Abbazia di San Pietro in Cuppis

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Abbazia di San Pietro in Cuppis
Facciata principale
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegionePuglia
LocalitàIschitella
Coordinate41°54′07.66″N 15°53′04.82″E / 41.902127°N 15.884673°E41.902127; 15.884673
Religionecattolica
Arcidiocesi Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo
Inizio costruzioneX secolo

L'abbazia di San Pietro in Cuppis è uno degli edifici religiosi più antichi di Ischitella e del Gargano, colpito da gravissimo degrado.

La prima testimonianza documentale risale alla bolla papale Iustis Petitionibus del 9 febbraio 1058 del pontefice Stefano IX che la confermava all'abate Oddone di Santa Maria di Càlena, definendola "cella benettina di San Pietro in Cuppis"[1]. Oltre ad essere conosciuta come abbazia di San Pietro in Cuppis[2], era un tempo conosciuta anche come

Architettura[modifica | modifica wikitesto]

Interni, notare la rara iconostasi

Dell'antica fabbrica, in stile romanico-bizantino, oggi restano le mura perimetrali, caratterizzate da blocchi irregolari di pietra calcarea.

Il complesso è diviso in quattro aree:

  • la basilica, a cui si accede attraverso un portale sormontato da un arco a tutto sesto e, internamente, da un piccolo rosone[1]. Navata e presbiterio sono divisi da un iconostasi, elemento molto raro in Italia, che dimostra una certa influenza del romanico orientale, caratterizzato da una porta regale centrale e porte diaconali a destra e sinistra. Tra le porte regali e le porte diaconali sono ancora visibili tracce dell'antico altare, mentre è ancora integra l'abside[1], se non per la chiave di volta, oggi trafugata, che presentava un leone rampante, emblema della famiglia Gentile, feudataria dell'area tra XI e XIII secolo. Le pareti interne sono divise da quattro pilastri rettangolari, costituiti da blocchi di pietra squadrati, che un tempo sostenevano le travi di quello che era un classico tetto a capriate[1]. Su una parete interna, tra la navata e il presbiterio, è situata una delle porte di accesso al cortile, mentre su un'altra parete è presente una edicola con arco a tutto sesto[1].
  • Il cortile, a cui si accedeva accanto alla facciata principale dell'abbazia, porta quasi crollata, o all'interno della basilica. Al suo interno è presente una cisterna. ed è delimitato dalla muratura perimetrale, parzialmente crollata, dalla muratura portante della basilica, in buono stato, e dalla muratura portante degli ambienti, completamente crollata[1].
  • Diversi ambienti, tra cui il dormitorio, il refettorio oltre a luoghi di lavoro cui si accedeva attraverso il cortile. Non si esclude che questi edifici avessero avuto un secondo piano, ma non è stata ancora effettuata una indagine dettagliata per accertarlo[1].

Degrado[modifica | modifica wikitesto]

Ormai da decenni l'intera area abbaziale è incustodita, nonostante il rischio che vari manufatti vengano trafugati[1][4]. Il lungo degrado (oltre a causare i crolli totali e parziali alla muratura del cortile e degli ambienti) sta causando alla muratura portante della basilica, che ancora oggi conserva l'altezza originaria, delle crepe e dei piccoli crolli che a breve termine potrebbero causare danni maggiori[1]. Nella zona absidale interna, poi, l'incuria e gli agenti atmosferici continuano a cancellare i preziosi affreschi[1].

L'antica abbazia di San Pietro in Cuppis è stata segnalata in occasione della quinta edizione del censimento nazionale "I Luoghi del Cuore", promossa dal FAI nel 2010.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j Michele Maiorano, Abbazia di san pietro in cuppis sita a ISCHITELLA provincia di Foggia (Puglia): un bene da tutelare, su patrimoniosos.it, Patrimonios, 24 luglio 2010. URL consultato il 10 settembre 2010.
  2. ^ "Tra le colline".
  3. ^ a b Chiese e Sacro, su ischitellagargano.it. URL consultato il 10 settembre 2010 (archiviato dall'url originale il 6 febbraio 2010).
  4. ^ come già avvenuto con la chiave di volta, che sormontava l'arco a tutto sesto della porta di accesso alla basilica, su cui era scolpito lo stemma della famiglia gentilizia del XIII secolo.

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