Utente:Zanekost/Sandbox/Nuda allo specchio

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Giovane donna nuda allo specchio
AutoreGiovanni Bellini
Data1515
Tecnicaolio su tavola di pioppo
Dimensioni62,9×78,3 cm
UbicazioneKunsthistorisches Museum, Vienna

Il quadro, variamente titolato Donna nuda allo specchio[1], Donna con lo specchio[2], Nuda che si pettina o Venere allo specchio[3] oppure ancora Giovane donna alla toeletta[4], è un dipinto a olio su tavola di pioppo (62,9x78,3 cm) di Giovanni Bellini, datato nel cartiglio della firma 1515 e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La firma

L'opera, dipinta l'anno precedente la morte dell'artista, fa parte della sua ultima fase produttiva, quella in cui abbracciò le novità del tonalismo di Giorgione.

Fino al 1632 nella collezione del mercante veneziano Bartolomeo della Nave nel 1638 la Nuda fu ceduta dagli eredi al duca scozzese James Hamilton. La collezione londinese del duca fu dispersa in seguito della sua esecuzione e lo stesso anno, nel 1649, l'opera giunse ad Anversa dove venne acquistata da Leopoldo Guglielmo d'Austria, reggente dei Paesi Bassi spagnoli. L'arciduca, rientrato in Austria nel 1656, trasferì la la sua collezione da Bruxelles a Vienna nel complesso di Hofburg (primo nucleo di quello che diverrà Kunsthistorisches Museum) dove la Nuda risulta registrata nel 1659[5].

Per quanto una prima moderna attribuzione al Bellini fosse stata proposta da Crowe e Cavalcaselle (1871) Morelli la attribuiva invece a Bissolo (1897). Pur protraendosi il dibattito (Fritz Heinemann nel 1962 lo attribuiva all'ipotetico "Maestro delle tre età" del Pitti) è oggi universalmente attribuita a Giovanni[6].

Una copia della tavola si trovava nella collezione Contini Bonacossi di Firenze. Ritenuta un tempo un dipinto preparatorio autografo è ora invece considerata un lavoro di bottega successivo, forse dipinto da Vincenzo Catena[7].

Descrizione e stile[modifica | modifica wikitesto]

Dettaglio

La Nuda di Bellini è firmata, oltre che datata – fatto infrequente nei dipinti dell'artista , compresi gli ultimi. L'attenzione della critica si è posata sull'aspetto sia verbale sia formale di questa. La scrittura «Joannes bellinus / faciebat M.D.X.V.» si nota l'uso dell'imperfetto faciebat (faceva) piuttosto che il convenzionale passato remoto fecit (fece): così la firma non sottoscrive soltanto questo dipinto ma tutta l'opera di questo artista in perenne evoluzione. Ma anche la rappresentazione della firma risulta anomala rispetto ai modi consueti di Giovanni: o una scrittura in capitali fintamente "scolpita" alla base del quadro o un cartiglio applicato come fosse un intervento esterno all'opera. Qui invece vediamo un foglietto ripiegato e posato di sbieco sul tappeto, quasi come se l'autore, passando nella stanza, l'avesse distrattamente abbandonato dentro l'opera[8].

Dettaglio

All'interno della sua stanza una giovane donna si sta acconciando osservandosi a uno specchietto. È nuda solo un leggero tessuto rosa le copre il sesso e passandole dietro la schiena si attorciglia al braccio destro. La sua figura dalle proporzioni e dai lineamenti ideali (rovinata però dalla ridipintura sgraziata del braccio sinistro) rispecchia un limpido classicismo. Un altro specchio si trova sulla scura parete dietro di essa e mostra una veduta tergale della preziosa cuffia damascata e bordata di perle che trattiene tiene i capelli della donna (lo zendado tipico delle donne sposate veneziane). La giovane è seduta su di una panca coperta a destra dal tappeto e a sinistra dallo stesso drappo scomposto che ne avvolge il corpo. La finestra che la illumina si apre su di un paesaggio crepuscolare che digrada da un piccolo villaggio nelle trasparenze atmosferiche delle prealpi venete. La fascia di cielo illuminata dal sole si connette alla spalla mentre l'azzurro nuvoloso fa de pendant al tessato dello zendado. Sul davanzale è appoggiata una brocca di vetro trasparente che sostiene sul largo collo un piattino con la spugna utilizzata per le abluzioni.

Una possibile identificazione del soggetto risale alle due edizioni delle Vite del Vasari, dove si riporta che Bellini dipinse un effige di una amante di Pietro Bembo, informazione ripresa anche dal Ridolfi. Sembrerebbe possibile trattarsi del ritratto muliebre che il Bembo aveva tenuto nascosto a Marcantonio Michiel al momento della sua visita a Padova nel1529-1530. Una donna alla quale aveva dedicato alcuni dei suoi versi petrarcheschi in cui ricorda anche Bellini[9].

«O imagine mia celeste e pura,
Che splendi piщ che 'l sole agli occhi miei
E mi rassembri 'l volto di colei,
Che scolpita ho nel cor con maggior cura,
Credo che 'l mio Bellin con la figura
T'abbia dato il costume anco di lei,
[…]»

Tuttavia non è detto che sia questa la "figura" citata nel sonetto o un altro perduto dipinto e comunque pare un po' difficile supporre che una delle nobildonne amate dal Bembo si sia fatta ritrarre nuda[10]. Comunque sia il senso di tranquillità che promana dall'opera evidenziato dal placido paesaggio su cui si apre la finestra possono far pensare ad una versione pittorica intrisa di petrarchismo fortemente correlata alla poetica del Bembo[11].

Può essere considerato il primo nudo che non abbia una ispirazione biblica, mitologica o allegorica nella pittura veneziana[12] e anche il prototipo del tema delle "donna alla toletta", così frequente nel XVI secolo[13].

in effetti decisamente casta «innocenza ingenua»[14]

allegoria matrimoniale [15] idealizzazione moglie sensualità/castità

, secondo quel tema della molteplicità di vedute che animava il dibattito artistico dell'epoca sul paragone delle arti: la pittura infatti poteva garantire, con opportuni accorgimenti, una ricchezza visuale pari, se non superiore, a quello delle opere scultoree.xxx meno dimostrativo e polemico del perduto San Giorgio di Zorzi da Castelfranco, e non da ritenere un caso che il soggetto fosse il santo eponimo, ricordato da Paolo Pino[16][17]

Tullio Lombardo, Bacco e Arianna, 1505-1510, marmo di Carrara, 71x55 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Il soggetto della donna nuda, così inconsueto nella produzione dell'artista incentrata sulle opere di carattere sacro, è intonato su un modellato delicato della figura, tra la penombra dell'interno e la forte luce del paesaggio dalla finestra, e a una contemplazione tutto sommato casta, priva di quegli accenti sensuali delle opere coeve, ad esempio, di Tiziano.

Nella complessità di suggestioni dell'opera «al continuum della profondità spaziale si sostituisce una serie di piani ottici in successione»: dal corpo inquadrato in tre quarti, al frammento della cuffia nello specchio sul muro e allo spazio della finestra aperta. E «forse, guardando quest'opera del vecchio pittore, questo tributo a un inedito culto della bellezza che segna l'inizio di un genere nuovo, moderno, possiamo osare il sottotitolo Apoteosi dello Sguardo»[18]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Tiziano, Donna allo specchio (1515 circa); per quanto la figura sia vestita l'opera ricerca una notevole sensualità a confronto della castità della Nuda belliniana ??risposta Bellini a Tiziano (agosti p35)
  1. ^ Pignatti 1969, p. 110; Tempestini 2000, p. 168.
  2. ^ Goffen 1990, p. 253; Humfrey 2021, p. 256.
  3. ^ Citati entrambi come titoli possibili in Villa 2019, p. 256.
  4. ^ Ovvero Junge Frau bei der Toilette o Young Woman at Her Toilette come pubblicato dal Kunsthistorisches Museum
  5. ^ Villa 2019, p. 586.
  6. ^ Tempestini 2000, p. 168.
  7. ^ Tempestini 2000, pp. 168-169.
  8. ^ Goffen 2000, p. 19.
  9. ^ Goffen 1990, p. 196.
  10. ^ Villa 2019, p. 587.
  11. ^ Goodman-Soellner 1983, pp. 429-430.
  12. ^ Villa 2019, p. 586 c3. v.anche Goodman-Soellner 1983, pp. 428-429.
  13. ^ Goodman-Soellner 1983, p. 426.
  14. ^ Humfrey 2021, p. 258.
  15. ^ Goffen 1991, p. 185.
  16. ^ Goffen 1990, pp. 255-256.
  17. ^ Costui, a perpetua confusione degli scultori, dipinse in un quadro un San Georgio armato, in piedi, appostato sopra un tronco di lancia, con li piedi nelle istreme sponde d’una fonte limpida e chiara, nella qual transverberava tutta la figura in scurzo sino alla cima del capo; poscia avea finto uno specchio appostato a un tronco, nel qual riflettava tutta la figura integra in schena et un fianco. Vi finse un altro specchio dall’altra parte, nel qual si vedeva tutto l’altro lato del San Georgio, volendo sostentare ch’uno pittore può far vedere integramente una figura a un sguardo solo, che non può così far un scultore Paolo Pino, Dialogo di pittura (PDF), su Memofonte.
  18. ^ Pacht 2005, p. 247.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Renato Ghiotto (presentazione) e Terisio Pignatti (apparati critici), L'opera completa di Giovanni Bellini detto Giambellino, Classici dell'arte, Milano, Rizzoli, 1969.
  • (EN) Elise Goodman-Soellner, Poetic Interpretations of the "Lady at Her Toilette" Theme in Sixteenth- Century Painting, in The Sixteenth Century Journal, vol. XIV, n. 4, inverno 1983.
  • Rona Goffen, Giovanni Bellini, Milano, Motta, 1990, ISBN 88-7179-008-1.
  • (EN) Rona Goffen, Bellini's Nude with Mirror, in Venezia Cinquecento, vol. 1, n. 2, Roma, Bulzoni, luglio 1991, pp. 185-199.
  • Anchise Tempestini, Giovanni Bellini, Milano, Electa, 2000.
  • AA. VV., Il colore ritrovato - Bellini a Venezia, a cura di Rona Goffen e Giovanna Nepi Scirè, Milano, Electa, 2000.
  • Otto Pächt, La pittura veneziana del Quattrocento, a cura di Margareta Vyoral-Tschapka e Michael Pacht, Torino, Bollati Boringhieri, 2005, pp. 246-247.
  • Mauro Lucco, Peter Humfrey e Carlo Federico Villa, Giovanni Bellini – Catalogo regionato, a cura di Mauro Lucco, Ponzano Veneto, Zel, 2019, pp. 586-588.
  • Peter Humfrey, Giovanni Bellini, Venezia, Marsilio, 2021.

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