Utente:Harlock81/Prova8

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Programma Voyager[modifica | modifica wikitesto]

Cenni storici[modifica | modifica wikitesto]

L'ideazione del "Grand Tour" e prime proposte per attuarlo[modifica | modifica wikitesto]

La genesi del Programma Voyager può essere fatta risalire all'estate del 1965, quando lo Space Science Board (Comitato di scienza spaziale) della National Academy of Sciences indicò alla NASA due possibili strategie di esplorazione dei pianeti del sistema solare esterno: missioni di ricognizione verso ciascun pianeta oppure uno studio approfondito di Giove, con orbiter e sonde atmosferiche.[1] Nell'ottobre dello stesso anno, Gary Flandro un ingegnere aerospaziale del Jet Propulsion Laboratory (JPL), pubblicò la scoperta che un allineamento tra i pianeti del sistema solare esterno (che si verifica una volta ogni 175 anni), avrebbe permesso ad un veicolo spaziale lanciato dalla Terra tra il 1976 ed il 1980 di eseguire quello che venne indicato come il "Grand Tour": sorvoli ravvicinati dei quattro giganti gassosi, sfruttando opportunamente l'effetto fionda gravitazionale di ciascun di essi per raggiungere il successivo e completare la missione in 12 anni rispetto ai 30 necessari per un volo diretto dalla Terra a Nettuno.[2][3] Nel 1966, il JPL iniziò quindi a sviluppare una proposta di missione in tal senso, promossa da Homer Joe Stewart, a capo del settore pianificazione delle missioni per l'istituto.[4]

Nel 1969, la NASA istituì l'Outer Planets Working Group (Gruppo di lavoro sui pianeti esterni), il quale raccomandò all'agenzia di sviluppare due missioni interplanetarie che prevedessero il sorvolo di tre pianeti ciascuna (ad ogni missione sarebbe corrisposto l'impiego di due sonde, per ridondanza[5]): una diretta verso Giove, Saturno e Plutone, con lancio nel 1977; l'altra diretta verso Giove, Urano e Nettuno, con lancio nel 1979. A questa impostazione sarebbe corrisposta una durata inferiore per ciascuna missione rispetto al compimento del Grand Tour con un unico velivolo, alleviando le difficoltà nella progettazione delle sonde.[6] Andrew J. Butrica, tuttavia, attribuisce tale raccomandazione anche alle modalità con cui i membri del gruppo di lavoro furono selezionati: ciascun centro di ricerca della NASA aveva inviato due propri rappresentanti che, nel valutare le proposte, tennero conto degli interessi dei centri di ricerca stessi, i quali in ultimo sarebbero stati incaricati di costruire le navicelle. A suo dire, quindi, fu ciò che li guidò nel caldeggiare una soluzione che prevedeva un numero di sonde maggiori rispetto alla possibilità offerta dal Grand Tour di utilizzare un unico veicolo.[7] Considerato il successo del Programma Mariner nell'esplorazione del sistema solare interno, inoltre, l'Outer Planets Working Group esortò la NASA ad attivare un analogo programma per il sistema solare esterno.[7]

Nello stesso anno, il JPL si propose per la costruzione delle sonde, dando seguito alla fase progettuale inziata nel 1966. Ciascun veicolo, indicato Thermoelectric Outer Planet Spacecraft (TOPS), sarebbe stato equipaggiato con quattro generatori termoelettrici a radioisotopi, un'antenna ad alto guadagno di 4,3 m di diametro e con un computer in grado di eseguire procedure di auto-diagnostica e riparazioni di eventuali guasti (indicato come Self-Testing and Repair, STAR), il cui prototipo aveva però dimensioni enormi.[8] Per la sola fase di sviluppo, soprattutto a causa del computer STAR,[9] era stimata una spesa di 17,5 milioni di dollari;[8] il costo finale della missione avrebbe potuto superare il miliardo di dollari.[9][10]

Dalla riunione estiva dello Space Science Board nel 1969 giunse, infine, il sostegno che convinse la NASA ad avanzare richiesta di finanziamento, per l'anno fiscale 1971, per per quattro sonde TOPS, che avrebbero condotto le due missioni proposte dall'Outer Planets Working Group. Tuttavia, la Presidenza Nixon introdusse, nel bilancio dell'agenzia spaziale per quello stesso anno, un taglio di 75 milioni di dollari, molti dei quali ricaddero sulla missione.[11] La NASA cercò allora il supporto della comunità scientifica e si rivolse nuovamente allo Space Science Board nel 1970, che però produsse documenti contrastanti: mentre un comitato esecutivo diretto da Herbert Friedman consigliò di concentrare gli sforzi su Giove, il gruppo di lavoro sull'esplorazione planetaria (Planetary Exploration Working Group) raccomandò di non perdere l'occasione rappresentata dal Grand Tour.[12]

Nel confronto che ne seguì nella comunità scientifica e nel Congresso, la missione entrò in competizione per i finanziamenti con gli sforamenti nel bilancio del Programma Viking e con i progetti di costruzione di un telescopio spaziale e dello Space Shuttle. Ne derivò la percezione che le sonde TOPS fossero troppo costose e la NASA fu invitata a presentare una proposta meno ambiziosa.[9] Con il supporto dello Space Science Board riunitosi nell'estate del 1971, nel dicembre dello stesso anno l'amministratore della NASA James C. Fletcher presentò la richiesta di finanziamento per l'anno fiscale 1973 della meno costosa Mariner Jupiter-Saturn, cui il Congresso accordò 360 milioni di dollari.[13][10]

Mariner Jupiter-Saturn[modifica | modifica wikitesto]

Il Programma prevedeva il lancio di due sonde identiche nel 1977, che avrebbero sorvolato Giove ed utilizzato la spinta gravitazionale del pianeta per raggiungere Saturno. Lo sviluppo e la costruzione delle sonde furono assegnati al Jet Propulsion Laboratory (JPL), con Harris M. Schurmeier quale Project manager.[14]

Le sonde sarebbero state lanciata utilizzando le finestre di lancio del Grand Tour; il Grand Tour rimaneva quindi ancora nelle possibilità della missione, se fossero cambiate successivamente le condizioni e se le sonde fossero state in grado di funzionare per gli anni necessari a completarlo. Ai progettisti del JPL fu quindi ufficiosamente richiesto di adottare delle soluzioni che avrebbero permesso di utilizzare le sonde per esplorare anche Urano e Nettuno.[14]

Nel 1973 esistevano ancora molte incertezze sugli ostacoli che le due sonde avrebbero potuto incontrare nell'attraversare una regione del sistema solare che non era ancora stata esplorata.[15] Alcuni studiosi, ad esempio, ritenevano che gli asteroidi della fascia principale fossero così numerosi da impedirne un attraversamento incolume per un veicolo spaziale. Così le sonde Pioneer 10 e 11, lanciate rispettivamente il 2 marzo 1972 e il 5 aprile 1973 nell'ambito del Programma Pioneer che l'Ames Research Center dirigeva per la NASA,[16] fecero da vere e proprie apripista per le sonde Voyager e, in alcune occasioni, si preferì sacrificare il ritorno scientifico che si sarebbe potuto ottenere dalle due missioni per saggiare le traiettorie che le sonde Voyager avrebbero successivamente percorso nei sistemi di Giove e di Saturno.[17] D'altra parte, le scoperte che le Pioneer fecero nell'esplorazione dei due giganti gassosi guidarono la selezione degli strumenti di cui le due Voyager sarebbero state dotate.[15]

Altri 7 milioni di dollar stanziati dal Congresso permisero, tra le altre cose, di sviluppare un computer riprogrammabile, che fu fondamentale per il successo della missione.[14] Furono selezionati undici strumenti e la responsabilità della progettazione e costruzione di ciascuno di essi fu assegnata al principal investigator, la maggior parte dei quali provenienti dal Goddard Space Flight Center.[18]

In ultimo, la NASA scelse di cambiare nome alle due missioni che avevano di gran lunga superato la semplice progettazione delle precedenti missioni Mariner. Fu così indetto un concorso dal quale provenne il nome Voyager. Tuttavia, la decisione fu comunicata solo nel marzo del 1977, ormai in prossimità del lancio, e generò confusione nella denominazione delle due sonde, che appariranno come Voyager 1 e 2, Mariner 11 e 12 e, anche, Voyager 11 e 12.[19]

Le missioni Voyager[modifica | modifica wikitesto]

Le due sonde erano state lanciate da Cape Canaveral nell'estate del 1977: il Voyager 2 il 20 agosto e il Voyager 1 il 5 settembre. La loro denominazione non rispecchiava l'ordine al lancio, ma quello di arrivo ai loro obiettivi. Il Voyager 1 infatti era stato lanciato su una traiettoria più veloce che lo portò a precedere il compagno di circa 3 mesi nel sorvolo di Giove. L'anticipo aumentò ulteriormente a 9 mesi nel sorvolo di Saturno perché il sorvolo di Giove, più stretto per l'1 che per il 2, impartì alla sonda un ulòteriore accelerazione.

Appunti[modifica | modifica wikitesto]

Volo diretto[20]
Missione Energia minima di lancio,
C3 (km/s2)
Durata (anni)
Terra-Giove 86,5 2,5
Terra-Saturno 108,8 6,1
Terra-Urano 126,1 16,0
Terra-Nettuno 135,0 30,7
Terra-Plutone 135,3 45,7
Traiettorie multiplanetarie[21]
Missione Energia di lancio,
C3 (km/s2)
Durata (anni)
Ter-Gio-Sat 150 2,29
Ter-Gio-Ura 130 5,36
Ter-Gio-Net 150 6,9
Ter-Gio-Plu 150 6,9
Ter-Gio-Sat-Ura-Net
"Grand Tour"
130[22] 8,5
Traiettorie e posizione delle sonde Pioneer 10 e 11 e Voyager 1 e 2 nell'aprile del 2007.
Le traettorie che hanno permesso alle sonde Voyager di visitare i pianeti esterni e acquisire la velocità necessaria a sfuggire al sistema solare.

Le sonde Voyager furono originariamente concepite come parte del Programma Mariner, ottenendo la designazione di Mariner 11 e 12. Il programma, indicato Mariner Jupiter-Saturn, fu successivamente rinominato in Voyager per tener conto dei progressi tecnici conseguiti nella progettazione e costruzione delle sonde (rispetto alle sonde Mariner), per poter realizzare gli obiettivi della missione.[23]

Of the two space probes of the Voyager Program, Voyager 2 was launched first. Its trajectory was designed to take advantage of an unusual alignment of the planets (that occurs once every 177[senza fonte] years) that allowed one space probe to fly by Jupiter, Saturn, Uranus, and Neptune, if everything went well. Of course, in case of a serious malfunction, such as in all of the space probe's radio transmitters or receivers, then that would have been the end of the long mission (to four planets), since there was not a second space probe to fill the gap. That was the gamble that NASA and the JPL were forced to take.

Voyager 1 was launched after its sister probe, but along a shorter and faster trajectory that sent it to Jupiter and Saturn sooner—but at the cost of not visiting any more of the outer planets. Voyager 1 also had the high-priority mission of making a close fly-by of the Saturnian moon Titan, which was known to be quite large and to possess a dense atmosphere very much worth studying.[24]

During the 1990s, Voyager 1 overtook the slower deep-space probes Pioneer 10 and Pioneer 11 to become the most distant manmade object from Earth, a record that it will keep for the foreseeable future. Even the faster (at its launch) New Horizons space probe will not pass it, since the final speed of New Horizons (after maneuvering within the solar system) will be less than the current speed of Voyager 1.

Voyager 1 and Pioneer 10 are the most widely separated manmade objects anywhere, since they are traveling in roughly opposite directions from the Solar System.

Periodic contact has been maintained with Voyager 1 and Voyager 2 to monitor conditions in the outer expanses of the Solar System. The radioactive power sources of both spacecraft were still producing significant amounts of electric power Template:As of, keeping them operational, and it is hoped that this will allow the heliopause of the Solar System to be located and investigated.

In late 2003 Voyager 1 began sending data that seemed to indicate it had crossed the termination shock, but interpretations of these data are in dispute, and it was later believed that the termination shock was crossed in December 2004. The heliopause remains an unknown distance ahead.

On December 10, 2007, instruments on board Voyager 2 sent data back to Earth indicating that the solar system is asymmetrical. It has also reached the termination shock, about 10 billion miles from where Voyager 1 first crossed it, and is traveling outward at roughly 3.3 AU per year.

In August 2009 Voyager 1 was over 16.5 terameters (16.5{{e|12}} meters, or 16.5{{e|9}} km, 110.7 AU, or 10.2 billion miles) from the Sun, and thus had entered the heliosheath region between the solar wind's termination shock and the heliopause (the limit of the solar wind). Beyond the heliopause is the bow shock of the interstellar medium, beyond which the probes enter interstellar space and the Sun's gravitational influence on them is exceeded by that of the Milky Way galaxy in general. At the heliopause, light from the Sun takes over 16 hours to reach the probe.

By December 2010 Voyager 1 had reached a region of space where there was no net velocity of the solar wind. At this point, the wind from the Sun may be canceled out by the interstellar wind. It does not appear that the spacecraft has yet crossed the heliosheath into interstellar space.[25]

On June 10, 2011, scientists studying the Voyager data noticed what may be giant magnetic bubbles located in the heliosphere, the region of our solar system that separates us from the violent solar winds of interstellar space. The bubbles, scientists theorize, form when the magnetic field of the Sun becomes warped at the edge of our Solar System.[26]

On 15 June 2012, scientists at NASA reported that Voyager 1 might be very close to entering interstellar space and becoming the first manmade object to leave the inner Solar System.[27][28]

On September 12, 2013, NASA announced that Voyager 1 had crossed the heliopause and entered interstellar space on August 25, 2012, making it the first manmade object to do so.[29][30][31][32][33][34]

Caratteristiche tecniche[modifica | modifica wikitesto]

Strumenti ed esperimenti scientifici[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Andrew J. Butrica, p. 253, 1998.
  2. ^ (EN) Gary A. Flandro, Utilization of Energy Derived from the Gravitational Field of Jupiter for Reducing Flight Time to the Outer Solar System, in JPL, Space Programs Summery, IV, n. 37-35, 1965, pp. 12-23. Citato da Andrew J. Butrica, p. 254, 1998.
  3. ^ Mark Littmann, pp. 95-98, 1988. L'articolo, a firma di Gary A. Flandro, è accessibile qui. URL consultato il 27 settembre 2013.
  4. ^ Andrew J. Butrica, pp. 254-255, 1998.
  5. ^ Andrew J. Butrica, p. 259, 1998.
  6. ^ Al 1969 la NASA non aveva ancora lanciato missioni dalla durata superiore ai circa 3 anni del Mariner 4, che aveva eseguito un fly-by di Marte nel luglio del 1965, e appariva un'impresa non da poco sviluppare una tecnologia sufficientemente affidabile da funzionare per oltre un decennio in modalità semi-automatica. Cfr. Mark Littmann, p. 94, 1988.
  7. ^ a b Andrew J. Butrica, pp. 255-256, 1998.
  8. ^ a b Ben Evans, David M. Harland, pp. 46-48, 2004.
  9. ^ a b c Andrew J. Butrica, pp. 260-261, 1998.
  10. ^ a b Mark Littmann, p. 94, 1988.
  11. ^ Andrew J. Butrica, pp. 256-257, 1998.
  12. ^ Andrew J. Butrica, p. 258, 1998.
  13. ^ Andrew J. Butrica, pp. 261-262, 1998.
  14. ^ a b c Andrew J. Butrica, pp. 262-264, 1998.
  15. ^ a b Andrew J. Butrica, p. 266, 1998.
  16. ^ (EN) The Pioneer Missions, su nasa.gov, NASA, 26 marzo 2007. URL consultato il 3 luglio 2014.
  17. ^ (EN) James Schalkwyk, NASA Celebrates Four Decades of Plucky Pioneer 11, su nasa.gov, NASA, 5 aprile 2013. URL consultato il 3 luglio 2014.
  18. ^ Andrew J. Butrica, pp. 265-267, 1998.
  19. ^ Andrew J. Butrica, pp. 267-268, 1998.
  20. ^ Gary A Flandro, p. 330, 1966.
  21. ^ Gary A Flandro, p. 336, 1966.
  22. ^ La particolare configurazione della traiettoria richiesta per il Grand Tour avrebbe comunque vincolato l'energia al lancio; la costante C3 avrebbe dovuto essere compresa tra 90×10120 km/s². Cfr: Gary A Flandro, p. 337, 1966.
  23. ^ Andrew J. Butrica, p. 268, 1998.
  24. ^ Chapter 11 "Voyager: The Grand Tour of Big Science" (sec. 269.), by Andrew,J. Butrica, found in From Engineering Science To Big Science ISBN 978-0-16-049640-0 edited by Pamela E. Mack, NASA, 1998
  25. ^ Brown, Dwayne; Cook, Jia-Rui; Buckley, M., Nearing Interstellar Space, NASA Probe Sees Solar Wind Decline, Applied Physics Lab, Johns Hopkins University, December 14, 2010. URL consultato il 28 gennaio 2011.
  26. ^ Catharine Smith, WATCH: NASA Discovers 'Bubbles' At Solar System's Edge, in Huffington Post, 10 giugno 2011.
  27. ^ Jonathan Amos, Particles point way for Nasa's Voyager, BBC News, 15 June 2012. URL consultato il 15 June 2012.
  28. ^ Timothy Ferris, Timothy Ferris on Voyagers' Never-Ending Journey, su smithsonianmag.com, Smithsonian Magazine, May 2012. URL consultato il 15 June 2012.
  29. ^ NASA Spacecraft Embarks on Historic Journey Into Interstellar Space, in NASA, 12 September 2013. URL consultato il 12 September 2013.
  30. ^ Brooks Barnes, In a Breathtaking First, NASA Craft Exits the Solar System, in New York Times, September 12, 2013. URL consultato il September 12, 2013.
  31. ^ Monte Morin, NASA confirms Voyager 1 has left the solar system, September 12, 2013.
  32. ^ Voyager 1 has entered a new region of space, sudden changes in cosmic rays indicate, su agu.org. URL consultato il 20 March 2013.
  33. ^ Report: Humanity Leaves the Solar System — Or Maybe Not, su science.time.com, Time News Magazine. URL consultato il 20 March 2013.
  34. ^ Report: NASA Voyager Status Update on Voyager 1 Location, su jpl.nasa.gov, NASA. URL consultato il 20 March 2013.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]