Cacciaguida

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Cacciaguidase (Firenze, 1091 ca. – Palestina, 1148 ca.) è stato un militare italiano, trisavolo di Dante Alighieri.

Non sappiamo molto su di lui; le uniche fonti dirette che ne attestano l'esistenza sono due documenti del 1189 e del 1201, le altre notizie ci sono state tramandate dal suo illustre discendente in forma indiretta nella descrizione del loro incontro nel Paradiso. Si sa che fu investito cavaliere da Corrado III di Svevia e che lo seguì nella Seconda Crociata (1147-1149), durante la quale trovò la morte.

Cacciaguida, illustrazione di Gustave Doré

Dante immagina di incontrare l'avo durante il suo viaggio nel Paradiso, attraversando il cielo di Marte, che ospita le anime dei combattenti per la fede: la cronaca dell'incontro occupa ben tre canti (dal XV al XVII) della terza cantica della "Divina Commedia". Al di là del valore letterario ed artistico, i tre canti sono anche importanti dal punto di vista storico perché ci forniscono numerose informazioni sulla famiglia Alighieri e sulla Firenze del XII secolo.

Nel canto XV, Cacciaguida racconta a Dante come era la Firenze dei suoi tempi, ancora compresa nella prima cinta di mura, risalenti all'epoca di Carlo Magno: ai tempi di Dante era stata costruita una seconda cerchia, risalente al 1173, che sarà poi a sua volta sostituita da una terza, progettata nel 1284 e portata a compimento nel 1333. La piccola Firenze di quei tempi viene descritta come una cittadina "sobria e pudica", così diversa da quella dell'epoca di Dante: allora, racconta Cacciaguida, le donne non andavano a spasso con vestiti costosi e gioielli, la nascita di una figlia non era vista con paura per la futura ricca dote, le case erano modeste e l'aspetto esteriore di Firenze non era ancora fastoso, non erano diffusi comportamenti sessuali censurabili, i nobili giravano vestiti con modestia e non si vergognavano di esercitare professioni umili, le famiglie non correvano il pericolo dell'esilio o dei trasferimenti per esercitare il commercio. Allora avrebbero fatto "notizia" i personaggi dissoluti, non quelli onesti come ai tempi del nipote. Alla fine del canto XV, si viene a sapere che Cacciaguida ebbe due fratelli, Moronto ed Eliseo (dal quale l'antica famiglia fiorentina degli Elisei; l'identificazione di Moronto con il Morunci de Arco dei documenti della Badia fiorentina è quanto meno dubbia, atteso che questi risalgono al 1076), che sposò una donna dell'Italia settentrionale (una Aldighieri di Ferrara, preciserà in seguito Giovanni Boccaccio), che da lei ebbe origine il cognome Alighieri e le successive vicende della sua vita fino alla morte.

Nel canto XVI, Cacciaguida risponde ad alcune domande che Dante gli pone sulla Firenze passata: dalle risposte il lettore viene a sapere che allora la città aveva un quinto degli abitanti rispetto all'inizio del XIV secolo, che non aveva ancora visto l'immigrazione di famiglie del contado, spesso portatrici di delinquenza, e che il confine della città era allora al Galluzzo ed a Trespiano. Cacciaguida dice che l'immigrazione di gente nuova, favorita dalla Chiesa, è causa delle discordie attuali, che porteranno alla rovina della città e conclude elencando alcune celebri famiglie fiorentine potenti allora ma decadute al tempo del nipote. Il canto termina col racconto del celebre scontro tra Amidei e Buondelmonti del 1215, che diede origine alle lotte tra Guelfi e Ghibellini.

Nel canto XVII, Cacciaguida predice a Dante gli eventi della sua vita futura, ossia l'esilio da Firenze e la sua vita raminga e solitaria, ed inoltre rivela la missione di Dante una volta tornato nel mondo: per bocca di Cacciaguida infatti Dio investe Dante del compito di rivelare la sua volontà all'umanità per salvarla: egli, infatti, viene istituito nella missione di poeta-profeta.

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