dissoluzione nazionale, a danno della proprietà, a distruzione della famiglia.»

Venne nominato come commissario straordinario per la Lunigiana il maggiore generale Nicola Heusch che ristabilì l'ordine con estrema durezza, procedette all'arresto per sedizione di circa 300 persone (209 ritenuti anarchici) che vennero deferiti ai tribunali militari[4].

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

Principale responsabile del moto venne ritenuto l'anarchico Luigi Molinari che, nei mesi precedenti, aveva tenuto alcune conferenze a Carrara. Molinari venne condannato a 23 anni di reclusione e tre anni di segregazione cellulare. L'enormità della sentenza (Molinari non si trovava in Lunigiana durante i moti) provocò forte disagio anche nell'opinione pubblica moderata. L'on. Matteo Imbriani presentò un'interpellanza in Parlamento e Il Giornale di Brescia, ispirato dall'on. Zanardelli espresse profondo disagio. I tribunali militari distribuirono centinaia di anni di carcere ai presunti responsabili[5].

Nel corso del 1894, dopo il fallito attentato dell'anarchico Paolo Lega ai suoi danni, Crispi varò una serie di dure leggi repressive (note come leggi anti-anarchiche) che portarono allo scioglimento di tutte le organizzazioni anarchiche e socialiste, incluso lo stesso Partito Socialista Italiano[6]. Solo dopo la caduta di Crispi nel 1896 venne varata una amnistia che attenuò le sentenze dei tribunali militari[7].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Boldetti.
  2. ^ Masini, 1981, pp. 25-26.
  3. ^ Masini, 1981, p. 26.
  4. ^ Masini, 1981, p. 26 ; Cordova.
  5. ^ Masini, 1981, pp. 27-30 ; Cordova.
  6. ^ Diemoz.
  7. ^ Seton-Watson, pp. 215-216.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Pier Carlo Masini, Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati, Milano, Rizzoli, 1981.
  • Giampietro Berti, Errico Malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale (1872-1932), Milano, FrancoAngeli, 2003.
  • Christopher Seton-Watson, L'Italia dal liberalismo al fascismo 1870-1925, Bari, Laterza, 1976.
  • Ferdinando Cordova, Stato d'assedio e tribunali militari nell'Italia di fine Ottocento, in Rosaria Bertolucci (a cura di), L'Italia Umbertina. Atti del convegno, Carrara, 10 giugno 1985, Carrara, Comitato pro Bresci, 1986.
  • Ambra Boldetti, La repressione in Italia: il caso del 1894, in Rivista di storia contemporanea, n. 4, ottobre 1977.
  • Erika Diemoz, L'estate di terrore del 1894. L'attentato contro Crispi e le leggi anti-anarchiche, in Contemporanea, ottobre 2010, pp. 633-648.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]