Castello normanno (Salemi)

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Castello normanno-svevo
Castello di Salemi
Ubicazione
StatoRegno di Sicilia
Stato attualeBandiera dell'Italia Italia
RegioneSicilia
CittàSalemi
IndirizzoPiazza Alicia
Coordinate37°49′04.7″N 12°48′02.35″E / 37.817972°N 12.800652°E37.817972; 12.800652
Mappa di localizzazione: Italia
Castello normanno (Salemi)
Informazioni generali
TipoFortezza medievale, Castello
Inizio costruzione1077
Primo proprietarioRuggero I di Sicilia
Proprietario attualeComune di Salemi
VisitabileSi
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Il Castello normanno, o Normanno-svevo, di Salemi, è un castello costruito sulla sommità della collina dove sorge la città di Salemi, al centro della valle del Belice.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Fatto costruire da Ruggero il normanno intorno al 1077, su preesistenti fortificazioni greco-romano.[1] A quel periodo risale l'iscrizione religiosa I.C.N.C.R.I.[2] Il geografo El Edrisi ne scrive già nel XII secolo.[3]. Fu rimaneggiato da Federico II di Svevia nel XIII secolo.

A partire dall'epoca di Manfredi di Sicilia la castellania di Salemi appartenne alla nobile famiglia Bruno, secondo alcuni storici originaria di Firenze, secondo altri catalana[4].

Dal 1282 fu castellano Pedro de Sanclemente[5], cavaliere catalano capostipite della nobile famiglia Sanclemente, ramo siciliano dei Santcliment di Barcellona[6][7]. Costui partecipò alle guerre del Vespro al fianco di Pietro III d'Aragona e venne ricompensato dal monarca con la castellania salemitana e i due feudi di Gibilichaleph e Gibiluasili[8][9][10][11].

Nel 1300 la Castellana di Salemi venne nuovamente confermata alla famiglia Bruno, nella persona di Giovanni, da parte di Federico III di Sicilia[12]. Pietro, primogenito di Giovani, fu primo signore di Canetici in sua famiglia e ottenne la convalida a castellano alla morte del padre nel 1344. Sposò Luigia de Sanclemente e trasmise la castellania alla sua discendenza, che la conservò almeno sino alla prima metà del XVI secolo[13].

L'11 dicembre 1441 nel castello di Salemi si formò una confederazione costituita da Salemi, Trapani, Mazara, Monte San Giuliano, Castelvetrano e Partanna, che si impegnava alla difesa della regina Bianca d'Aragona.[14]

Nel 1789 fu adibito a carcere, e il 14 maggio 1860 da questo castello Garibaldi issò (sulla torre tonda) la bandiera tricolore, proclamando Salemi “capitale d’Italia” e la dittatura garibaldina. Dal 1934 divenne biblioteca comunale.

Danneggiato dal terremoto del Belice del 1968, fu chiuso 35 anni per restauri e lavori di consolidamento da parte della Regione Siciliana, e riaperto nel 2002 [15]. I lavori sono stati completati definitivamente nel 2010.

Architettura[modifica | modifica wikitesto]

Il castello ha un impianto abbastanza unitario, poco rimaneggiato dopo l'epoca normanno-sveva. L'edificio ha un impianto leggermente ruotato in direzione nord-est/sud-ovest. Possiede tre torri angolari, una cilindrica (ovest) e due quadre (est, sud) mentre una quarta torre (quadra?) esistente nell'angolo nord è probabilmente crollata nel secolo XVII. Nessuna delle torri quadre supera in altezza il terrazzo sommitale del torrione cilindrico, ancora oggi il punto più alto della città [16].

Oggi è sede museale e vi si svolgono concerti e convegni.

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]


Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Pagina 127, Tommaso Fazello, "Della Storia di Sicilia - Deche Due" [1] Archiviato il 29 novembre 2015 in Internet Archive., Volume uno, Palermo, Giuseppe Assenzio - Traduzione in lingua toscana, 1817.
  2. ^ Copia archiviata, su vivasicilia.com. URL consultato il 21 luglio 2016 (archiviato dall'url originale il 16 settembre 2016).
  3. ^ http://www.persee.fr/doc/mefr_1123-9883_1998_num_110_2_3651
  4. ^ Antonino Mango di Casalgerardo, Nobiliario di Sicilia, su bibliotecaregionalepalermo.it.
  5. ^ Filadelfo Mugnos, Raguagli historici del Vespro siciliano, Palermo, Domenico d'Anselmo, 1669, p. 131.
  6. ^ Salvatore Accardi, Il testamento di Allegranza Sanclemente (PDF), su trapaniinvittissima.it, p. 2. URL consultato il 19 maggio 2013 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2013).
  7. ^ Giuseppe Castronovo, Casati nobili ericini, a cura di Anna Burdua, Trapani, Corrao, 1997, p. 76.
  8. ^ Giovanni Luca Barberi, Repertorio della feudalità siciliana (1282 - 1390), Le famiglie feudali (PDF), su storiamediterranea.it, p. 378.
  9. ^ Di Bartolo, Gli abitati della Sicilia occidentale dal periodo bizantino all'età normanno-sveva (PDF), su amsacta.unibo.it, p. 16.
  10. ^ Giovanni Luca Barberi, Repertorio della feudalità siciliana (1282 - 1390), I feudi (PDF), su storiamediterranea.it, p. 508.
  11. ^ Giovanni Luca Barberi, Repertorio della feudalità siciliana (1282 - 1390), I feudi (PDF), su storiamediterranea.it, p. 496.
  12. ^ Filadelfo Mugnos, Teatro genologico delle famiglie nobili titolate feudatarie ed antiche nobili del fidelissimo Regno di Sicilia viventi ed estinte, Palermo, Pietro Coppola, 1647, p. 185.
  13. ^ Filadelfo Mugnos, Teatro genologico delle famiglie nobili titolate feudatarie ed antiche nobili del fidelissimo Regno di Sicilia viventi ed estinte, Palermo, Pietro Coppola, 1647, p. 186.
  14. ^ Copia archiviata, su salemi.gov.it. URL consultato il 21 luglio 2016 (archiviato dall'url originale il 15 settembre 2016).
  15. ^ Exibart
  16. ^ Copia archiviata, su icastelli.it. URL consultato il 21 luglio 2016 (archiviato dall'url originale il 21 agosto 2016).

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