Eusebio (praepositus sacri cubiculi)

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Eusebio (latino: Eusebius; ... – 361) è stato un funzionario romano, di alto rilievo, praepositus sacri cubiculi sotto l'imperatore Costanzo II, sul quale esercitò una notevole influenza.

Eusebio

Praepositus sacri cubiculi
Durata mandato337 –
360
MonarcaCostantino I
Costanzo II
Giuliano

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Testa in marmo raffigurante Costanzo II, sotto il quale Eusebio servì per oltre vent'anni (337-361) e sul quale ebbe enorme influenza.

Al servizio di Costanzo II[modifica | modifica wikitesto]

Eusebio era il praepositus sacri cubiculi dell'imperatore Costantino I nel 337, anno della morte dell'imperatore.[1] Nella lotta per il potere che ne conseguì, fu avvicinato dai vescovi ariani Eusebio di Nicomedia e Teognide di Nicea[1] e nascose il testamento dell'imperatore defunto.[2] Passò poi alle dipendenze del figlio e successore di Costantino, Costanzo II,[3] sul quale esercitò un'enorme influenza.[4] Fu Eusebio, con la sua influenza, a far convertire l'imperatrice (e molti altri eunuchi com'egli stesso) all'arianesimo.[5]

Nel 354 fu inviato da Costanzo II a trattare col vescovo Liberio di Roma, col quale l'imperatore era entrato in contrasto, per convincerlo ad accettare il risultato del secondo concilio di Sirmio; il praepositus fu poi presente all'incontro tra l'imperatore e il vescovo.[6] Inviò denaro all'oratore Libanio in esilio e, nel 355, aiutò quei vescovi ariani che complottavano contro Atanasio, vescovo ortodosso di Alessandria d'Egitto.[7]

Cospirazioni di Eusebio[modifica | modifica wikitesto]

Nel 353-354 seguì Costanzo in Gallia. Era a Mediolanum nel 354, quando Costanzo II richiamò a corte il cugino e lo fece processare; Eusebio fu uno dei giudici di Gallo,[8] imprigionato a Pola, che venne poi condannato a morte.[9]

Eusebio si arricchì impossessandosi delle proprietà di coloro che erano messi a morte per essere stati accusati di tradimento. Nel 355, secondo quanto racconta Ammiano Marcellino, Eusebio e il prefetto del pretorio Volusiano Lampadio utilizzarono una spugna per alterare una lettera inviata dal magister militum Claudio Silvano ad alcuni suoi amici a Roma;[10] la lettera corrotta suggeriva che Silvano stesse provando a guadagnarsi supporto in città per un colpo di Stato, e, sebbene gli amici di Silvano riuscissero a respingere le accuse, il magister militum, all'oscuro dell'assoluzione, si ribellò e venne sconfitto. Nel 359 Eusebio fece richiamare il generale romano Ursicino e lo fece sostituire nella carica di magister equitum da Sabiniano: Eusebio e il magister militum Flavio Arbizione suggerirono a Costanzo che Ursicino, il migliore generale a disposizione di Gallo, avesse in realtà incitato Gallo, tramite degli agenti, allo scopo di aumentarne l'impopolarità presso il popolo (il governo di Gallo era stato infatti tirannico e odiato) e far scoppiare una rivolta, che si sarebbe poi conclusa con l'elevazione al trono del figlio di Ursicino; l'acrimonia contro Ursicino era nata quando questi si era rifiutato di donare la propria casa ad Antiochia a Eusebio.[11]

Condanna a morte[modifica | modifica wikitesto]

Nel 360 il cesare d'Occidente Giuliano, cugino di Costanzo e fratellastro di Gallo, venne acclamato augusto dalle truppe. Contro di lui si schierò l'anno successivo Costanzo. Egli si mosse dal fronte orientale, dove era impegnato contro i Sasanidi per affrontare il cugino, ma morì, con Eusebio al suo capezzale.

Giunto a Costantinopoli, Giuliano istituì un tribunale per giudicare i funzionari di Costanzo, in particolare riguardo al loro coinvolgimento nella morte di Gallo: Eusebio venne trovato colpevole di aver complottato contro Gallo e messo a morte (361).[12]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Socrate, ii.2.5-6; Sozomeno, iii.1.4.
  2. ^ Fozio, 256.
  3. ^ Probabilmente succedendo a Bardione (Jones, "Bardio", p. 148).
  4. ^ Libanio, Orazioni, xviii.152, lxii.9; Sozomeno, iii.1.4; Socrate, ii.2.5-6; Zonara, xiii.9; Ammiano Marcellino, xviii.4.3.
  5. ^ Socrate, ii.2.5-6; Sozomeno, iii.1.4. iv.16.22; Zonara, xiii.11.
  6. ^ Atanasio, 35; Teodoreto, ii.16.9.15.
  7. ^ Teodoreto, ii.16.28; Palladio, 63.
  8. ^ Assieme al magister officiorum Pentadio e al tribuno Mallobaude
  9. ^ Ammiano Marcellino, xiv.10.5, 11.2, 11.21; Zonara, xiii.9; Giuliano, 272D; Libanio, Orazioni, xviii.152.
  10. ^ Ammiano Marcellino, Res gestae, 15.5.4.
  11. ^ Ammiano Marcellino, xv.3.2, xvi.8.13, xviii.4.3.
  12. ^ Ammiano Marcellino, xxi.15.4, xxii.3.12; Zonara, xiii.12; Filostorgio, iv.1; Artemii Passio, 21; Socrate, iii.1.46,49; Sozomeno, v.5 8.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie[modifica | modifica wikitesto]

Fonti secondarie[modifica | modifica wikitesto]