Claudia Caterina di Clermont

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Claudia Caterina duchessa di Retz.

Claudia Caterina di Clermont (Parigi, 1543Parigi, 18 febbraio 1603) è stata una nobildonna francese.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Caterina era l'unica figlia di Claudio di Clermont-Tonnerre, barone de Dampierre, e di sua moglie, Jeanne di Vivonne, signora di Vivonne[1].

Matrimoni[modifica | modifica wikitesto]

Primo Matrimonio[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1561 sposò Jean d'Annebaut (?-1562), barone de Retz, signore di Machecoul, di Annebault e di La Hunaudaye, gentiluomo di camera di Carlo IX, e che la lasciò vedova e senza figli all'età di 20 anni, quando fu ucciso nella battaglia di Dreux nel 1562. Caterina acquisì quindi in piena proprietà la baronia di Retz del defunto marito[2].

Secondo Matrimonio[modifica | modifica wikitesto]

Sposò, il 4 settembre 1565, il maresciallo di Francia Alberto di Gondi (1522-1602). Ebbero dieci figli:

Con questa unione, Alberto divenne il nuovo signore di Retz. Fu sotto la sua tutela che la baronia di Retz divenne Ducato nel 1581.

Dama di corte[modifica | modifica wikitesto]

Bella e corteggiata, Caterina fu nominata dama d'onore della regina Caterina de' Medici, di Margherita di Valois ed Elisabetta d'Austria (moglie di Carlo IX), e governante dei figli di Francia. È stata coinvolta negli intrighi di corte e ha persino interferito in diverse occasioni di politica.

Salotto letterario[modifica | modifica wikitesto]

Se il nome di Caterina è sopravvissuto fino ad oggi, non è tanto in quanto duchessa di Retz o per essere stata una dama di corte. Piuttosto, fu per il suo “Dictynne green salon”, un salotto sociale che tenne (dopo il suo secondo matrimonio) a Parigi, di fronte al Louvre, e dove si incontravano le menti più brillanti dell'epoca, soprattutto poeti, musicisti, filosofi e politici. Tutti frequentavano il suo salotto, le dedicavano le loro opere e le rivolgevano i loro versi, in cui la cantavano persino sotto i nomi di Dictynne o Pasithée. Intorno a lei c'era anche un'intera corte di belle e brillanti donne.

Fece copiare e riunire in un manoscritto i versi e le lodi che i suoi numerosi ammiratori le dedicarono[3]: 173 brani scritti per la maggior parte in francese, ma anche in italiano e latino, mescolando tutti i generi, tutti testi anonimi, ad eccezione di 21 identificati e 3 probabilmente attribuiti. Questa raccolta ha valore documentario sulla vita di corte, sulla situazione politica e religiosa dell'epoca, sul sorgere dei salotti sociali e testimonia i gusti poetici dell'epoca, segnati dal neo-petrarchismo.

Acquisì una grande notorietà con le sue conquiste intellettuali, tanto da essere chiamata "decima Musa" e "quarta Grazia".

Nel 1570 aprì un salotto letterario, uno dei primi del suo genere, a palazzo Dampierre presso il Louvre a cui parteciparono numerosi gentiluomini e gentildonne del tempo, fra cui la regina di Navarra, Margherita di Valois ed Enrichetta, duchessa di Nevers. Caterina fu anche un'attiva mecenate, sostenendo la fondazione dell'Accademia di musica e poesia di Baïf nel 1570. Parlava latino, greco, e quasi tutte le lingue straniere. Nel 1573, quando gli ambasciatori di Polonia arrivarono a Parigi per portare al loro nuovo re, Enrico d'Angiò (futuro Enrico III di Francia), la corona del loro regno, Caterina fece da interprete per la regina madre, traducendo in francese i discorsi in latino dei polacchi.

In assenza del marito, durante le lotte fra la Corona francese e le Lega cattolica, Caterina assoldò con proprie spese un esercito e mettendosi al suo comando marciò contro i leghisti che minacciavano le sue terre, costringendoli alla fuga.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Figlia di André de Vivonne, barone di La Châtaigneraie.
  2. ^ Du Paz –Histoire généalogique de plusieurs maisons de Bretagne, 232.
  3. ^ Catherine de Clermont, maréchale de Retz, Album de poésies (Manuscrit français 24255 de la BNF), Colette H. Winn et François Rouget (éd.), Paris, Honoré Champion, collection «Textes de la Renaissance» (série « Éducation des femmes», dirigée par Colette H. Winn), 2004, 288

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Controllo di autoritàVIAF (EN22382895 · ISNI (EN0000 0000 7250 0574 · SBN TO0V577796 · CERL cnp00526252 · LCCN (ENno2001004871 · GND (DE129071528 · BNF (FRcb145573395 (data) · J9U (ENHE987007266918805171 · WorldCat Identities (ENlccn-no2001004871