Luigi Spallacci

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Luigi Spallacci
NascitaTripoli, 26 novembre 1918
MorteCielo dell'Albania, 11 marzo 1941
Cause della mortecaduto in combattimento
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegia Aeronautica
SpecialitàCaccia
Reparto355ª Squadriglia, 24º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre
Anni di servizio1939-1941
Gradosergente pilota
GuerreSeconda guerra mondiale
CampagneCampagna italiana di Grecia
BattaglieBattaglia delle Alpi Occidentali
Decorazionivedi qui
dati tratti da Testi delle motivazioni di concessione delle Medaglie d'Oro al Valor Militare[1]
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Luigi Spallacci (Tripoli, 26 novembre 1918Cielo dell'Albania, 11 marzo 1941) è stato un militare e aviatore italiano, decorato con una Medaglia d'oro al valor militare alla memoria durante il corso della seconda guerra mondiale.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Tripoli il 26 novembre 1918, figlio di un italiano e una siriana.[2] Visse a lungo all'estero, e nel giugno 1939 si arruolò volontario nella Regia Aeronautica frequentando il Corso allievi sergenti piloti presso la Scuola di Foligno e poi la Scuola di pilotaggio di Castiglione del Lago.[2] Trasferito al 52º Stormo Caccia Terrestre di stanza sull'aeroporto di Ciampino sud fu nominato sergente pilota il 9 aprile 1940. All'atto dell'entrata in guerra del Regno d'Italia, il 10 giugno dello stesso anno, partecipò ai combattimenti fronte occidentale assegnato alla 355ª Squadriglia, 24º Gruppo, equipaggiata con i caccia Fiat G.50 Freccia.[2] Divenuto nel frattempo autonomo il 24 ottobre il 24º Gruppo partì per combattere sul fronte greco-albanese.[2] Cadde in combattimento con i Gloster Gladiator del No. 112 Squadron RAF sul cielo dell'Albania l'11 marzo 1941.[1] Per il coraggio dimostrato in questo frangente venne decorato con la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.[3]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Audacissimo pilota da caccia, sempre primo nelle imprese più arrischiate, in cinque mesi di operazioni partecipava a difficili scorte e crociere ed a un arditissimo mitragliamento di truppe e postazioni nemiche, mentre infuriava asperrima la battaglia. In due combattimenti contro forze avversarie contribuiva allo abbattimento di un bombardiere e di due caccia. In un terzo aspro combattimento contro soverchianti forze da caccia, abbatteva un avversario e nel generoso tentativo di disimpegnare il proprio comandante attaccato da numerosi avversari, veniva fulminato da una raffica nemica al suo posto di combattimento e di gloria. Cielo di Albania, novembre 1940 - 11 marzo 1941 .[3]»
— Regio Decreto 24 ottobre 1941.[4]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]


Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare 1969, p. 267.
  2. ^ a b c d Combattenti Liberazione.
  3. ^ a b Quirinale, sito istituzionale, voce Onorificenze, dettagli decorato
  4. ^ Bollettino Ufficiale 1941, disp.45, pag.2071 e disp.52, pag.2562.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Emilio Brotzu, Michele Caso e Gherardo Cosolo (a cura di), Dimensione Cielo, Aerei Italiani nella 2ª Guerra Mondiale Vol.4, Bombardieri-Ricognitori, Roma, Edizioni Bizzarri, luglio 1972.
  • (EN) Chris Dunning, Combat Units of the Regia Aeronautica. Italia Air Force 1940-1943, Oxford, Oxford University Press, 1988, ISBN 1-871187-01-X.
  • I Reparti dell'Aeronautica Militare Italiana, Roma, Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare, 1977.
  • Giulio Lazzati, Stormi d'Italia - Storia dell'aviazione militare italiana, Milano, Ugo Mursia Editore, 1975, ISBN 978-88-425-4079-3.
  • Gianni Rocca, I disperati - La tragedia dell'aeronautica italiana nella seconda guerra mondiale, Milano, A. Mondadori, 1993, ISBN 88-04-44940-3.
  • Franco Pagliano, Aviatori italiani: 1940-1945, Milano, Ugo Mursia Editore, 2004, ISBN 88-425-3237-1.
  • Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare, Testi delle motivazioni di concessione delle Medaglie d'Oro al Valor Militare, Roma, Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare, 1969.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]