Utente:EconAmbiente/Sandbox

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L'economia dell'ambiente è una branca dell'economia politica che si interessa di problematiche ambientali. La nascita della disciplina viene convenzionalmente fissata tra gli anni 1950 e gli anni 1960,[1] nonostante alcuni concetti fondamentali fossero stati elaborati in precendenza.[2] L'importanza della disciplina è cresciuta durante il XXI secolo a causa delle crescenti preoccupazioni ambientali. Alcuni temi fondamentali sono i costi e dei benefici delle politiche ambientali, la stima del valore delle risorse naturali, e le conseguenze dell'inquinamento e dei cambiamenti climatici sull'economia e il benessere delle persone. L'economia ambientale si interseca con diverse altre sottodiscipline, tra cui la microeconomia e la macroeconomia, l'econometria, l'economia sanitaria, l'economia dello sviluppo, l'economia dei trasporti e l'economia comportamentale. L'economia delle risorse naturali e l'economia dell'energia vengono a volte considerate come parte integrante dell'economia ambientale.

L'economia dell'ambiente si differenzia dall'economia ecologica in quanto quest'ultima intende l'economia come un sub-sistema dell'ecosistema, focalizzandosi sul mantenimento del capitale naturale.[3] In generale l'economia ecologica viene considerata parte della economia eterodossa, mentre l'economia ambientale si sviluppa come parte dell'economia mainstream.[4]


Storia[modifica | modifica wikitesto]

Periodo precedente gli anni 1950[modifica | modifica wikitesto]

Uno dei primi economisti che collegarono le questioni economiche a quelle ambientali fu Nicolas de Condorcet. Condorcet discuteva della possibilità che il governo non fosse tenuto a rispettare i diritti di proprietà privata nel caso in cui una attività agricola fosse causa di un peggioramento della qualità dell'aria e della salute per chi vivesse in zone limitrofe.[5] All'interno della scuola classica, Adam Smith riconobbe che sebbene certi beni comuni portassero più benefici alla comunità di quanto costassero, tali costi non sarebbero stati sostenibili per uno o pochi individui.[6] Thomas Robert Malthus, David Ricardo e John Stuart Mill svilupparono alcuni concetti relativi alla scarsità di risorse e ai beni comuni che sarebbero stati ripresi negli anni successivi.[7] Benché gli economisti classici fossero consapevoli dell'esistenza di alcuni problemi ambientali derivanti dall'industrializzazione e del possibile ruolo delle politiche pubbliche, lo stato della teoria economica del tempo non permetteva di identificare i fallimenti del mercato responsabili di tali problemi e quali misure fossero necessarie per correggerli.

La regola di Hotelling illustra il tasso ottimale di estrazione di risorse non-rinnovabili come il petrolio.

Durante il periodo marginalista diversi economisti formularono concetti che sarebbero diventati fondamentali nella disciplina. William Jevons approfondì nel suo libro The Coal Question il tema della scarsità delle risorse naturali tramite il paradosso di Jevons[8], precursore del cosiddetto effetto rimbalzo. Il concetto di esternalità venne prima introdotto da Alfred Marshall in maniera generale nel suo Principles of Economics[9], per poi essere approfondito da Arthur Cecil Pigou. In particolare, Pigou espose diversi esempi di esternalità positive e negative - ad esempio la creazione di parchi urbani, il rimboschimento e l'inquinamento prodotto dalle ciminiere[10] - e introdusse la cosiddetta imposta pigouviana per correggere quelle situazioni in cui i benefici marginali netti privati derivanti dalla produzione di un bene siano diversi dai benefici marginali netti a livello sociale.[11]

In generale esistono alcuni temi ricorrenti negli scritti degli economisti della prima metà del XX secolo. La descrizione delle risorse ittiche come bene comune è affrontata da diversi autori, tra cui Marshall[12] e Jens Warming[13]. La gestione delle risorse non rinnovabili, già affrontata da William Jevons, John Stuart Mills e David Ricardo nel XIX secolo, viene nuovamente approfondita da Lewis C. Gray[14] e Harold Hotelling[15]. Quest'ultimo studiò la dinamica ottimale di estrazione e di prezzo delle risorse non rinnovabili, conosciuta anche come regola di Hotelling, e pose le basi per il metodo dei costi di viaggio per la valutazione dei beni non di mercato.[16]

Nonostante quindi lo sviluppo di diverse importanti nozioni su cui si sarebbe fondata la futura disciplina, prima degli anni 1950 l'economia ambientale non era percepita come un ramo dell'economia a sé stante. In parte ciò avvenne perché le problematiche ambientali non erano ancora considerate come un valido argomento di interesse per l'economia politica, in parte perché gli strumenti di teoria economica necessari per analizzare tali questioni non erano ancora stati completamente elaborati.[17]

Seconda metà del XX secolo[modifica | modifica wikitesto]

A partire dalla seconda metà del XX secolo l'economia ambientale inizia ad affermarsi come disciplina economica.[18] Negli anni 1950 Paul Samuelson introdusse la prima definizione formale di bene pubblico e il concetto di non-rivalità[19], mentre Francis Bator analizzò le esternalità dovute alla presenza di tali beni.[20] Sempre in quel periodo, la Commissione Paley del governo statunitense sulle politiche minerarie aveva evidenziato come i prezzi di certe risorse minerarie stessero aumentando a tal punto da mettere a rischio lo stile di vita, l'economia e la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.[21] Sullo slancio di queste considerazioni, nel 1952 venne fondata Resources for the Future (RFF), il primo centro studi interamente dedicato all'economia dell'ambiente e delle risorse naturali.[22] In questo periodo apparvero anche diversi studi sulla gestione delle risorse idriche,[23][24][25] sulla pesca,[26] sulla disponibilità e i prezzi delle risorse naturali,[27][28] e sulla valutazione di beni non di mercato.[29][30] A questi eventi si accompagnò anche una maggiore consapevolezza delle problematiche ambientali da parte del grande pubblico, in particolare con la pubblicazione nel 1962 negli Stati Uniti del libro "Primavera silenziosa" sugli effetti nocivi dell'uso dei pesticidi sull'ambiente.

Pur essendo già state studiate da Marshall e Pigou, fino agli anni 1960 le esternalità negative e le loro conseguenze non erano considerate particolarmente rilevanti.[31][32] Nel 1960 Ronald Coase sviluppò l'omonimo teorema, che elenca le condizioni necessarie per la risoluzione delle esternalità senza bisogno dell'intervento dello stato.[33] La pubblicazione nel 1966 del saggio di Kenneth E. Boulding The economics of the coming spaceship Earth[34] contribuì a mettere di nuovo in primo piano il problema delle esternalità. Nel 1969 Robert Ayres e Allen Kneese sostennero che le esternalità non fossero delle "bizzarre anomalie" ma che fossero sempre più importanti con l'aumento della popolazione e della produzione.[35] Le imposte pigouviane dovevano far parte di un più vasto programma di protezione ambientale.[36] La maggiore attenzione alla questione delle esternalità ambientali portò l'OCSE a adottare nel 1975 il principio del "chi inquina paga".[37]

Parallelamente, cominciarono ad essere pubblicati alcuni dei primi studi che collegavano le esternalità ambientali alla nascente teoria del benessere. Per misurare il valore monetario implicito assegnato dagli individui a determinate riduzioni di inquinamento, iniziarono a svilupparsi il metodo dei prezzi edonici e il metodo della valutazione contingente. Questi due approcci verranno poi utilizzati in vari contesti, tra cui la misurazione della disponibilità a pagare per la riduzione del rischio di mortalità (valore di una vita statistica).

La crisi energetica del 1973 diede spunto a una serie di analisi sul rapporto tra utilizzo delle risorse naturali, specialmente le risorse non rinnovabili, e la crescita economica. Negli anni successivi diversi economisti pubblicarono dei lavori riguardanti l'estrazione ottimale delle risorse e le relative questioni di equità intergenerazionale.[38][39][40] Con la pubblicazione del rapporto Brundtland da parte della Commissione Mondiale sull'Ambiente e lo Sviluppo venne introdotto il concetto di sviluppo sostenibile.[41] Pochi anni dopo, nel 1992, ebbe luogo il Summit della Terra, il primo organizzato dalle Nazioni Unite esplicitamente dedicato alle tematiche ambientali e alla sostenibilità. Sulla spinta del concetto di sviluppo sostenibile, venne sviluppato un sistema di contabilità nazionale che tenesse conto del deprezzamento delle risorse naturali, il prodotto nazionale netto.[42][43] In quello stesso periodo gli economisti Gene Grossman e Alan Krueger pubblicarono i primi studi empirici che analizzarano la relazione tra crescita economica e degrado ambientale, dando avvio alla teoria della curva ambientale di Kuznets.[44][45]

Nel frattempo, nacquero le prime associazioni professionali di economisti ambientali: nel 1979 venne fondata l'AERE (Association of Environmental and Resource Economists), e nel 1990 l'EAERE (European Association of Environmental and Resource Economists).[46][47]

Inizio del XXI secolo[modifica | modifica wikitesto]

William Nordhaus, vincitore del Premio Nobel per l'economia nel 2018 per i suoi contributi sull'economia ambientale.

Dall'inizio del XXI secolo l'economia ambientale ha subito una nuova evoluzione nei temi trattati e nella metodologia.[48] Il riscaldamento globale, le tematiche energetiche, la sostenibilità della pesca, l'analisi delle politiche ambientali e la valutazione dei beni non di mercato hanno assunto un ruolo crescente nella disciplina. Così come avvenuto per altre branche dell'economia, l'impiego di metodi empirici è aumentato al punto da uguagliare per importanza le metodologie strettamente teoriche largamente diffuse nella seconda metà del XX secolo. Anche l'orizzonte geografico dell'economia ambientale ha assunto un carattere maggiormente internazionale, con un aumento degli studi riguardanti paesi asiatici, africani e sudamericani.

Nel XXI secolo il Premio Nobel per l'economia è stato insignito per la prima volta per contributi su temi di economia ambientale: a Elinor Ostrom nel 2009 per l'analisi della gestione delle risorse comuni, e a William Nordhaus nel 2018 per l'inclusione dei cambiamenti climatici nei modelli macroeconomici.[49][50]


Production, con-sumption and externalities.


Growth theory Dasgupta P, Heal J. 1979.Economic Theory and Exhaustible Resources.

Intergenerational equity and exhaustible resources

Intergenerational Equity and the Investing of Rents from Exhaustible Resources On the Intergenerational Allocation of Natural Resources

The Optimal Depletion of Exhaustible Resources

Environmental kuznetz curves

[51]


[52] [53]


1975 "Chi inquina paga" OECD



1979 AERE[54] 1990 EAERE[55]

2003 EAAERE[56]


Argomenti e concetti[modifica | modifica wikitesto]

Fallimenti di mercato[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Fallimento del mercato.

Il concetto di "fallimento di mercato" è centrale nell'economia dell'ambiente. Un fallimento di mercato avviene quando il mercato non riesce ad allocare le risorse efficientemente. Per usare le parole di Hanley, Shogren e White (2007)[57]: «Un fallimento di mercato si verifica quando il mercato non alloca risorse scarse per generare il più grande benessere sociale raggiungibile. Esiste un disaccordo tra cosa un privato farebbe, dati determinati prezzi di mercato, e cosa la collettività preferirebbe che lei/lui facesse. Tale disaccordo implica sprechi o inefficienze economiche; le risorse possono essere ri-allocate al fine di rendere almeno una persona più ricca senza rendere nessun altro più povero.» Cause comuni di fallimenti di mercato includono esternalità, non-esclusibilità e non-rivalità, e asimmetria informativa.

Esternalità[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Esternalità.
L'inquinamento dell'aria è un esempio di esternalità negativa, dal momento che i costi di produzione della fabbrica non includono i danni causati alla società.


[58]

In economia, un'esternalità si manifesta quando l'attività di produzione o di consumo di un soggetto influenza, negativamente o positivamente, il benessere di un altro soggetto, senza che chi ha subito tali conseguenze riceva una compensazione (nel caso di impatto negativo) o paghi un prezzo (nel caso di impatto positivo) pari al costo o al beneficio sopportato/ricevuto. Di frequente, un ottimo paretiano non è raggiungibile in presenza di esternalità negative.

In genere, l'economia dell'ambiente studia principalmente esternalità negative. Ad esempio, la vendita di legname della foresta amazzonica, che non tiene conto del biossido di carbonio rilasciato (presente e potenziale) durante il disboscamento o la perdita di biodiversità; o un'impresa inquinante, che non tiene conto dei costi che il proprio inquinamento impone ad altri. In presenza di una esternalità negativa, il costo di produzione di una unità aggiuntiva di un bene - il costo marginale - è più basso del costo marginale per la società, che include anche le esternalità. La quantità di bene e di inquinamento prodotta sarà quindi più alta della quantità ottima dal punto di vista della società.


Beni comuni e beni pubblici[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Beni pubblici.

Quando è troppo costoso (o impossibile) escludere l'accesso di una risorsa ambientale ad alcune persone, la risorsa è chiamata o bene comune (bene che ha caratteristiche di rivalità e non-esclusività) o bene pubblico (bene che manca la caratteristica di rivalità). In entrambi i casi, l'allocazione di mercato sarà probabilmente inefficiente. Un esempio è il settore della pesca in alto mare, in cui l'accesso non è regolato dalle leggi di nessuno stato.

Uno dei più famosi studi ed esempi è portato da Garrett Hardin, nella sua tragedia dei beni comuni: una situazione in cui diversi individui utilizzano un bene comune per interessi propri e nella quale i diritti di proprietà non sono chiari e quindi non è garantito il fatto che chi trarrà i benefici dall'uso della risorsa ne sosterrà anche i costi. Viene spesso indicato come il problema del free rider. Hardin teorizza che, ignorando la scarsità ed il valore dei beni comuni, in assenza di restrizioni, utilizzatori di una risorsa di libero accesso la useranno in maniera smisurata (di più rispetto al caso in cui dovessero pagare per essa o avessero diritti di esclusività), comportando un degrado ambientale.

La mitigazione dei cambiamenti climatici antropogenici è un esempio di bene pubblico, in cui i benefici sociali non sono completamente tradotti e riflessi sui prezzi di mercato.


Modelli di valutazione integrata[modifica | modifica wikitesto]

Valutazione dei beni non di mercato[modifica | modifica wikitesto]

Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. I parchi nazionali sono un esempio di beni non di mercato.


Valore di una vita statistica[modifica | modifica wikitesto]

[59]

Il valore di una vita statistica è la disponibilità a pagare per la riduzione di un certo rischio di morte. Non si tratta quindi di una misura di un ipotetico valore monetario intrinseco della vita umana, ma di una stima che può variare a seconda del gruppo di persone di riferimento e dello specifico rischio.

In economia ambientale, il valore di una vita statistica è utilizzato per l'analisi costi-benefici delle politiche ambientali, o per stimare in termini monetari le conseguenze dell'inquinamento.

Contabilità verde[modifica | modifica wikitesto]

[60]

Imposta pigouviana[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Imposta pigouviana.
Mercati delle emissioni e tasse sul carbonio nel mondo (2019) [61]La tassazione sul carbonio è un esempio di tassa pigouviana.

L'imposta pigouviana è uno degli strumenti fiscali per correggere le esternalità negative.[62] In presenza di una esternalità negativa, i costi di produzione (o di consumo) di un privato non riflettono i costi imposti alla società, come ad esempio le conseguenze degli inquinanti generati durante il processo produttivo. Ciò significa che il costo marginale privato (il costo di produrre una unità aggiuntiva di prodotto) è inferiore al costo marginale sociale.[63] La quantità di prodotto e di inquinanti generati è perciò superiore a quella ottimale dal punto di vista della società. L'imposta pigouviana è pari alla differenza tra il costo marginale sociale e il costo marginale privato.[64] L'imposta perciò internalizza i costi delle esternalità negative nei costi di produzione del privato, in modo tale che la quantità prodotta sia pari a quella ottimale per la società.[65]

Poiché lo scopo dell'imposta pigouviana è quello di ridurre una esternalità e non quello di finanziare la spesa pubblica, viene generalmente considerata a gettito neutrale. Questo implica che i proventi della tassazioni devono essere trasferiti alla popolazione, generalmente tramite trasferimenti diretti o tramite riduzioni di altre imposte, come ad esempio l'imposta sul reddito da lavoro.[66] Altri aspetti delle imposte pigouviane studiati dalla letteratura sono le modalità di calcolo del livello dell'imposta, dei suoi effetti in equilibrio generale, e delle interazioni con altri tipi di imposta.[67][68]

Relazione con altre branche dell'economia politica[modifica | modifica wikitesto]

Economia agraria[modifica | modifica wikitesto]

Il ruscellamento dei fertilizzanti agricoli verso fiumi e oceani è una delle cause di eutrofizzazione.

La relazione tra economia ambientale e agraria ha riguardato in buona parte il problema dell'inquinamento da fonti diffuse. Questo avviene quando la fonte d'inquinamento non è riconducibile a uno specifico luogo, ma bensì a un'area più vasta.[69] Un esempio è il ruscellamento di pesticidi e fertilizzanti usati nelle attività agricole, i quali deteriorano la qualità delle acque di mari e corsi d'acqua. In particolare, l'eutrofizzazione delle acque dovuta al ruscellamento di fertilizzanti è una delle cause delle cosiddette "zone morte", dove la crescita eccessiva delle alghe causa mancanza di ossigeno e pregiudica la sopravvivenza di pesci e altre creature marine.[70] Gli economisti studiano le misure necessarie per ridurre l'inquinamento da fonti diffuse. Questo può essere particolarmente difficile in quanto, al contrario dell'inquinamento da fonti puntuali, non è sempre possibile risalire a uno specifico responsabile dell'emissione di inquinanti. Le alternative proposte riguardano politiche che scoraggino l'uso di certi tipi di fattori di produzione (come l'uso di fertilizzanti azotati) o certe pratiche agricole (come alcune tecniche di lavorazione del terreno).[71]


Fertilizer runoff

Invasive species[72]

Agriculture and climate change[73] [74]

Economia comportamentale[modifica | modifica wikitesto]

Energy efficiency gap?

Economia internazionale[modifica | modifica wikitesto]

Economia del lavoro[modifica | modifica wikitesto]

Gli effetti dell'inquinamento sulla capacità lavorativa delle persone rappresenta una delle esternalità dovute al degrado ambientale. Diversi studi hanno dimostrato che l'inquinamento dell'aria, pur quando rientrando nei limiti massimi della legge, ha delle conseguenze sul numero di ore lavorate[75] e sulla produttività.[76][77]


Economia sanitaria[modifica | modifica wikitesto]

VSL Effects of pollution on health

Scienza delle finanze e economia pubblica[modifica | modifica wikitesto]

Uno dei primi esempi di interazione tra economia ambientale e economia pubblica è quello della imposta pigouviana volta a risolvere esternalità come l'inquinamento. Un'altra questione affrontata dalla letteratura è quella dei "prezzi contro quantità", vale a dire in quali contesti sia preferibile tassare la produzione di un inquinante - come nel caso di una tassa sul carbonio - e quando invece sia preferibile porre delle quote sulla produzione totale dell'inquinante stesso - come ad esempio in un mercato delle emissioni - e quale sia l'ammontare ottimale di tale tassa o quota.[78]

Lo studio delle tasse ambientali è legato a due temi presi in esame di recente dagli economisti. Il primo è se l'incidenza delle tasse ambientali sull'economia possa essere mitigata tramite il cosiddetto "doppio dividendo", ovvero quando i proventi di tali tasse fossero utilizzati per ridurre altre tasse distorsive come le imposte sul reddito da lavoro. Il secondo tema è lo studio degli effetti redistributivi. Quando le tasse ambientali colpiscono maggiormente individui a basso reddito vengono definite "regressive", mentre quando colpiscono di più individui ad alto reddito vengono definite "progressive". A seconda dell'utilizzo del gettito fiscale di tali tasse è possibile aumentarne il livello di progressività.


Economia dello sviluppo[modifica | modifica wikitesto]

Economia dei trasporti[modifica | modifica wikitesto]

Road pricing Gasoline taxes

Consenso all'interno della disciplina[modifica | modifica wikitesto]

La disciplina ha raggiunto un consenso piuttosto ampio rispetto a determinati argomenti, mentre altre questioni restano senza una risposta condivisa.[79] Un sondaggio del 2012 tra i membri dell'Association of Environmental and Resource Economists ha evidenziato un largo consenso sull'incapacità del mercato da solo di fornire quantità ottimali di beni pubblici, sulla superiorità di tasse o di mercati delle emissioni rispetto a standard sulle emissioni, sulla superiorità di quote di pesca individuali rispetto a regolamentazioni sull'accesso alle risorse ittiche, e sulla presenza di sfruttamento eccessivo delle risorse naturali quando queste sono accessibili senza restrizioni.[80]Una grande maggioranza di economisti ambientali ritiene inoltre che le politiche per l'ambiente non danneggino necessariamente l'economia, che la gestione delle risorse naturali dovrebbe tenere conto dei bisogni delle generazioni future, e che la multifunzionalità delle foreste e dei boschi dovrebbe essere valorizzata.[81] Maggiori incertezze esistono invece sulla capacità del progresso tecnologico di risolvere i problemi ambientali, su quale sia la destinazione ottimale dei proventi delle imposte ambientali, sull'inclusione di clausole ambientali nei trattati commerciali, sulla relazione tra crescita economica, crescita della popolazione e degrado ambientale, e sulla dinamica dei prezzi delle risorse non rinnovabili.[82]

Una serie di sondaggi dell'Università di Chicago su un gruppo di economisti operanti in Europa e negli Stati Uniti ha evidenziato un largo consenso a favore di una tassa sul carbonio rispetto a regolamentazioni ambientali a livello di settore[83] e dell'introduzione di pedaggi urbani su reti stradali congestionate.[84][85]

Critiche[modifica | modifica wikitesto]

Economia ecologica[modifica | modifica wikitesto]

Gli economisti ecologici criticano l'economia ambientale per l'importanza data al mercato e ai prezzi come mezzo di allocazione delle risorse. Secondo questi critici, l'economia ambientale considera l'ambiente come un fattore di produzione isolato dall'ecosistema, mentre il rapporto tra economia e l'ecosistema naturale è fondamentale per l'economia ecologica.

D'altra parte gli economisti ambientali criticano l'approccio dell'economia ecologica nell'ignorare il progresso tecnologico nell'utilizzo delle risorse naturali.

https://doi.org/10.1016/B978-008044910-4.00225-X

https://works.swarthmore.edu/alum-books/3787/

Associazioni professionali[modifica | modifica wikitesto]

Le principali associazioni di economisti ambientali a livello regionale sono l'Association of Environmental and Resource Economists (AERE), l'European Association of Environmental and Resource Economists (EAERE), e l'East Asian Association of Environmental and Resource Economics (EAAERE). In Italia l'associazione nazionale è l'Italian Association of Environmental and Resource Economists (IAERE).

Bibliografia parziale[modifica | modifica wikitesto]

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  • Silvestri, Francesco, Lezioni di economia dell'ambiente ed ecologica, II edizione, Bologna, CLUEB, 2005
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[86]


  • (EN)

Note[modifica | modifica wikitesto]

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Associazioni professionali[modifica | modifica wikitesto]

  • Association of Environmental and Resource Economists (AERE)
  • European Association of Environmental and Resource Economists (EAERE)
  • East Asian Association of Environmental and Resource Economics (EAAERE)
  • Italian Association of Environmental and resource Economists (IAERE)