Giuseppe Ganduscio

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(SCN)

«Guarda chi vita fa lu zappaturi,/ chi notti e iornu suda e 'un avi locu, parti di notti e torna a vint'uri,/ d'invernu all'acqua e d'estati a lu focu.// Po' vidi c'a lu ventu s'affatica,/ lu so travagghiu 'ngrassa li patruna, di tanti gregni 'n ci resta na spica,/ li so picciotti chiancinu diuna.(Giuseppe Ganduscio)»

(IT)

«Guarda che vita fa lo zappatore / che notte e giorno suda e non ha pace, parte di notte e torna all'imbrunire / d'inverno all'acqua e d'estate al fuoco. // Poi vede che invano s'affatica, / il suo lavoro ingrassa i padroni, di tanti covoni non gli resta una spiga, / i suoi bambini piangono digiuni.[1]»

Giuseppe Ganduscio

Giuseppe Ganduscio (Ribera, 6 gennaio 1925Firenze, 7 settembre 1963) è stato un poeta italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Figlio di contadini e a sua volta destinato a diventare agricoltore, riesce ad evitare il duro lavoro dei campi perché la sua costituzione fisica non glielo permette. Tuttavia la precarietà delle sue condizioni di salute lo portano a rischiare la vita fin dalla tenera età: sopravvive solo perché la madre lo porta presso alcuni specialisti a Palermo, ma fu spesso costretto ad interrompere i suoi studi. Frequenta la scuola media presso i Salesiani di Palermo e nel 1946 intraprende la lotta politica e diventa protagonista nell'occupazione delle terre.

Giuseppe Ganduscio è stato un uomo colto, un intellettuale autodidatta che formulò una severa condanna del fascismo, della guerra, della violenza e della ingiustizia sociale. Fu protagonista negli anni 1945-1946 delle occupazioni contadine delle terre, rinunciando a una carriera politica sicura. Nel 1947 si trasferì a Firenze per continuare gli studi e ampliare i suoi orizzonti e gli impegni politici, pur soffrendo a causa della sua grave malattia. Nel 1957 avvia una piccola bottega artigiana, ma per seguire i suoi ideali si trasferisce a Partinico presso la comunità di Danilo Dolci.

L'anno dopo si ritrova a Palermo e nel 1962 ritorna a Firenze per la fondazione della Consulta Italiana per la Pace. Tornato a nel capoluogo siculo, continuò la sua lotta per la pace e il riscatto del Meridione e della sua Sicilia sempre trascurata da vari organi di governo.

«Sapeva parlare con i contadini siciliani, aveva quel meraviglioso, plastico, caldo modo di trovare la forma più semplice e diretta per unirsi alla loro umanità (…) si vedeva nei suoi occhi quel baleno che veniva da un'intelligenza vivissima, accorta, fedele al buon senso, ma pronta a farsi lirica, canto appassionato di gente che soffre e si apre ad una liberazione.[2]»

Con la sua bella voce incide su dischi e diffonde i canti popolari siciliani. Nel 1962 ritornò a Firenze dove entrò a far parte del Comitato dirigente della Consulta Italiana della Pace a cui dedicò gran parte del suo tempo. Nel giugno del 1963 partecipa a Roma alla Marcia della Pace: fu uno dei suoi ultimi anni pubblici prima della prematura scomparsa. Ha scritto decine di poesie in dialetto e in lingua, con tematiche che riguardavano l'oppressione, l'aspirazione al riscatto sociale, alla libertà e soprattutto alla pace.

Canti popolari siciliani[modifica | modifica wikitesto]

Partecipò alla marcia della pace nel 1963 e, prima di morire, ebbe il tempo di mettere ordine nei suoi numerosi appunti e scritti preparati in vista di una prossima pubblicazione. Si dedicò in particolare al recupero di canti popolari siciliani incidendone anche qualcuno personalmente. È conosciuta la sua Ninna nanna contru la guerra, di cui fu pure l'autore.

Discografia[modifica | modifica wikitesto]

Giuseppe Ganduscio partecipò all'incisione dei seguenti dischi:

  • Canzoni dal carcere 2 - Dischi del Sole, DS-47 (Caterina Bueno, Giovanna Marini Salviucci, Giuseppe Ganduscio). Li canzuni 'n sicilianu: A ttcchi, a ttcchi la campana sona, E 'nta la Vicaria.
  • I canti del lavoro 2 - Serie canti politici e sociali - (Giovanna Daffini Carpi, Giuseppe Ganduscio, Sandra Mantovani). Na canzuna è 'n sicilianu: Caltanissetta fa quattru quarteri.
  • I canti del lavoro 3 - Dischi del Sole, DS-29 - Serie Canti politici e sociali - (Giovanna Daffini Carpi, Caterina Bueno, Giuseppe Ganduscio, Grupo Padano di Pidena, Adelaide Bona, Giovanna Marini Salviucci). Na canzuna è 'n sicilianu: C sutta di stu 'nfernu.

Premio Nazionale Giuseppe Ganduscio, una poesia per la pace[modifica | modifica wikitesto]

Ogni anno viene organizzato a Ribera il Premio nazionale di Poesia intitolato al pacifista riberese Giuseppe Ganduscio[3]. Il concorso è diviso in due sezioni: una a tema libero ed un'altra specifica sul tema della pace. Entrambe le sezioni sono a loro volta suddivise in due: in lingua italiana ed in lingua siciliana[4].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ II testo è di Giuseppe Ganduscio che lo ha scritto rifacendosi alle frasi e ai modi di dire tipicamente protestatari dei cittadini (ad esempio: Guarda chi vita fa lu zappaturi; l'amu a cangiari sta sorti mischina), da lui uditi durante te le lotte politiche degli anni 1946-47; egli lo ha poi adattato a un canto di ringraziamento tradizionale dei mietitori, pubblicato nel Favara (AG): Ora ch'avemu mangiatu e avemu vivutu.(cfr. qui Archiviato il 3 giugno 2006 in Internet Archive.)
  2. ^ Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, ed. Carocci, 2008, p.170
  3. ^ Amministrazione Comunale, Biblioteca Comunale, 1996, pag.16.
  4. ^ Premio Nazionale Giuseppe Ganduscio una poesia per la pace, su Concorsi Letterari. URL consultato il 6 marzo 2010.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • AAVV, Nell'anniversario della morte di Giuseppe Ganduscio, testimonianze e documenti, Azione Nonviolenta luglio/settembre 1964
  • Giuseppe Ganduscio, Perché il sud si ribella, Ed.Libri siciliani 1970
  • Carla Marazza, Giuseppe Ganduscio, una vita per la pace, ed.Comune di Ribera 1992
  • Amministrazione Comunale di Ribera - Assessorato Turismo e Pubblica Istruzione, Biblioteca Comunale "Antonio Gramsci", a proposito di Ribera, Progetto Informazione 1995, 1996, ISBN non esistente.

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