Black bun

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Black bun
Un black bun aperto
Origini
Luogo d'origineBandiera della Scozia Scozia
DiffusionePopolare in tutta la Scozia. Anche noto nella regione dell'Appalachia statunitense.
Dettagli
Categoriadolce
Ingredienti principalipasta frolla, uva passa, ribes, mandorle, scorze di agrumi, pimento, zenzero, cannella e pepe nero

Il black bun è un dolce scozzese.

Si tratta di una torta a base di frutta e spezie (uvetta, ribes, mandorle, scorze di agrumi, pimento, zenzero, cannella e pepe nero) e ricoperta di pasta frolla.

Il black bun venne introdotto in seguito al ritorno della regina di Scozia Maria Stuarda dalla Francia, ma l'abitudine di consumarlo durante la "Dodicesima notte" si concluse con l'avvento della Riforma scozzese. Il black bun viene oggi consumato durante i festeggiamenti dell'Hogmanay.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il black bun è nato come variante della torta dei Re in occasione della "Dodicesima notte" del 5 gennaio, che corrisponde alla vigilia dell'Epifania e alla fine dei Dodici Giorni di Natale.[1] Il dolce venne introdotto dopo il ritorno di Maria di Scozia dalla Francia, e la tradizione vuole che venne nascosto un fagiolo nella torta. Chiunque lo avesse trovato sarebbe divenuto il re della serata. Secondo alcuni resoconti, la stessa sovrana avesse partecipato a questo gioco e, nel 1563, avrebbe fatto indossare vesti regali e gioielli alla sua compagna d'infanzia Mary Fleming divenuta, appunto, la "regina" della serata. Questo scioccò l'ambasciatore inglese, che scrisse:[2]

«La Regina del Fagiolo era quel giorno in un abito di stoffa d'argento, la sua testa, il suo collo, le sue spalle, il resto di tutto il suo corpo, così pieno di pietre, più che nel nostro.»

In seguito alla Riforma scozzese del 1560, venne bandita in Scozia la celebrazione del natale e con essa la pratica di preparare torte del re.[2]

Dopo essere diventato conosciuto come scotch bun e scotch Christmas bun venne rinominato black bun nel 1898. Pare che sia stato Robert Louis Stevenson a diffondere il termine odierno del dolce, in quanto lo definì "una sostanza nera ostile alla vita".[3]

Oggi il dolce è diventato un pasto tipico delle celebrazioni dell'Hogmanay. Una tradizione del passato conosciuta come first-foot ("primo piede") consisteva nel visitare i vicini di casa per celebrare l'avvento del nuovo anno. Se gli ospitanti ricevevano un black bun dai loro ospiti si veniva a indicare che coloro a cui veniva donato non avrebbero avuto fame durante l'anno che sarebbe giunto.[4] Durante l'Hogmanay, il dolce veniva a volte offerto agli ospiti e mangiato con il whisky.[5]

All'infuori della Scozia, il black bun viene anche mangiato nell'area culturale Appalachia, negli Stati Uniti.[6]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il black bun è una torta alla frutta avvolta nella pasta frolla. La torta in sé è simile a una tradizionale Christmas cake o a una miscela di Christmas pudding, e comprende frutti e spezie come uva passa, ribes, cannella, pepe nero e pimento.[4][7] È stata definita una versione molto più grande del biscotto Garibaldi e si è ipotizzato che quest'ultimo alimento potrebbe derivare dal black bun in quanto John Carr, l'inventore del biscotto, era scozzese.[8]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) William D. Crump, The Christmas Encyclopedia, 3d ed., McFarland, 2013, p. 211.
  2. ^ a b (EN) Hugh Douglas, The Hogmanay Companion, Neil Wilson, 2011, "The Kirk's Alarm".
  3. ^ (EN) John Ayto, The Diner's Dictionary: Word Origins of Food and Drink, OUP, 2012, p. 33.
  4. ^ a b (EN) Scottish black bun, su deliciousmagazine.co.uk. URL consultato il 19 aprile 2019.
  5. ^ (EN) A history of the black bun, including a recipe for making your own, su foodanddrink.scotsman.com. URL consultato il 19 aprile 2019.
  6. ^ (EN) Mark F. Sohn, Appalachian Home Cooking: History, Culture, and Recipes, University Press of Kentucky, 2009, "Cake History: Native American and Ethnic Traditions".
  7. ^ (EN) Black bun, su bbc.com. URL consultato il 19 aprile 2019.
  8. ^ (EN) Clark McGinn, The Ultimate Guide to Being Scottish, Luath, 2014, p. 44.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]