Utente:Matteo Trivelli/Sandbox

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La spada
Titolo originale剣 - Ken
1ª ed. originale1963
Genereracconto
Lingua originalegiapponese
AmbientazioneTokyo, Giappone
ProtagonistiKokubo Jirô
Altri personaggiMibu, Murata, Kagawa, Kinouchi


La spada (剣, Ken) è un romanzo di Yukio Mishima scritto nel 1963. È senza dubbio il romanzo che più rappresenta l’adesione ai valori tradizionali di lealtà, rigore morale e dedizione alla causa dell’autore Yukio Mishima, qui veicolati ed espressi attraverso il kendō e il kenjutsu. La stessa parola “Ken”, titolo originale del romanzo, dal giapponese, sta a significare per l’appunto “spada”, senza distinzione di genere e numero.


Trama[modifica | modifica wikitesto]

La storia racconta di Kokubo Jirô, capitano della squadra di kendô dell'università nonché uno tra i 5 migliori schermidori selezionati per rappresentare il Giappone Orientale negli individuali del Tozai Taiko. Il suo maestro è l'ormai veterano Kinouchi, il quale stima profondamente Jirô tanto da ammirarlo non solo per il proprio talento ma soprattutto per la sua etica, per la quale l'intera squadra di kendō lo rispetta. Due dei suoi subordinati, Kagawa, schermidore caratterizzato da uno stile di combattimento impulsivo, e Mibu, studente del primo anno, soffrono particolarmente la freddezza di Jirô nei loro confronti; per questo motivo sono alla ricerca di un modo per suscitare qualche emozione nel loro superiore. Ma Jirô si dedica continuamente all'arte della spada e all'allenamento senza mai allontanarsi nemmeno per un istante dalle proprie virtù morali e dalla rettitudine, senza le quali, per sua stessa ammissione, preferirebbe perdere la vita. Una volta nominato capitano della squadra di kendō, nel suo discorso, giura di impegnarsi con tutte le proprie forze a non commettere errori nell'esercizio di questa funzione.


Durante il campo di kendō nel villaggio di pescatori di Tago, lungo la costa della penisola di Izu, Jirô proibisce al gruppo di abbandonare il dojo mentre egli si recava ad accogliere Kinouchi al porto. In sua assenza però l'allievo Kagawa convince la squadra ad andare in spiaggia a tuffarsi dato l'estremo caldo di quell'estate. L'unico a non unirsi agli altri è Mibu, il quale cerca sorprendentemente di mantenere un profilo virtuoso; ma al ritorno di Jirô, accompagnato da Murata e Kinouchi, si nasconde tra gli alberi per non farsi vedere e in seguito. Il maestro Kinouchi, accortosi della disobbedienza, chiede chi fosse il responsabile dell'accaduto. Jirô si assume tutte le responsabilità del caso, ma Kagawa, pervaso dal senso di colpa confessa; ne consegue che Kagawa venga rimandato a Tokyo.

Successivamente Jirô chiede a Mibu se anche lui fosse andato a fare il bagno. Mibu afferma per ben due volte di averlo fatto. La stessa sera al termine di una festa tenutasi sul luogo del ritiro, Jirô scompare, per poi essere ritrovato a terra in cima ad una collina, morto con la sua spada tra le mani.


L'idea di sport e la via della spada[modifica | modifica wikitesto]

Jirô si dimostra, per sua attitudine, molto vicino allo spirito dei samurai dai quali discende la famiglia Kokubu, nome che include al suo interno l'ideogramma "koku" di paese, nazione e impero, a sottolineare maggiormente l'importanza del Giappone per Mishima. Lontano da questo spirito è invece il padre di Jirô, medico e proprietario di una clinica di chirurgia dello stomaco; questo scenario lascia emergere una contrapposizione tra i tessuti molli dell'intellettuale medio, visto come colui che trascura il proprio corpo, e la muscolatura forte dello sportivo, che Mishima descrive nei minimi particolari.

Il culto della forza e della rettitudine hanno un ruolo centrale nell'opera di Mishima, tanto da diventare vere e proprie regole di vita. L'uomo ha infatti solo due opzioni: essere forte e retto, oppure uccidersi. Questa idea radicale si incarna totalmente nella "via della spada". Nell'opera, il protagonista, acquisisce un'abilità grazie alla pratica ripetuta, nella quale la precisione del colpo della spada, che trasmuta la forza in pura violenza, equivale alla rettitudine morale e alla giustizia. La via della spada e la mistica che la avvolge, mettono in moto uno scenario che traduce la preparazione permanente al combattimento del guerriero nell'imminenza della morte. La breve vita di Jirô ne è un'illustrazione.

Lo sport diventa un'ascesi, la quale, per raggiungere l'obiettivo desiderato, richiede sofferenza. Jirô, come estensione del pensiero di Mishima, rimarca costantemente la necessità di ricercare il dolore, in quanto forza condizionatrice e fulcro dell'allenamento.

«Solo il dolore dell'allenamento condiziona quella sensazione di rinnovamento che si ha con l'annientamento di se stessi e in cui si sente, come un risveglio all'alba, qualcosa emergere nel proprio corpo.»

Una descrizione sensuale del frutto dello sforzo, un assaggio quasi erotico. Se la sofferenza attraverso l'esercizio fisico fornisce la sensazione di rinascita, infliggersi la morte porterebbe al culmine della vita.

In Mishima, tutto lo sport conduce alla forma più esteticamente incorporata di forza che si fonde con l'esito fatale. Il pathos tragico, spiega l'autore, nasce quando una sensibilità perfettamente media assume per un certo periodo una nobiltà privilegiata che tiene gli altri a distanza.[1]


Il tema della morte[modifica | modifica wikitesto]

Nella tradizione epica giapponese spiccano figure di eroi la cui apoteosi coincide con la morte, talvolta autoinflitta tramite seppuku, il taglio rituale del ventre.

L'opera che maggiormente ha influenzato la produzione letteraria di Yukio Mishima, per sua stessa ammissione, è l'Hagakure di Yamamoto Tsunetomo, testo che racchiude l'antica saggezza dei samurai sotto forma di brevi aforismi. Lo stesso Mishima, pochi anni prima del suo storico suicidio, scrisse un commento all'opera di Tsunetomo, trattando, tra le varie tematiche, anche quella della morte.

«Per Hagakure, quel che conta è la purezza dell’azione. […] Hagakure sostiene che persino una morte spietata, una futile morte che non dia né frutto né fiore, ha la sua dignità, in quanto morte di un essere umano. Se diamo un alto valore alla dignità della vita, come non possiamo pregiare anche la dignità della morte? Nessuna morte, quindi, può essere detta inutile.»


Opere derivate[modifica | modifica wikitesto]

Una versione cinematografica (Ken) del romanzo fu diretta nel 1964 da Kenji Misumi. La pellicola è ambientata nel Giappone degli anni '60 ed ha come protagonista Ichikawa Raizō VIII, uno dei più amati e conosciuti attori giapponesi, noto per le sue numerose apparizioni in film samurai e drammi Jidaigeki. Questa produzione di Misumi è una rara incursione nel gendai geki, film ambientati nel periodo moderno. Adattato dall'omonimo racconto di Yukio Mishima, Ken, racconta le vicende di un ragazzo ossessionato dal kendô e dai valori di forza e onore.[3] [4][5][6]

L'opera, uscita successivamente a Kiru (Uccidere con la spada), lungometraggio del 1962, anch'esso diretto da Misumi, rappresenta il secondo capitolo della cosidetta "Trilogia della spada", che viene completata nel 1965 da Kenki (La spada del demonio).[7]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Yukio Mishima, La spada / Yukio Mishima ; seguito da *Riflessioni sulla morte di Mishima, Henry Miller, Marguerite Yourcenar, Ornella Civardi, Bunzō Hashikawa, Donald Keene, Roberto Rossi Testa, Brossura, Milano, SE, 2009, 1963, ISBN 978-88-7710-761-9.


Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (FR) Frédéric Monneyron, Sport et imaginaire, su hal.archives-ouvertes.fr, 2013.
  2. ^ riportato in: Marcello Ghilardi, La morte dell'eroe nella tradizione giapponese
  3. ^ (FR) Frédéric Monneyron, Sport et imaginaire, su hal.archives-ouvertes.fr, 2013.
  4. ^ Antonio Rossiello, Limes: Mishima e i due lati del radicalismo, 2018, ISBN 978-88-278-3452-7.
  5. ^ (EN) Hayley Scanlon, Ken (剣, Kenji Misumi, 1964), su windowsonworlds.com, 2021.
  6. ^ (EN) Ken (剣, Kenji Misumi, 1964), su themoviedb.org.
  7. ^ Matteo Boscarol, Kenji Misumi, un autore inconsapevole, su ilmanifesto.it, 2022.