La nostra patria Europa

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Alcide De Gasperi negli ultimi anni di vita

La nostra patria Europa è il titolo del discorso pronunciato a Parigi il 21 aprile 1954 da Alcide De Gasperi in occasione della Conferenza Parlamentare Europea, da lui presieduta, di fronte a 300 deputati dei paesi del Consiglio d'Europa, della Svizzera e dell'Austria[1].

Presupposti[modifica | modifica wikitesto]

Quando De Gasperi pronuncia questo discorso, erano già sorti i primi organismi sovranazionali europei: l’OECE (1948), il Consiglio d'Europa (1949) e la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (1951). Nei parlamenti nazionali era in corso il dibattito per l’approvazione della CED-Comunità europea di Difesa che, nonostante l’impegno di De Gasperi, non andrà a buon fine. Il 25 marzo 1957, quasi tre anni dopo la morte di De Gasperi, saranno sottoscritti i Trattati di Roma che istituirono la Comunità economica europea, poi Unione europea (1992).

Contenuti[modifica | modifica wikitesto]

Alcide De Gasperi in un comizio

Il 21 aprile 1954, a Parigi, De Gasperi prende la parola quale terzo oratore, dopo il Presidente del Consiglio e il presidente dell'Assemblea nazionale francese quali ospitanti della Conferenza Parlamentare Europea[2]. Premette di non trovarsi di fronte a un organismo titolato a prendere decisioni politiche ma a un foro nel quale possono soltanto confrontarsi pareri differenti. È qui che utilizza la locuzione "La nostra patria Europa", che dà il titolo al discorso, per indicare il fine delle tematiche da affrontare.

Ricorda che otto anni prima si era presentato nella stessa sala di fronte alle nazioni vincitrici della Seconda Guerra Mondiale per esporre il parere dell'Italia sulla bozza di Trattato di Pace. Manifesta la sua soddisfazione per la numerosa platea dei presenti, in confronto alla quale paragona a una "Piccola Europa" l'ultima riunione del Movimento Europeo dell’ottobre 1953 a L'Aia, alla quale era presente. Chiede peraltro che non si discuta della Comunità europea di difesa, essendo l’argomento sottoposto alle decisioni dei Parlamenti nazionali dei singoli Stati sovrani.

«Certo, le alleanze difensive e soprattutto gli armamenti che ne sono la conseguenza, costituiscono una dura necessità preliminare … Ma, appena saranno state prese le precauzioni necessarie al mantenimento della pace, bisogna riconoscere che la vera e solida garanzia della nostra unione consiste in una idea architettonica che sappia dominare dalla base alla cima, armonizzando le tendenze in una prospettiva di comunanza di vita pacifica ed evolutiva.[3]»

De Gasperi passa ad esaminare le ideologie dominanti da prendere in considerazione per garantire solidità all'unione europea: il liberalismo, il socialismo e il cristianesimo. Afferma di non ritenere che una sola di tali correnti possa essere posta alla base dell'evoluzione culturale, sociale e politica della futura civiltà europea.

Per quanto riguarda il liberalismo:

«Mi pare che questa idea dominante non possa essere rappresentata dal solo concetto liberale sull'organizzazione e l'uso del potere politico. Questo concetto tuttavia, il quale presuppone le libertà essenziali alla base della vita pubblica, costituisce un elemento indispensabile all'elaborazione di quelle linee architettoniche fondamentali per l'edificio che stiamo per costruire.[3]»

Il monumento Omaggio ai padri fondatori dell'Europa dell'artista russo Zurab Tsereteli davanti alla casa di Robert Schuman a Scy-Chazelles

Passa poi ad esaminare il socialismo.

«Né potrebbe bastare a questa costruzione la sola idea della solidarietà della classe operaia. Eppure questa solidarietà, superando col suo impulso internazionalista le frontiere degli Stati, potrebbe sembrare la meglio qualificata per frenare e reprimere gli eccessi dei nazionalismi, favorendo lo slargamento del mercato del lavoro e delle merci … Proprio dall'umanesimo che si trova all'origine del movimento socialista può essere portato alla formazione dell'unità morale dell'Europa. Se la solidarietà della classe operaia non è sufficiente a costituire da sola la base di quell'unità, la solidarietà di altri interessi industriali e agricoli lo sarebbe ancor meno. Certo, per l'unità europea lo slargamento del mercato comune è un argomento che offre la sua importanza, ma la libera concorrenza che ne sarebbe la conseguenza presenta anch'essa degli aspetti negativi che possono esser ridotti soltanto dalla forza di un sentimento o di un'idea capace di stimolare la coscienza e la volontà. Questo sentimento, quest'idea, appartengono al patrimonio culturale e spirituale della civiltà comune.[3]»

Infine, il cristianesimo.

«Se con Toynbee io affermo che all'origine di questa civiltà europea si trova il cristianesimo, non intendo con ciò introdurre alcun criterio confessionale esclusivo nell'apprezzamento della nostra storia. Soltanto voglio parlare del retaggio europeo comune, di quella morale unitaria che esalta la figura e la responsabilità della persona umana col suo fermento di fraternità evangelica, col suo culto del diritto ereditato degli antichi, col suo culto della bellezza affinatosi attraverso i secoli, con la sua volontà di verità e di giustizia acuita da un'esperienza millenaria.[3]»

Concludendo:

«Dunque, nessuna delle tendenze [liberalismo, socialismo, cristianesimo] che prevalgono nell’una o l’altra zona della nostra civiltà può pretendere di trasformarsi da sola in idea dominante ed unica dell'architettura e della vitalità della nuova Europa, ma queste tre tendenze opposte debbono insieme contribuire a creare questa idea e ad alimentare il libero e progressivo sviluppo.[3]»

Chiede quindi all’assemblea:

«Di trovare i princìpi di una sintesi politica, sociale, economica e morale in base alla quale gli Stati sovrani possano decidere di edificare la casa comune.[3]»

È appena il caso di sottolineare che i tre partiti liberale, socialdemocratico e popolare (democratico cristiano) europei hanno costituito le tre correnti politiche principali presenti nel Parlamento Europeo, sin dalla sua istituzione (1979).

Reazioni e conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia di Alcide De Gasperi nel 1951

De Gasperi non sopravvivrà più di quattro mesi al suo discorso, venendo meno a Borgo Valsugana il 19 agosto 1954. Non riuscirà perciò a vedere compiuto l'edificio della "casa comune europea" che aveva auspicato.

Tale concetto sarà però ripreso 35 anni dopo dall'ultimo Presidente dell'Unione Sovietica Michail Gorbačëv; questi scelse non a caso l'Assemblea del Consiglio d'Europa per dichiarare chiusa, il 6 luglio 1989, l'era della Guerra Fredda, richiamandosi appunto al concetto di "casa comune europea".

Non ebbe però il tempo necessario per entrare in Europa perché, nel 1991, l'Unione Sovietica si dissolse nei 17 Stati che la componevano. Anni più tardi, però, tre di essi (Lituania, Lettonia ed Estonia) furono ammessi nell’Unione europea, così come i paesi satelliti dell'Unione Sovietica, già facenti parte del Patto di Varsavia.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giorgio Sansa, De Gasperi presiederà oggi la conferenza parlamentare europea, in: Corriere della Sera, 21 aprile 1954
  2. ^ L.C., Il discorso di De Gasperi nella seduta inaugurale, in: Corriere d’Informazione, 21-22 aprile 1954
  3. ^ a b c d e f Alcide De Gasperi, La nostra Patria Europa, The Editor, 2 aprile 2015

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Alcide De Gasperi/Giovanni Allara/Angelo Gatti, Alcide De Gasperi e la politica internazionale, Edizioni Cinque Lune, Roma, 1990
  • Maria Romana Catti De Gasperi, La nostra patria Europa. Il pensiero europeistico di Alcide De Gasperi, Mondadori, Milano, 1969
  • Michail Gorbačëv, La "casa comune europea", Mondadori, Milano, 1989.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]