Vincenzo Foppa

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Adorazione dei Magi (Londra, National Gallery)

Vincenzo Foppa (Bagnolo Mella, 1427 circa – 1515 circa) è stato un pittore italiano.

La vita: Le opere degli esordi. I Tre crocifissi

Le prime opere del Foppa, sono un San Bernardino e i Tre Crocifissi, sulla scia di Gentile da Fabriano e Jacopo Bellini. Nella seconda in un'architettura classica di origine padovana, si stagliano le tre figure perfettamente prospettiche mentre il paesaggio è legato ancora al gusto internazionale. La prima opera firmata e datata del Foppa, i Tre crocifissi di Bergamo, del 1456, rivela una partecipazione diretta alle ricerche della Rinascenza italiana. Il dipinto è contraddistinto da un arco di trionfo adorno di medaglioni antichi, segno di un orientamento stilistico sulla via di Padova, verso cui si rivolge ogni esperienza di cultura figurativa che nell'Italia del Nord non volesse prescindere dalle attualità di quegli anni di diffusione dei valori rinascimentali. Ma con i Tre crocifissi siamo già ad un punto di arrivo nel percorso dell'attività giovanile del Foppa, quasi a conclusione di un succedersi di esperienze su cui hanno operato cultura veneta, provenzale e fiamminga nella complessità del linguaggio figurativo tardo gotico qual è quello della Lombardia prima del Foppa. Le innegabili sollecitazioni che gli giungono dal centro padovano con il Mantegna e con il nucleo di toscani da Donatello, a Paolo Uccello, a Filippo Lippi, incidono su una cultura tutta lombarda, fondata su valori pittorici. A ben considerare questo “primo documento del Rinascimento in Lombardia”, ancora fresco della lezione padovana, si avverte al di là della scenografia classica, il respiro fiabesco e incantato dei notturni tardo gotici; ma lo spazio è già reale per verità di luce ottica e non per coerenza di prospettiva lineare, misterioso nell'incupirsi del cielo e tragico nel silente accendersi di improvvise fosforescenze che toccano architetture e rocce. Appaiono così luminescenti il terriccio ai piedi del Golgota, il monte, e i corpi dipinti con una straordinaria libertà pittorica. L'avvio del Foppa non può quindi prescindere dal rapporto diretto con quel clima cortese ben noto a Milano sugli inizi del secolo per opera di Michelino da Besozzo e soprattutto non può prescindere dagli esemplari del protorinascimento ancor gotico, già ampiamente accolto in Brescia ai tempi della sua prima giovinezza. Il Maestro bresciano crebbe mentre aveva sotto gli occhi gli immaginosi affreschi condotti da Gentile da Fabriano, tra il 1414 e il 1419 nel Broletto, su commissione di Pandolfo Malatesta, e vide in patria la sontuosa Annunciazione intessuta di ori da Jacopo Bellini e le fulgenti tavole di Antonio Vivarini dipinte qualche anno prima che il Foppa desse prova, nell'opera più antica che gli si conosca, La madonna col bambino e angeli, di aver aderito alle tendenze locali. Ma anche in questo dipinto i rapporti con il mondo gotico si esauriscono in convenzionalismi grafici e lineari a prestito da Bonifacio Bembo, che con tutta verosimiglianza gli fu maestro: lo spazio reca tracce di una norma più logica, in esso s’impostano più corposi volumi e panneggi già rivelatori della poetica naturalistica che sarà peculiare delle opere della maturità.

Tra Pavia e Genova (1455-1463)

la Madonna del libro

Tra il 1455-1456, dopo essere passato forse per Mantova, Foppa tornò a Pavia (nello Stato Sforzesco) con la sua famiglia. Opera di questo momento sono i pannelli del 1455, provenienti da un polittico di cui restano solo i mezzibusti dei santi Siro e Paolo, tavola che denuncia la conoscenza delle opera di Donatello e Andrea Mantegna. Ma il chiarimento dei termini di questa prima fase, si matura in pienezza di accenti nel San Gerolamo dell'Accademia Carrara di Bergamo, poco più tardo dei Tre Crocifissi e nelle due Madonne dei Musei Civici di Milano. Sulla suggestione padovana e donatellesca, vengono ad inserirsi forti accenti di indagine naturalistica e patetici addolcimenti fiammingheggianti, raggiunti in chiave luministica. Il San Gerolamo sembra infatti rispondere ad una immediata esigenza di rappresentazione drammatica e corsiva che il Maestro risolve con l'uso spregiudicato della luce, e il brano arditissimo delle mani e l'obliquo trascorrere del lume, sembrarono un anticipo del naturalismo caravaggesco. Nell'affresco, ora quasi perduto, della Madonna dell'oratoria di San Diacono delle Cerreta, Foppa si rivolge ancora ai modelli padovani e anche ferraresi: ciò lo attesta il contrasto tra il lume vero che investe da destra l'immagine con l'ombra vera proiettata sulla sinistra, e i volumi prestabiliti e ancora bloccati con violenza “accademica”. Il Maestro conserverà a lungo la sua predilezione di forme scolpite con forza di altorilievo, ma gli influssi lombardi, provenzali e fiamminghi concorreranno a comporre una sintesi altissima in alcuni capolavori di questi anni: due capolavori possono essere considerati, senz’altro, la Madonna del Libro conservata nei Musei Civici del Castello Sforzesco di Milano, preceduta di poco dalla Madonna che abbraccia il bambino. Antico e moderno insieme, il Foppa si serve dell'oro dei minatori tardo-gotici per tessere, con altissimo e libero magistero tecnico, raggi luminosi che levigano e puliscono le forme, passando in calibrati trapassi di ombre e di piani, bulinando raffinate decorazioni a gloria della sognante immagine regale, campita contro il mite cielo lombardo. La sontuosa gamma cromatica di smalti dorati e la secchezza di modellato induce a collocare in questo tempo i due Santi Teodoro ed Agostino ora nel Museo del Castello, il San Cristoforo dell'Art Museum di Denver, e i due Santi Battista e Domenico ora di collezione privata a Bergamo. Nel 1461 Foppa si recò a Genova dove affrescò la cappella dei priori di san Giovanni nella Cattedrale, realizzando anche un polittico in San Domenico (opere perdute). A Genova attraverso Donato de' Bardi viene a contatto con la pittura fiamminga, come è evidente dalla Madonna col Bambino per la chiesa del Carmine di Pavia, firmata e datata 1463.

Nella Milano di Francesco Sforza: l'interpretazione lombarda del Rinascimento toscano

Affresco staccato dal Banco Mediceo a Milano (Londra, Wallace Collection)

Nello stesso anno (1463) arrivò la chiamata di Francesco Sforza a Milano, che gli commissionò la decorazione pittorica del portico dell'Ospedale Maggiore, oggi purtroppo perduta, con la cerimonia della posa della prima pietra, avvenuta il 12 aprile 1457. Nel 1465 Foppa è documentato in uno dei più grandi cantieri della Lombardia sforzesca, la Certosa di Pavia, dove riscosse un pagamento per aver dipinto profetis [...] et certis altris figuris nel chiostro grande, opere purtroppo perdute. Dal Trattato di Filarete apprendiamo che nella loggia del giardino della sede milanese del Banco Mediceo erano dipinte, per mano del maestro bresciano, scene di storia romana tra cui figurava “Traiano degnissimo e ben fatto, con altre figure di hornamento” . Nessun tema più rinascimentale del Fanciullo (Cicerone?) leggente poteva, nella loggia del palazzo mediceo, illustrare meglio la situazione che in Lombardia si dava al rigore intellettualistico dei toscani: alla esplicita ricerca di solennità compositiva e di semplificazione formale, punge sempre un fresco e sereno naturalismo di cui il cielo a ridosso degli alberi cupi e la pacata prosa poetica della figura infantile sono indici sicuri.

Ma l'opera più significativa del suo periodo milanese è senza dubbio la decorazione della Cappella Portinari nella Basilica di Sant'Eustorgio, in cui Foppa affrescò sulle lunette delle pareti laterali scene della vita di san Pietro Martire, nell'arco di trionfale l'Annunciazione e in controfacciata l'Assunzione, le immagine di ogni parete sono costruite con un unico punto di fuga che cade fuori dalla composizione, in modo da unificare i due episodi nelle lunette. Conclusi gli anni di meditazione della giovinezza, gli affreschi della Cappella Portinari, terminata nel 1468, si presentano con i caratteri di una maturazione risultante dai pensieri sui toscani e ormai tutta rinascimentale in senso lombardo, in una direzione cioè che porta a superare il telaio matematico dei fiorentini con una graduazione dei volumi e delle distanze, e in cui il linguaggio del Maestro trova interamente il modo di esprimersi con una compiutezza non più raggiunta. Al di sotto della volta si dispiega la varietà gioiosa di architettura e di immagini: gli Apostoli nei tondi della cupola, gli Angeli danzanti nel tamburo, i quattro Dottori della Chiesa entro voltoni in prospettiva nei pennacchi e, sotto, Angeli reggistemmi pieni di luce e colorati d’aria. Nei due grandi arconi di imposta della cupola sono rappresentate l'Annunciazione e l'Assunzione (nelle pagine seguenti); di lato, sulle pareti fra le finestre, le Storie della vita di San Pietro Martire, al quale Pigello Portinari dedicò la cappella come atto d’omaggio verso la duchessa Bianca Maria Visconti che nutriva una particolare venerazione per il Santo. È un trionfale succedersi di episodi e di immagini nell'articolarsi dei gruppi con scioltezza e grande libertà scenica. Il Foppa ha imboccato una via del tutto nuova, che lo porta a risolvere in forme di sintesi geniale la molteplicità dei suoi moventi culturali. È ovvio che l'interpretazione dei nuovi motivi affonda le sue radici in un gusto di tradizione remota, risalente alle fonti del naturalismo lombardo. Le soluzioni dei toscani sono entrate ormai a far parte del bagaglio culturale del Foppa, divenendone parte importante nelle nitide composizioni e nella sobrietà del racconto, ma il maestro bresciano tradisce sempre lo spirito degli illustri esempi, quando si ferma a contemplare l'albero che trema al di là degli archi, contro il cielo grigio e l'intimità raccolta, da secentista olandese, del piccolo cortile sottostante nel Miracolo di Narni. Il suo modo di vedere, tutto lombardo, lo induce a scegliere le fisionomie dei suoi personaggi nel vasto repertorio che la vita gli offre quotidianamente: vi sono dei volti nelle storie della vita del Santo, che sono fra i più veri del Quattrocento settentrionale. I ricordi ancora vivi del plasticismo padovano, con qualche suggestione ferrarese, trovano modo di esprimersi con decisione in opere di formato minore: nella piccola Madonna col Bambino dei Musei Statali di Berlino, di intensa caratterizzazione fisionomica, dolce e rude nella greve corposità, che il colore svelato accentua con maggiore evidenza.

Le opere dal 1470 al 1490

Il ventennio che segue il compimento degli affreschi Portinari (1470-1490) è un succedersi di intense opere. Le opere dipinte fra il 1470 e il 1485 segnano la piena maturità dell'artista, ormai giunto a dominare da indiscusso caposcuola (fino almeno all'arrivo di Leonardo) il panorama della pittura non solo lombarda, ma anche ligure e piemontese. Del 1478 è l'Adorazione del Bambino di Detroit (oggi in pessime condizioni dopo un restauro troppo aggressivo), dove Foppa mostra di aver assimilato anche influssi Ferraresi. Del 1468 è la Pala Bottigella dove, in un'architettura padovana, lo spazio è saturo di figure, in questo modo la prospettiva ora perde il suo primato a vantaggio della luce, usata qui per indagare i minimi dettagli. A Pavia, città di cui acquistò la cittadinanza nel 1468, per incarico del nuovo duca Galeazzo Maria Sforza, collaborò con Zanetto Bugatto e Bonifacio Bembo alla decorazione della grandiosa Ancona delle Reliquie per il Castello di Pavia, opera andata poi distrutta. A Brescia, nella volta della Cappella Averoldi della chiesa del Carmine, dipinge possenti Evangelisti dai volti rischiarati d’argento entro mandorle di nubi e cherubini, plasmate dal colore saturo di chiaroscuro, di una rara efficacia plastica. Nel 1475 Foppa realizza il trittico con il Presepe della Parrocchiale di Chiesanuova e nel 1476 il Polittico di Santa Maria delle Grazie a Bergamo (oggi alla Pinacoteca di Brera). L'attività di Foppa testimonia molte partecipazioni alla creazione di dipinti d’altare dove l'amore per gli ori della scuola lombarda e ligure trova la sua esaltazione. Nella partitura plurima si svolge una parata araldica di immagini, isolate nelle nicchie a quadri dorati, o, per contrasto, contro paesi di sorprendente immediatezza pittorica.

Foppa e Bramante

il S. Sebastiano (da Santa Maria di Brera)

Dopo la piccola Madonna della collezione Contini-Bonaccossi di Firenze riconducibile al Polittico bergamasco, ecco il Foppa impegnarsi nella ricerca di una spazialità più rigorosa e di una più sottile vibrazione chiaroscurale alla corte ducale. Sulla base dell'ordine spaziale del Bramante, le composizioni assumono un respiro più razionalmente monumentale, nel quale i fondamentali assunti del Foppa, colore e luce, si pongono tuttavia a protagonisti delle graduazioni delle distanze prospettiche e nell'azione miracolosamente trascolorante della materia. La vicinanza a Bramante è evidente negli affreschi, oggi alla Pinacoteca di Brera (provenienti dalla chiesa di Santa Maria), con la Madonna del tappeto e il san Sebastiano (1468 ca.). Dopo un soggiorno a Savona, dove dipinse due polittici (il primo per Manfredo Fornari, del 1489, l'altro, la celebre ancona di Nostra Signora di Castello, per Giuliano della Rovere, il futuro papa Giulio II, in collaborazione con il nizzardo Ludovico Brea e altre maestranze, artefici fra l'altro della cornice rinascimentale). Legato in questi anni agli ambienti più progrediti del Ducato, il Foppa s’impegna in un’opera insolita, la cosìddetta Pala Bottigella del Museo Civico di Pavia (commissionata da Giovanni Matteo Bottigella). Più vicino, nello schema compositivo, alle sacre conversazioni di Giovanni Bellini che alle macchinose pale lombarde, lo squisito dipinto e altre piccole tavole di devozione domestica, come La Madonna col Bambino, sono esemplari assai felici del “venezianismo” foppesco. Le opere di questi anni, caratterizzate da una ampiezza solenne di impianti formali, danno la misura di quest’ultima fase in cui il potenziamento dei valori lombardi è un esplicito presagio delle voci più vive dei cinquecentisti in Lombardia: a partire dalla Annunciazione (Isola Bella, raccolta Borromeo), in cui si ravviva il mobile chiaroscuro, alla bellissima Adorazione dei Magi della National Gallery) (di cui non si conoscono la data e l'originaria destinazione), solenne riepilogo dei motivi propri della poetica del Foppa, ai Santi Bartolomeo e Gregorio, fino alla Pala dei Mercanti.

Le ultime opere

Negli ultimi anni l'artista rientra a Brescia, forse per rifuggire dal bramantismo e dal leonardismo imperante, qui visse appartato fino alla morte, dipingendo, insegnando e ponendo le premesse per lo sviluppo di una rigogliosa scuola locale. Questa orgogliosa chiusura nei confronti delle novità è ben visibile anche nella sua ultima opera milanese, la Deposizione (1498) dipinta per la chiesa di San Pietro in Gessate su commissione di Renato Trivulzio in seguito trasferita a Berlino e andata distrutta nel corso della seconda guerra mondiale. Nella sua schiva austerità il Foppa probabilmente non avvertì la portata storica del suo messaggio che costituì certo il nodo più vitale dell'arte lombarda per più di un secolo, da Brescia a Genova, da Bergamo al Piemonte fin nelle più remote vallate montane e fino nel cuore della grande rivoluzione caravaggesca.

Opere

Voci correlate

Bibliografia

  • Vincenzo Foppa, catalogo della mostra (Brescia 2002) a cura di G. Agosti e G. Romano, Milano 2003

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