Hashimiyya

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

La Hāshimiyya (in arabo ﻫﺎﺷﻤﻴـة?) fu un movimento clandestino islamico che, nel VII e VIII secolo, si batté per affermare i pretesi diritti dell'Ahl al-Bayt al califfato, da essa ritenuto usurpato dagli Omayyadi.

Il nome derivava dal bisnonno di Maometto, Hāshim. Riferendosi ad esso si dava modo di indicare tutti i diretti suoi discendenti, a esclusione quindi degli Omayyadi, che appartenevano al clan coreiscita di Mecca dei B. ʿAbd Shams.

Il movimento fu un importante strumento per la rivendicazione abbaside di ascendere legittimamente al califfato. In base a quanto sostenuto, l'abbaside Muhammad ibn ʿAlī ibn al-ʿAbbās, nipote dello zio paterno di Maometto, si sarebbe recato in affettuosa visita al figlio malato di Muḥammad ibn al-Ḥanafiyya, Abū Hāshim,[1] nella sua residenza transgiordanica di al-Ḥumayma.
Lì, poco prima del suo trapasso, Abū Hāshim avrebbe nominato erede dei suoi beni mondani e delle sue pretese successorie proprio Muḥammad ibn ʿAlī ibn al-ʿAbbās, in considerazione del fatto di non avere una propria discendenza diretta.

Questo consentì agli Abbasidi di arrogarsi il diritto al Califfato, fino ad allora giustificato dalla loro parentela con il Profeta per il tramite di uno zio che non era stato di fatto attore di un qualche rilievo nella lotta che i musulmani condussero contro il paganesimo qurayshita, al contrario degli Alidi che potevano vantare ben altri meriti.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ La tradizione alide anti-omayyade sostiene che egli fosse stato avvelenato nel corso di un suo soggiorno nella corte del califfo ʿAbd al-Malik b. Marwān nel 716/7 (98 dell'Egira).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Lemma «Abū Hāshim» (Tamima Bayhom-Daou), su: The Encyclopaedia of Islam, Second edition.
  • (IT) Sabatino Moscati, "Il testamento di Abū Hāšim", in: Rivista degli Studi Orientali, 27 (1952), pp. 28–46.
  • (EN) Julius Wellhausen, The Arab kingdom and its fall, Calcutta, Graham Weir, 1927, pp. 501–506.
  • (AR) (ʿAbd al-ʿAzīz al-Dūrī e ʿAbd al-Jabbār al-Muṭallibī eds.), Akhbār al-dawla al-ʿAbbāsiyya wa-fīhi akhbār al-ʿAbbās wa-wuldihi, Beirut, 1971, pp. 165–167, 173–191.
  • (DE) Tilman Nagel, Untersuchungen zur Entstehung des abbasidischen Kalifates, Bonn, 1972, pp. 13–63.
  • (EN) Moshe Sharon, Black banners from the East. The establishment of the Abbasid State. Incubation of a revolt. Leida, Brill, 1983, pp. 121–144.
  • (EN) (in senso contrario alla narrazione si veda Patricia Crone, "On the meaning of the ʿAbbāsid call to al-riḍā", in: (Clifford Edmund Bosworth et al., eds.), The Islamic world from classical to modern times. Essays in honor of Bernard Lewis, Princeton, 1989, pp. 95–111.
  Portale Islam: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di islam