Utente:Lupo rosso/Sandbox/consultazione/fascismo corpi reppresione

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Voce principale: Antifascismo.

Correlazioni fra l'operato dei corpi di polizia e la repressione del dissenso nell'Italia fascista articolato nelle azioni del nascente antifascismo sono testimoniate dal libro di Angelo Tasca Nascita e avvento del fascismo - Il fascismo. Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia (Edizioni Avanti!, Milano, 1968), ristampa di un volume pubblicato nel 1921 sempre dalle Edizioni Avanti! che successivamente si occuperanno anche del libro che illustra la rivolta popolare antifascista del 30 giugno 1960 di Genova.

Fascistizzazione degli organi di repressione[modifica | modifica wikitesto]

La situazione del periodo del primo dopoguerra si può trarre anche da un'intervista a Giuseppe Di Vittorio a Felice Chilanti[1]:

«non bastava più contro di loro la testimonianza del padrone, sacra fino a quel giorno per i marescialli dei carabinieri e spesso per i giudici del tribunale; e non erano più soli a difendersi, con le testimonianze della povera gente che i marescialli dei carabinieri e spesso i giudici del tribunale consideravano prive di ogni valore giudiziario nei confronti della testimonianza del padrone che era necessariamente la verità»

Riguardo il periodo fra le due guerre particolarmente significativo è il seguente scritto tratto dal sito internet del Ministero dell'Interno[2]:

«Emblematica della commistione di ruoli tra Milizia, polizia e Ceka e dell'esistenza quindi di strutture parallele a quelle ufficiali, era la circostanza che Emilio De Bono, primo capo della Polizia fascista, fosse al tempo stesso comandante della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.»

Le premesse alla completa fascistizzazione dei corpi e degli organi di repressione dello stato sotto il regime fascista sono chiarite poi nel discorso dello stesso Duce, Benito Mussolini, tenuto il 26 maggio 1927[3]

«Veniamo alla Polizia. Fortunatamente, gli Italiani stanno liberandosi dei residui lasciati nei loro spiriti dai ricordi delle dominazioni straniere: asburgiche, borboniche, del granducato, per cui la Polizia rappresentava una funzione odiosa, abominevole, da evitare. Signori! è tempo di dire che la Polizia va, non soltanto rispettata, ma onorata. Signori: è tempo di dire che l'uomo, prima di sentire il bisogno della cultura, ha sentito il bisogno dell'ordine. In un certo senso si può dire che il poliziotto ha preceduto, nella storia, il professore, perché se non c'è un braccio armato di salutari manette, le leggi restano lettera morta e vile. Naturalmente ci vuole il coraggio fascista per parlare in questi termini.
L'onorevole Luigi Federzoni ha lasciato una legge di Pubblica Sicurezza. Abbiamo in Italia 60.000 carabinieri, 15.000 agenti di polizia, 5.000 metropolitani, 10.000 appartenenti alle Milizie, diremo così, tecniche: la Milizia Ferroviaria, la Portuale, la Postelegrafonica, la Stradale; tutte Milizie e Polizie che compiono un servizio regolare, perfetto ed utile. Poi abbiamo la Milizia Confinaria e finalmente la Milizia Forestale. Io calcolo che il regime ha un complesso di 100.000 uomini come forza di Polizia. È un numero imponente.
Bisogna epurare la Polizia, specie quella in borghese. Io non ho voluto aumentare il numero delle divise, non ho voluto cioè che i 15.000 agenti in borghese avessero la divisa.
Ma quando la polizia è in borghese e non controllabile attraverso l'uniforme, deve essere scelta, cioè deve essere composta di cittadini irreprensibili, zelanti e silenziosi. Tutti coloro che non hanno questi attributi, io li mando a spasso senza pietà. Così, in questi mesi, ho allontanato sette questori, quattro vice-questori, venti commissari, sei commissari aggiunti, cinque vice-commissari, ed ho fatto una rapida pulizia, ho dato un colpo di «ramazza» in quella Questura di Milano che non mi è mai piaciuta. Sono in corso altri 52 collocamenti a riposo di funzionari e di 37 impiegati del gruppo C.
Ma questo è il principio dell'epurazione. Dovrà essere continuata.
Poi bisogna dare i mezzi alla Polizia. La delinquenza moderna è avanzatissima, come progresso! Conosce la chimica, la fisica, la balistica, adopera tutti i mezzi più veloci. La Polizia italiana aveva ancora le vecchie automobili, che col rumore della loro incomposta ferraglia si annunziavano di lontano al delinquente, che faceva in tempo a fuggire. Abbiamo portato le autovetture della Questura da 161 a 611. Tutti i comandi di legione dei carabinieri hanno un'automobile. Altrettanto dicasi di tutti i comandi di legione della Milizia volontaria. La polizia dispone oggi, quindi, di 774 autovetture, di 290 camions, di 198 motocicli, di 48 natanti e motoscafi, e di 12.000 biciclette.»

Rapporto fra carabinieri e operazioni di repressione[modifica | modifica wikitesto]

Fra il personale rimosso nelle circostanze indicate da Mussolini nel suo discorso, vi erano anche Guido Jurgens (vedi Fatti di Sarzana), capitano dei carabinieri; Federico Fusco (vedi Difesa di Parma del 1922), prefetto di Parma; Vincenzo Trani, ispettore generale di pubblica sicurezza, a cui è stato poi dedicato il film tratto dal libro Il poliziotto per bene di Luigi Faccini[5].

Benito Mussolini non poteva fidarsi appieno dell'esercito, nel quale vi era state grosse defezioni di soldati postisi al fianco dell'ala anarco-bolscevico-sovversiva degli Arditi di Trieste poi confluiti negli Arditi del Popolo insieme ai legionari dell'Impresa di Fiume, e dei Bersaglieri di Ancona. A disturbare Mussolini era stato anche il familiarizzare fra soldati e rivoltosi nella difesa di Parma del 1922. Né il duce poteva fidarsi delle associazioni di reduci e dei loro legami con settori militari, in cui vi erano personalità monarchiche antifasciste, incluso Pietro Badoglio[6].

La citazione che segue, da Renzo De Felice, testimonia quanto Mussolini riuscì a rendere efficace quanto aveva programmato (vedi anche Fascismo e questione ebraica):

«Ma si macchiano di complicità con i nazisti pure le prefetture, la polizia e i carabinieri (alcune prefetture e comandi ci mettono uno zelo veramente incredibile, fatto al tempo stesso di fanatismo, di sete di violenza, di rapacità). È un fatto ormai accertato che i 4.210 ebrei deportati dopo l'Ordine n. 5, siano stati arrestati quasi tutti dalle autorità italiane.»

Ai Carabinieri - come è possibile apprendere dallo stesso sito dell'Arma[senza fonte] - fu affidata la repressione del dissenso politico e lo sviluppo di un imponente sistema di spionaggio interno. Dal 1931 al 1938 partirono 3.940 proposte di assegnazione al confino, 4.468 proposte di ammonizione sempre per motivi politici.

gli altri corpi di polizia[modifica | modifica wikitesto]

Per quanto riguarda la polizia,mentre se i carabinieri,seppur in maniera minoritaria partecipatono alla Resistenza,durante il susseguirsi degli eventi per quanto riguarda gli altri corpi di polizia l'asservimento al regime fascista fu totale,escludendo pochi casi ormai ben documentati.Giovanni_Palatucci,probabilmente venduto ai nazisti da qualche suo collega (si evince dalla sua storia),Giovanni_Palatucci ebbe contatti con la Resistenza solo per organizzare la fuga di Ebrei nel suo umanissimo e rischississimo lavoro che porto' alla salvezza di migliaia di appartenenti alla gente Ebraica.Maurizio GiglioMaurizio Giglio,

«.....L' operazione stata organizzata dal tenente della polizia fascista di Roma, Maurizio Giglio, in realta' agente dell' OSS (servizio segreto americano, Office of Strategic Service) con la radio ricetrasmittente operante da un barcone sul Tevere.....»

.Ettore Troilo,nel dopoguerra, la cui rimozione da prefetto di Milano per i suoi contatti con la Resistenza di matrice Azionista,provochera' una sommossa.Mentre nella fase dell'ascesa del fascismo ci saranno i casi dell'ispettore generale Vincenzo Trani e del prefetto Federico Fusco,uomini assolutamente non di sinistra ma non graditi al fascismo per la loro applicazione imparziale delle leggi,che verranno epurati.

Il corpo di polizia ,svilupatissimo durante il fascismo , annoverera' al suo interno le piu' tristemente note bande di torturatori (che operavano nelle altrettanto tristemente note ville tristi):erano affigliate alla pubblica sicurezza dalla banda Koch,il cui capo fu appuno eliminato dai carabinieri, alla banda Collotti ed alla banda Carita' ai torturatori della Casa dello studente di Genova o al tristemente noto a Genova prefetto Carlo Emanuele Basile con i suoi "editti" di deportazione di operai e tecnici in Germania(deportazione di operai e tecnici in Germania)

«Agli operai un ultimo avviso del Capo della Provincia Le misure delle autorità in caso di sciopero bianco o di allontanamento dal lavoro Lavoratori, c’è un vecchio proverbio che dice: Uomo avvisato è mezzo salvato. Vi avverto che qualora crediate che uno sciopero bianco possa essere preso dall’Autorità come qualcosa di perdonabile, vi sbagliate, questa volta. Sia che incrociate le braccia per poche ore, sia che disertiate il lavoro, in tutte e due i casi un certo numero di voi tratti a sorteggio verrà immediatamente, e cioè dopo poche ore, inviato, non in germania, dove il lavoratore italiano è trattato alla medesima stregua del lavoratore di quella Nazione nostra alleata , ma nei campi di concetramento dell’estremo Nord, a meditare sul danno arrecato alla causa della Vittoria: di una Vittoria da cui dipende la redenzione della nostra Patria disonorata non dal suo popolo eroico ma dal tradimento di pochi indegni. Il capo della Provincia Carlo Emanuele Basile»

da istituto storico Resistenza

«Il prefetto fascista di Genova, Basile, attuò la deportazione in massa degli operai liguri dopo i grandi scioperi che schierarono la classe operaia quasi senza defezioni dalla parte del movimento di liberazione. La presenza di formazioni partigiane alle spalle dello schieramento tedesco, sui monti dell'Appennino e le Alpi Marittime appena fuori, ma anche dentro le città, rese difficile ai tedeschi la difesa sia dal mare che dalla terra e li fece vivere come in stato di assedio.»

L'ex prefetto Emanuele Basile,nel dopoguerra sara',per la sua presenza a Genova onde presiedere il congresso missino,una delle cause scatenanti la rivolta antifascista diGenova del 30 giugno 1960. Per tale vicenda di Genova scrivera' Sandro Pertini nella presentazione del libro "A Genova non si passa" di Francesco Gandolfi,(edizioni Avanti! del 1960),libro dedicato alla rivolta antifascista di Genova :

«È Genova che ha riaffermato come i valori della Resistenza costituiscano un patronato sacro,inalienabile della Nazione intera e che chiunque osasse calpestarli si troverebbe contro tutti gli uomini liberi,pronti a a ristabililire l'antica unita' al di sopra di ogni differenza ideologica e di ogni contrasto politico»

Sugli omicidi Rosselli e Schiavi[modifica | modifica wikitesto]

Sull'uccisione di Carlo e Nello Rosselli è interessante produrre questo estratto:

«Nei pressi della cittadina francese, i due fratelli cadono nell'agguato teso loro da alcuni sicari del gruppo filofascista La Cagoule e sono massacrati a colpi di arma da fuoco e coltellate; mandanti del duplice omicidio, Mussolini e suo genero Galeazzo Ciano, alcuni ufficiali del SIM (Servizio Informazioni Militari), come ha provato l'istruttoria giudiziaria condotta a Roma nel 1944-45.[7]»

Fra gli organizzatori sara' implicato anche Mario Roatta,protagonista di una rocambolesca ed inspiegabile fuga ,nel dopoguerra,dlla prigione.

Ed ancora, il metodo utilizzato contro Lea Schiavi ricorda il complotto ordito nel 1937 nell'ambito del Ministero degli Esteri (Galeazzo Ciano) e del Sim (il colonnello dei carabinieri Santo Emanuele) per togliere di mezzo Carlo Rosselli. Anche in quel caso, subito dopo l'assassinio, fonti fasciste tirano in campo inesistenti responsabilità sovietiche,in cui è implicato il il colonnello dei carabinieri Santo Emanuele.

Tra i personaggi più influenti nel campo delle operazioni internazionali spicca la figura del colonnello dei carabinieri Ugo Luca, veterano nel campo delle operazioni coperte, attivo sin dalla grande guerra nei servizi speciali e specialista del Medioriente.

Profondamente turbata dalla visione delle persecuzioni razziali, decide di opporsi, per quanto le è possibile, alla guerra dell'Asse. A Bucarest conosce l'americano Winston Burdett, corrispondente della Columbia Broadcasting Corporation, col quale si fidanza e avvia un'attività informativa in favore degli angloamericani.

La donna lavora per la Transradio Press, con lo spirito di una combattente contro i nazifascisti; attivista del Movimento Libera Italia (Free Italy Movement), ne diviene propagandista nei circoli dell'emigrazione.

Il Sim accredita (per l'omicidio di Lea Schiavi) una matrice sovietica, ma le autorità russe smentiscono categoricamente ogni loro coinvolgimento. Prende forza la tesi dei mandanti italiani, ovvero del controspionaggio in combutta con elementi della rappresentanza diplomatica di Ankara: il principale indiziato è il colonnello Ugo Luca, "addetto commerciale" dell'ambasciata d'Italia in Turchia.

Il 21 aprile 1945 Burdett si reca a Roma e denunzia alla magistratura l'ufficiale dei carabinieri; costui, alla presenza del funzionario dell'ambasciata di Ankara Lauro Laurenti, avrebbe "per ben due volte dichiarato che egli era personalmente responsabile per avere, in seguito ad istruzioni pervenutegli da Roma, organizzato l'assassinio di Lea Schiavi, notoria antifascista.

Inoltre i nuovi mezzi di comunicazione facilitano la repressione a danno dell'antifascismo:

«Grazie pure all'utilizzo dei sistemi di comunicazione, allora rappresentati da radio e giornali. Tuttavia di fronte al levigato linguaggio burocratico con cui prefetti, questori, podestà, carabinieri, direttori didattici, presidi e semplici impiegati pubblici trattavano le pratiche razziali, si avverte un senso di disagio, acuito dal fatto che solo una manciata di decenni ci separa da quel periodo.[8]»

mentre invece per quanto riguarda l'avvento del fascismo, si può leggere nel sito dell'arma dei carabinieri[senza fonte]

«Per quanto riguarda la marcia su Roma, nonostante le precedenti acquiescenze e connivenze, le forze armate (e i Carabinieri in primo luogo) avrebbero eseguito l'ordine del re. Quattro fucilate avrebbero riprodotto in grande quanto accaduto durante i fatti di Sarzana ed avrebbero risparmiato molti lutti.»

Va ricordato che carabinieri, al comando del capitano Guido Jurgens, ed Arditi del Popolo impartirono una pesante sconfitta agli squadristi fascisti calati per dare una lezione ai sovversivi della roccaforte Spezzina. Altrettanto chiaro e' il giudizio su Benito Mussolini sul metodo usato per la presa del potere, si legge sempre nel sito web dei Carabinieri[9]:

«Il colpo di Stato mussoliniano è da manuale: infiltrazione graduale di apparati statali con simpatizzanti; creazione di un movimento politico; riuscita dimostrazione di forza; progressiva e rapida occupazione dello Stato. Nessuno spargimento di sangue, paralisi della classe dirigente, neutralità dei reparti non amici, cattura dell'opinione pubblica. Nei mesi seguenti viene operata la fascistizzazione della vita pubblica e privata dell'Italia in un crescendo di leggi liberticide e sempre più invadenti...
Ma mano a mano che il regime venne affermandosi, quei progetti che erano tesi a creare una polizia al servizio del partito (fascista) e delle autorità si fecero palesi. All'inizio della sua scalata al potere, pur affidando alla sola Arma dei Carabinieri il servizio di polizia, sciogliendo la "Guardia Regia" e facendo confluire nell'Arma il Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza e i 12.000 uomini del "Ruolo Specializzato" - regio decreto 31 dicembre 1922 - il fascismo preparò l'attuazione di tale disegno.»

Sempre dal sito dell'arma si trae anche un'informazione su come componenti della chiesa si fossero organizzate in modo militare contro il sovvertivismo[10]

«Il fenomeno della reazione armata all'insurrezionalismo "rosso" fu spontaneo. L'idea di aggregarsi per reagire non nacque dai "Fasci". All'inizio del 1919 il cardinale di Milano, Andrea Carlo Ferrari, formò un gruppo di giovani ardimentosi che prese il nome di Avanguardia Cattolica. Il motto "O Cristo o morte" dava la misura della drammaticità della situazione, specie nel milanese, roccaforte socialista. A partire dall'autunno del 1920, nacquero le Squadre d'Azione dei Fasci. Lo squadrismo, scrive Francesco Perfetti, «fu un fenomeno a sé, che pesò in maniera determinante sul fascismo e sul suo sviluppo, anche per una acquisita dimensione mitica». Roberto Vivarelli così ne descrive la composizione: «... nelle prime formazioni squadriste erano certamente confluiti uomini ai margini della delinquenza, avventurieri [...] di questa componente i Fasci manterranno a lungo il segno e, tuttavia, essa diventerà, ben presto, secondaria [...] L'obiettivo che i Fasci si prefissero fu quello di una sistematica occupazione del territorio, spazzando via le forze avversarie, organizzazioni sindacali e amministrazioni locali, attraverso incursioni (spedizioni punitive) che miravano alla devastazione di sedi e all'intimidazione. Tutto ciò era in gran parte il frutto di uno spontaneo consenso, che accompagnò il sorgere della reazione fascista per più di una ragione ...».»

Anche in colonia la situazione era di repressione verso qualunque ideologia non fosse conforme al fascismo[11]:

«Sotto il titolo: "1925 - Inizio attacchi repressivi del regime fascista agli studenti biblici":
Dal gennaio 1925, il potere di Mussolini era ormai ben saldo e il processo di fascistizzazione delle istituzioni e della società in quest'anno, si delineava in maniera netta, più che prima. Una delle prime preoccupazioni del Duce, fu quello del riassetto delle forze di polizia e più in generale dei corpi armati.
Nel campo delle forze di Polizia (qui quello che ora più ci interessa) si avvertì l'esigenza di creare uno strumento proprio che fosse fedele allo Stato fascista piuttosto che allo Stato di diritto e che si caratterizzasse come un corpo esclusivamente poliziesco repressivo. L'arma dei carabinieri aveva ben svolto un ruolo repressivo durante tre anni di transizione, ma dalla polizia il fascismo voleva molto di più: una presenza effettiva capillare nella società, il controllo totale della vita pubblica e privata di tutti i cittadini. Non solo repressione, quindi, ma anche vigilanza di prevenzione. Per raggiungere quest'obiettivo era necessario un corpo alle dirette dipendenze del Ministro dell' Interno, (di Mussolini, quindi, che ricoprì ad Interim la carica una prima volta dal 31.12.1922 al 17.6.1924 [dal 17.6.1924 al 6.11.1926 il dicastero venne retto da Luigi Federzoni] e una seconda la più lunga e la più importante dal 6.11.1926 al 25.7.1943 quando fu arrestato) che avesse notevole celerità e mobilità nell'intervento.»

E ancora[12]

«Le squadre fasciste avevano armi, mezzi di trasporto, il tacito consenso di Carabinieri e Polizia per cui fu possibile per loro avere il sopravvento anche sui lavoratori più sovversivi come lo erano i contadini dell'Oltrepò Pavese ...»

Campi di internamento civile nell'Italia fascista[modifica | modifica wikitesto]

Va considerato anche che un certo numero di campi concentramento italiani furono retti o ebbero la partecipazione di carabinieri. Particolare importanza ha il periodo in cui i campi di concentramento italiani furono allestiti. Di certo, otto campi di concentramento fascisti e/o nazifascisti furono retti da carabinieri[13]:

«C'erano in questo campo 4000 persone, che in maggio, come risulta sempre da questi documenti della Censura, erano stati picchiati dai carabinieri con "botte da orbi" perché "quando hanno saputo che abbiamo perso la Tunisia, si sono messi tutti a gridare "Viva la Russia

Una testimonianza, quella di Slavko Malnar[14]

«La situazione più difficile e vergognosa è stata quando dovevamo tutti assieme spogliarci nudi per la doccia; non osavo alzare gli occhi da terra. Posso solo immaginare come fosse penoso per le mamme e gli altri adulti. Le ragazze provavano a tenere le mutandine, ma i carabinieri gliele strappavano di dosso. Alla doccia seguente non c'era più bisogno perché quelle strappate erano l'unico paio che avevano avuto.»

Secondo studi recenti fra i campi di internamento che ebbero la partecipazione dei carabinieri fi vurono anche quelli di Campagna, in provincia di Salerno, ovvero i campi denominati Campo San Bartolomeo e Campo della Concezione[15]:

«L'8 giugno erano già dislocati a Campagna - per svolgere il servizio di vigilanza - 12 carabinieri, di cui due sottufficiali, e 15 agenti di Pubblica Sicurezza, compreso un sottufficiale ed escluso il funzionario che non era ancora giunto da Lampedusa.
[...]
Con un telegramma datato 8 settembre 1939 l'allora Prefetto Bianchi, pur facendo presente al Ministero dell'Interno che esistevano diverse località idonee alla costituzione di colonie per confinati comuni nella provincia di Salerno, propose Campagna.
Anche a Sassoferrato i reclusi erano "affidati" ai carabinieri che non risultano in relazione al campo comunque presente ma per la vigilanza ai lavori forzati.»

E ancora[16]:

«La maggior parte degli internati, come si evince dalla corrispondenza, era definita "allogena" della Venezia Giulia (di altra stirpe diversa dallo Stato Nazionale in cui si trova) ed alcuni sono stati utilizzati per la realizzazione dell'acquedotto di Arcevia. La vigilanza dei Campo era stata affidata ad una postazione fissa di Carabinieri (4 carabinieri più un sottufficiale).»

Sui lager della Toscana dimenticati[17]:

«Lo storico Enzo Collotti sta per pubblicare due volumi con il contributo della Regione Lager toscani dimenticati e Gli ebrei erano raccolti qui [...] C´erano campi a Bagno a Ripoli, Civitella e altri. Ma se ne parla poco.»

Riguardo la situazione nel meridione d'Italia[18]

«Lo storico tedesco Gerhard Schreiber, nel suo ultimo lavoro, riconduce gli eccidi nazisti nel Sud al rancore accumulato contro gli italiani dopo il "tradimento" del 25 luglio, sottolineando le gravi responsabilità non solo delle SS ma anche degli ufficiali dell'esercito regolare tedesco, che agirono per "spirito di vendetta". Ma la colpa non fu solo dei tedeschi. In uno studio sulla Resistenza nel Sud, uscito di recente, Aldo De Jaco documenta che anche alcuni ufficiali e carabinieri italiani favorirono la politica delle stragi oppure non vi si opposero in alcun modo.»




Per quanto riguarda la generalità dell'immediato dopoguerra dall'analisi di Mario Coglitore, autore del libro "La notte dei gladiatori, omissioni e silenzi della Repubblica", (Calusca edizioni, Padova 1992) scrive:

«Diamo un rapido sguardo alla situazione delle forze di Polizia negli anni '50: su 64 prefetti di primo grado, 64 prefetti non di primo grado e 241 prefetti, soltanto due non erano di provenienza fascista; di 135 questori e 139 vicequestori, soltanto 5 avevano avuto rapporti con la Resistenza; e, infine, su 603 commissari, commissari aggiunti e vicecommissari, solo 34 erano stati in contatto con i partigiani

confrontare circolo Papini,la democrazia apparente di Mario Coglitore Un caso collegato alla situazione sopradescritta è quello relativo al prefetto Ettore_Troilo,ad esempio,cioe'la successiva epurazione dai corpi di polizia di coloro che avevano avuto legami e/o erano stati appartenenti alla Resistenza. interessante risulta altresì quanto scrive il sito dei bersglieri in merito alle mancate epurazioni di fascisti e/ facili amnistie all'interno degli organi di polizia e dei servizi:

«È vero che parallelamente iniziò la riorganizzazione delle forze di polizia,da cui furono esclusi quasi tutti gli ex partigiani, soprattutto comunisti, insomma cominciò il ritorno all'ordine.»

da Centro di Orientamento Sociale fondato da Aldo Capitini

«Una violenta campagna di stampa costrinse i servizi a cambiare nome, accusando il generale Orlando di complicità nella fuga. Ma nel dopoguerra, (siamo ancora nel 45) nel corso di un processo che si celebrò a Roma, la verità venne a galla, con la certificazione della responsabilità diretta del duce ed anche quella del maresciallo Pietro Badoglio nell'assassinio dei fratelli Rosselli.Badoglio, che continuava a godere di forti appoggi, riuscì però ad uscire indenne dalla losca storia, e a pagare - se così si può dire - fu soltanto il generale Mario Roatta, l'unico a finire sul banco degli imputati. Comunque per poco. Incredibilmente, proprio alla vigilia del verdetto egli riuscì infatti a fuggire dal carcere-ospedale e a svanire nel nulla, sottraendosi ad una pena (ergastolo) che - secondo una consueta tradizione tutta italiana - gli verrà in seguito amnistiata. Mario Roatta è morto a Roma nel 1968.Del complesso personaggio, in rete, si possono ritrovare indifferentemente accuse di genocidio e salvacondotti morali. Per quanto riguarda le accuse di genocidio, il personaggio non risulta abbia mai trascorso un giorno di carcere (effettivo). Per quanto riguarda il salvacondotto morale un gruppo di Ebrei lo ringrazia pubblicamente e personalmente per aver capito che consegnare gli ebrei ai tedeschi avrebbe danneggiato il prestigio degli italiani, con gravi ripercussioni nel rapporto con le popolazioni occupate. Da qui la scelta di internarli.....»

da la corsa infinita

Mario Roatta è uno dei mandanti dell'omicidio di Carlo Rosselli.


Per quanto riguarda i fatti di Reggio Emilia,quasi contemporanei a quelli di Genova:

da infoPRC

«Era il pomeriggio del 7 luglio 1960, quando 350 uomini della Celere armati di pistola e mitra caricarono 300 operai delle officine di Reggio Emilia in sciopero, armati di maniche di camicia e nient'altro. È un massacro, Afro Tondelli muore schiacchiato da una jeep, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Lauro Ferioli e Marino Serri cadono a terra sotto colpi d'arma da fuoco. È di loro che parla la più struggente canzone del repertorio operaio italiano, "Morti di Reggio Emilia"..... Il presidente del consiglio era Ferdinando Tambroni,così riferì al Parlamento dopo i fatti di Reggio: "circondati dai dimostranti che tiravano sassi, gli agenti furono costretti a sparare per legittima difesa"»

un libro che parla del periodo è dello storico inglese Philip Cooke: "Luglio 1960, Tambroni e la repressione fallita" un articolo di Rossana Rossanda che tratta del periodo sintesi di Rossana Rossanda

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Fonte: Rassegna.it, dalla vita di Giuseppe Di Vittorio a cura di Felice Chilanti
  2. ^ Fonte: Interno.it
  3. ^ Conosciuto come Discorso dell'Ascensione, riportato in Il regime fascista per la grandezza d'Italia - discorso pronunciato il 26 maggio 1927 alla Camera dei Deputati, Roma, Libreria del Littorio, 1927
  4. ^ Si riferisce all'opera lirica I maestri cantori di Norimberga.
  5. ^ Fonte: Comune.sarzana.sp.it
  6. ^ Fonte: Romacivica.net
  7. ^ Fonte: Storia900bivc.it a cura di Mimmo Franzinelli
  8. ^ Fonte: Centro Imolese Documentazione Resistenza Antifascista e storia contemporanea
  9. ^ Fonte: Carabinieri.it
  10. ^ Fonte: Carabinieri.it
  11. ^ Fonte: Triangoloviola.it
  12. ^ Fonte: Comune.cigognola.pv.it
  13. ^ Fonte: Gonarsmemorial.org - Memoria del campo di concentramento di Gonars, provincia di Udine - e Info sul campo di concentramento di Gonars
  14. ^ Fonte: Testimonianza di Slavko Malnar
  15. ^ Istituto Palatucci
  16. ^ Fonte: Israele Urbis Sassoferrato
  17. ^ Fonte: Ucei.it
  18. ^ Fonte. Argoeditrice.it - Aldo de Jaco, La Resistenza al sud nel 1943

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • I campi del duce. L'internamento civile nell'Italia fascista (1940-1943) Carlo Spartaco Capogreco

Einaudi 2004

  • Renicci. Un campo di concentramento in riva al Tevere 1ª ed. Italiano

Carlo Spartaco Capogreco Mursia 2003

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Template:Campaignbox Spanish Civil War

The XV International Brigade fought for the Spanish Second Republic in the Spanish Civil War as a part of the International Brigades. It was mustered at Albacete, Spain, in January 1937, comprising many English-speaking volunteers - arranged into a mostly British British Battalion and a mostly North American Lincoln Battalion - plus two non-English-speaking battalions, the Balkan Dimitrov Battalion and the French Sixth February Battalion.

The XVth Brigade first fought at the Battle of Jarama in February 1937 and suffered terrible casualties. The British lost 225 men from 600[1]; the Lincolns 120 from 500 [2]. After the battle, the brigade was seriously understrenth.

At the end of March, a Spanish battalion, Volontario 24 (24th Volunteers) joined the brigade. Over the next few months, under the close supervision of Janos Galicz, the brigade was re-organised into two regiments of about 1,200 men. He appointed "the gallant major" [3], George Nathan, as brigade Chief of Staff.

The first regiment, commanded by Jock Cunningham, with Harry Haywood as political commissar [4], was English-speaking and comprised the depleted British and Lincolns; as well as the recently formed but understrength second battalion of American volunteers, George Washington Battalion. The second regiment was commanded by Major "Chapaiev" (Miklos Szalway [5] and consisted of the Dimitrov Battalion, the Sixth February Battalion and the Volontario 24 Battalion.

This was the composition in July 1937 for the Battle of Brunete. As with Jarama, the brigade suffered huge casualties and "brigade strength was reduced from four to two battalions". [6] In particular, the two American battalions were so depleted that they merged to form the Lincoln-Washington Battalion [7] (This name didn't last: it was re-named the Lincoln Battalion in October 1937. Two additional battalions - the nominally Canadian Mackenzie-Papineau Battalion and the Latin-American Español Battalion - joined the brigade to (again) make up numbers.


Battalions: overview[modifica | modifica wikitesto]

Date joined Number Battalion Name Composition Date left Comments
31 Jan 1937 16th British Battalion British, Irish, Dominion 23 Sep 1938 Demobilised
31 Jan 1937 17th Lincoln Battalion US, Canada, Irish, British 23 Sep 1938 Demobilised
31 Jan 1937 18th Dimitrov Battalion Balkan 20 Sep 1937 Moved to 45th Div. Reserve
31 Jan 1937 19th Sixth February Battalion French & Belgian 4 Aug 1937 Moved to 14th Brigade
14 Mar 1937 24th Volontario 24 Spanish volunteers 10 Nov 1937 Moved to Spanish brigade
5 Apr 1937 ~ Español Battalion Latin Americans 23 Sep 1938 Demobilised
29 Jun 1937 ~ Mackenzie-Papineau Battalion Canadian & US 23 Sep 1938 Demobilised
4 Jul 1937 20th Washington Battalion US 14 Jul 1937 Merged with Lincoln Battalion[8]


  • Sub-battalion units attached to the Brigade
    • Brigade Anti-Tank Company
    • XVth Brigade Photographic Unit (Aug 1937-Sep 1938) Archive

Notable people[modifica | modifica wikitesto]

References and footnotes[modifica | modifica wikitesto]

%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%

  1. ^ Beevor (2006), p. 211
  2. ^ Beevor (2006), p. 214
  3. ^ Thomas (2001) p693
  4. ^ Eby (2007), p174
  5. ^ Eby (2007), p174
  6. ^ Beevor (2006) p 285
  7. ^ Eby (2007), p 196. "... losses in killed and wounded approached four hundred out of close to eight hundred just eight days before..."
  8. ^ Briefly known as the Washington-Lincoln Battalion