Utente:Claudio Gioseffi/Sandbox 50

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Epoca antica[modifica | modifica wikitesto]

L'insediamento pre-romano[modifica | modifica wikitesto]

Sembra probabile che il primo insediamento sul piccolo gruppo di alture - formato da detriti e sedimenti alluvionali che emergeva dalla pianura acquitrinosa alla confluenza dei fiumi Astico e Retrone - sia originato già nel VI secolo a.C.[1].

Strabone[2] ritiene che gli abitatori del sito appartenessero alla popolazione degli Euganei[3], ma oggi gli studiosi sono abbastanza concordi che essi fossero Veneti, fatto attestato dal ritrovamento di oltre 200 laminette votive dedicate al culto della venetica dea Reitia e di un'iscrizione in lingua venetica, rinvenute nel 1959 durante i lavori di costruzione di un edificio di fronte alla sede municipale di Palazzo Trissino. Viene esclusa anche l'appartenenza a stirpi galliche o celtiche[1]. Plinio il Vecchio nel I secolo d.C. cita anche Vicenza nella sua Naturalis Historia, come centro di fondazione veneta, una popolazione alloctona di origine indoeuropea[4].

Iscrizione veneta su pietra, esposta nell'atrio del Palazzo da Schio (Ca' d'Oro)

Quasi nulla si conosce di fatti o vicende politiche che abbiano interessato la città in epoca preromana o anche romana, se non che l'insediamento ci fu e si sviluppò, lasciando un evidente impianto urbanistico[5]. Non molti sono invece i reperti in nostro possesso: da venti secoli la città è cresciuta su se stessa, senza soluzione di continuità, ed ogni epoca ha distrutto quanto realizzato in precedenza, per utilizzarne gli spazi e spesso i materiali. Oltre a ciò, il fatto che la città sia attualmente abitata impedisce di effettuare scavi e ricerche in modo estensivo.

Dalla storia di Roma si può supporre che, come gli altri Veneti, anche gli abitanti di quella che poi fu chiamata Vicetia (probabilmente da vicus) abbiano dapprima subito l'influenza culturale dei popoli circostanti: anzitutto gli Etruschi, dai quali i Veneti acquisirono mode, forme d'arte e scrittura, poi i Galli Cenomani e i Cimbri, ma senza soggiacere loro.

Quando i Romani si affacciarono sulle pianure padana e veneta - che chiamarono Gallia cisalpina - i Veneti ne divennero alleati fedeli, combattendo insieme con loro contro i Galli[6], che sconfissero nel 222 a.C. nella battaglia di Clastidium[7]. Ne furono alleati fedeli anche nel corso delle guerre sociali, ed in premio ottennero dapprima la cittadinanza di diritto latino secondo la Lex Pompeia de Transpadanis nell'89 a.C., poi quella romana[1].

L'influenza e l'autorità di Roma si fece comunque sentire nella pianura veneta almeno dalla metà del II secolo a.C. Nel 148 a.C. fu costruita la via Postumia che andava da Genua ad Aquileia permettendo i traffici ma anche il rapido transito delle legioni. Per quanto riguarda Vicenza, abbiamo la testimonianza di un cippo, conservato a Verona, che ricorda come un magistrato romano fosse stato chiamato a dirimere una questione di confini tra Vicenza ed Este[8].

Vicetia romana[modifica | modifica wikitesto]

Tratto di strada romana (uno dei cardini minori) rinvenuto in corso Fogazzaro. Lastricato in basoli poligonali di trachite, con tracce del transito di carri.
Cippi miliari romani, ritrovati sulle strade fuori città, esposti nell'atrio del Palazzo da Schio (Ca' d'Oro)

Come altre città venete, al tempo della Guerra civile romana (49-45 a.C.) probabilmente Vicenza parteggiò per Cesare e, in premio, tra il 49 e il 42 a.C. divenne municipium romano optimo iure, cioè con pienezza di diritti civili e politici: non essendo una città conquistata ebbe la possibilità di mantenere le proprie magistrature. A questi anni risalgono la ristrutturazione dell'abitato secondo un tracciato urbanistico ad assi relativamente ortogonali, la sostituzione di abitazioni in legno con costruzioni in pietra o laterizio e l'edificazione delle prime mura[9].

Queste furono erette, come avvenne per altre città consimili, per delimitare lo spazio urbano da quello rurale e conferire prestigio al nuovo status di città romana[10], in un tempo in cui tutta la regione era pacificata e apparentemente non erano necessarie: dalla vittoria contro i Cimbri del II secolo a.C. e fino al II secolo d.C. il Veneto non fu più territorio di incursioni barbariche[6]. In assenza di reperti significativi, si presume che le mura fossero costruite solo parzialmente, in particolare a ovest della città, che invece negli altri lati era naturalmente difesa dai fiumi[11].

Come le altre città venete Vicenza fu inserita da Augusto nella X Regio (Venetia et Histria secondo la denominazione di Diocleziano).

Rispetto all'estensione dell'attuale città, quella dell'insediamento romano era piuttosto modesta e corrispondeva, grosso modo, al centro storico in senso stretto: a ovest, iniziava presso l'odierna porta Castello; a nord presso l’incrocio delle contrade Porti-Apolloni-Pedemuro San Biagio; a est, all’inizio di corso Palladio movendo da piazza Matteotti; a sud, là dove si incontrano le contrade della Pescheria e di San Paolo. Era delimitato su tre lati dai fiumi, l'Astico (ora Bacchiglione) e il Retrone, varcati da due ponti - descritti e disegnati anche dal Palladio - che corrispondevano agli attuali ponte degli Angeli e di San Paolo, sostituiti da manufatti moderni nella seconda metà dell'Ottocento.

L'impianto urbanistico delle città romane si basava su un fascio di strade parallele con orientamento est-ovest, i decumani, che si intersecavano in senso ortogonale con un fascio di altre, i cardines, ad orientamento nord-sud. La ristrutturazione urbanistica di Vicenza, avvenuta a metà del I secolo a.C., dovette tener conto dell'assetto preesistente, per cui questo schema fu adattato e subì delle variazioni: le intersecazioni tra decumani e cardines non furono infatti tracciate in senso ortogonale ma obliquo.

Al centro delle strade principali il decumanus maximus - che corrispondeva grosso modo all'attuale corso Palladio - costituiva il tratto cittadino della via Postumia che ad est, dopo aver superato l'Astico con un ponte[12], continuava verso Aquileia, mentre a ovest, passata la porta della cinta muraria in seguito chiamata Porta Feliciana e poi Porta Castello, continuava verso Verona. Era abbastanza ampio da permettere il doppio senso di circolazione dei carri.

Più controverso è quale fosse il cardo maximus, generalmente individuato nella via che, superato l'attuale Ponte San Paolo, passava sotto la Basilica Palladiana, proseguiva per contrà del Monte e contrà Porti fino al Ponte Pusterla, che però a quel tempo non esisteva, perché al di là dell'Astico v'era un esteso lago. Per questo motivo alcuni ritengono che il cardo maximus fosse piuttosto quello che, salendo dalle attuali contrà Cordenons e contrà Cesare Battisti, percorreva corso Fogazzaro e poi continuava, fuori città, verso le montagne dopo aver costeggiato il bordo occidentale del lacus Postierlae.

Vicino all'intersecazione delle due strade principali – sotto Palazzo Trissino Baston e la parte occidentale di Piazza dei Signori – è stata ritrovata una parte della pavimentazione del Foro, centro multifunzionale della vita cittadina che, secondo il modello romano, era dotato di strutture monumentali. Presentava un orientamento nord-sud: un'area sacra più rialzata, con i templi, a nord del decumano e un'area più abbassata, lastricata a grosse pietre rettangolari ancora visibili sotto il palazzo, destinata alla politica e ai commerci a sud della strada; concludeva il Foro una basilica civile, sul luogo in cui fu poi costruito il Palatium vetus e più tardi la Basilica - proprio per questo motivo così denominata dal Palladio[13].

Sotto la cattedrale, sono conservati e visibili i resti di domus decorate e di strade romane e sotto la Piazza del Duomo, in ottimo stato di conservazione, il Criptoportico, parte di una domus patrizia. Si ritiene che in città vi fossero anche altri criptoportici[14] - creati per livellare il terreno formato da dossi naturali oltre che per contenere il terrazzamento dei giardini - e le terme, di cui resta qualche lacerto in contrà Pescherie vecchie[5].

Dalla località Villaraspa (Motta di Costabissara) partiva l'acquedotto che, passando per la località Lobia, posta 3 km a nord del centro storico, dove sussistono tuttora resti degli archi di sostegno, e transitando per gli attuali viale Ferrarin, via Brotton e corso Fogazzaro, portava in città l'acqua delle risorgive[15] per terminare nel castellum aquae, cioè nel serbatoio presso Mure San Lorenzo[16].

L'acquedotto romano in località Lobia

Nel I secolo d.C. Vicenza aveva acquisito una certa importanza, tanto da demolire in parte le mura per consentire lo sviluppo della città e costruire il Teatro Berga, in cui si svolgevano i ludi scenici e di cui si possono ancora vedere l'esatto perimetro e la configurazione con le 24 arcate[17], posto al di là del Retrone e collegato al centro da un ponte[18], al punto di confluenza delle strade che giungevano da sud-est (da CostozzaLongare) e da sud-ovest (da Lonigo – Sant'Agostino), costeggiando le pendici dei Colli Berici, per consentire un migliore afflusso degli spettatori. Dietro il palcoscenico, sul lato nord, era costruito un vasto quadriportico che arrivava sino al fiume, nel quale potevano intrattenersi gli spettatori

Nel II secolo, alla città di Vicenza fu risparmiato il saccheggio da parte dei Quadi e dei Marcomanni che avevano invaso la Regio, ma furono fermati a Opitergium[1]. Quando ormai l'impero era entrato in piena crisi, nel IV-V secolo, le mura di Vicenza furono ricostruite e le difese rafforzate[10]. Non risulta comunque documentato che la città sia stata saccheggiata o distrutta, neppure durante le spedizioni dei Visigoti o degli Unni[19] nel V secolo.

Nulla rimane del breve periodo ostrogoto, dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, ma nulla lascia neppure pensare a una decadenza della città, che più probabilmente divenne punto di riferimento religioso della popolazione autoctona rispetto ai Goti ariani.

Si può pensare invece che, come avvenne in tutta l'Italia, anche Vicenza abbia subito il decadimento e lo spopolamento provocati dalla Guerra gotica (535-553). La fiorente economia del territorio, fondata sulla coltivazione dei cereali e della vite dei Berici, sullo sfruttamento dei boschi e la pastorizia, fu fortemente danneggiata con il saccheggio delle campagne, l'interruzione dei trasporti su strada e per via d'acqua, le carestie e le pestilenze che la guerra trascinò con sé.

Il primo Cristianesimo a Vicenza[modifica | modifica wikitesto]

Non vi sono prove che il cristianesimo si sia diffuso in Vicenza se non verso la fine del III secolo[1]. Alla fine del IV o agli inizi del V secolo risale la costruzione sia di una basilica fuori dalle mura, dedicata ai santi Felice e Fortunato, sia di una chiesa cittadina che divenne poi la cattedrale. Anche se all'epoca la comunità cristiana doveva essere abbastanza fiorente e organizzata per permettersi di erigere contemporaneamente due edifici di culto, non sembra che la città fosse già sede episcopale, in quanto un vescovo di Vicenza viene documentato solo alla fine del VI secolo[20].

  1. ^ a b c d e Cracco Ruggini, 1988,  pp. 205-303
  2. ^ Strabone utilizza per la sua Geografia, parte V, una fonte indiretta, i Commentari di Giulio Cesare.
  3. ^ Giovanni da Schio nel suo Zodiaco etrusco, Pietra euganea, Ustrino romano - Tre notizie archeologiche, Padova, 1856 ipotizza che fossero presenti nel vicentino i Medoaci, un popolo euganeo che prendeva il nome dalla zona che abitavano, tra i fiumi Medoacus Major (Brenta) e Medoacus Minor (Bacchiglione).
  4. ^ Plinio, N.H. 3, 126-130; 6, 218
  5. ^ a b Il sito della Federazione delle Associazioni di Archeologia del Veneto, nella pagina 'Vicenza romana' corredata di una mappa, riferisce sullo stato attuale dei ritrovamenti: Vicenza romana, su faav.it. URL consultato l'11 febbraio 2015.
  6. ^ a b L. Braccesi e A. Coppola, Alle origini del Veneto romano in Storia del Veneto, editore, anno, pp. 32-40.
  7. ^ Tra i reperti ritrovati sul luogo della battaglia vi sono delle biglie, usate dai frombolieri, con scritte in veneto
  8. ^ SEX ATILIUS MF SCARANUS - EX SENATI CONSULTO - INTER ATESTINOS ET VEICENTINOS - FINIS TERMINOSQUE STATUI IUSIT. CIL, I, 636
  9. ^ Fatto ormai provato dai ritrovamenti in occasione di ripetuti scavi, dagli anni cinquanta del Novecento, nelle contrade Mure Porta Castello, Mure Pallamaio e Canove vecchie. Barbieri, 2011,  p. 6
  10. ^ a b Ghedini, 1988,  pp. 45-47
  11. ^ Due lacerti si trovano in Motton San Lorenzo e in contrà Canove vecchie
  12. ^ Il ponte romano, corrispondente all'attuale Ponte degli Angeli, così come il ponte romano sul Retrone corrispondente all'attuale Ponte San Paolo, furono demoliti a fine Ottocento
  13. ^ Una descrizione che può essere interessante per analogia - i Romani costruivano per modelli ripetitivi - è quella del Foro romano di Brescia
  14. ^ Come in contrà Porti, distrutto durante lavori di ristrutturazione
  15. ^ Il percorso e i recenti ritrovamenti sono descritti in: In corso Fogazzaro spunta anche l'acquedotto romano, su ilgiornaledivicenza.it. URL consultato il 25 ottobre 2012.
  16. ^ Per una descrizione dei ritrovamenti e gallerie fotografiche: Regione del Veneto - Musei archeologici, su archeoveneto.it. URL consultato il 25 ottobre 2012.
  17. ^ Compreso tra contrà Santi Apostoli, piazzetta San. Giuseppe e contrà del Guanto
  18. ^ L'attuale ponte San Paolo; il manufatto romano è stato distrutto verso la fine dell'Ottocento
  19. ^ Secondo Paolo Diacono anche Vicenza fu saccheggiata, ma non distrutta, dagli Unni di Attila, ma questo dato viene considerato poco attendibile da Cristina La Rocca, Le 'invasioni', in Storia del Veneto, pp. 58-59.
  20. ^ Anche se il Mantese, 1952,  p. 45 esprime un'opinione contraria