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Villa d’Este[modifica | modifica wikitesto]

Villa d’Este è una Villa che si trova a Tivoli, vicino Roma. È stata dichiarata Patrimonio dell’UNESCO nel 2001, rappresenta un’opera d’arte dell’architettura italiana, ma soprattutto della progettazione dei giardini.

La storia[modifica | modifica wikitesto]

La costruzione di Villa d’Este venne ordinata dal cardinale Ippolito d’Este (1509-1572), figlio di Alfonso I d’Este e di Lucrezia Borgia, nipote di papa Alessandro VI. Ippolito aveva ricevuto in dono la Villa già esistente da papa Giulio III, che lo aveva nominato come governatore di Tivoli; la Villa venne ricostruita completamente da Ippolito, sotto la direzione dell’architetto e ingegnere ferrarese Alberto Galvani, che era solito lavorare con la famiglia Este, con i disegni di Pirro Ligorio.  Il pittore che si occupò della ambiziosa decorazione degli interni fu Livio Agresti da Forlì.  

Il cardinale d’Este, dal 1550 fino all’anno della sua morte, 1572, quando la ricostruzione della Villa era quasi giunta al termine, si occupò della creazione di un edificio di palazzo, circondato da splendidi giardini terrazzati in stile manierista,caratteristico dell’ultimo periodo del Rinascimento. Per crearlo, si sfruttò la forma della meravigliosa collina, tuttavia fu necessario apportare diverse modifiche per far sì che ci fosse abbastanza acqua da poter far funzionare tutte le fontane, cascate e giochi d’acqua che decoravano i giardini. Il risultato è stato la nascita di una Villa che si annovera tra le grandi ville del XVI secolo, caratterizzata da giochi d’acqua sulle colline che circondano la Campagna Romana, come Villa Lante, Villa Farnesina a Caprarola, e ancora Villa Aldobrandini e Villa Torlonia a Frascati. L’urbanistica del giardino e le sue fontane, sono stati utilizzati come modello e riprodotti durante i due secoli successivi dal Portogallo fino alla Polonia.

Prendendo l’ispirazione (anche molte statue e gran parte del marmo usato nella costruzione) della vicina Villa Adriana, residenza imperiale dell’imperatore Adriano, e riesumando tecniche romane di ingegneria idraulica per far sì che l’acqua arrivasse ad un numero di fontane senza precedenti, il cardinale creò un elaborato giardino di fantasia, il cui insieme di elementi architettonici e di giochi d’acqua ha rappresentato una grande fonte di ispirazione e di influenza nella progettazione dei paesaggi europei.

Pirro Ligorio, responsabile dell’iconografia degli affreschi della villa, fu anche incaricato di progettare i giardini, con l’aiuto di Tommaso Chiruchi da Bologna, considerato come uno dei migliori ingegneri idraulici del XVI secolo; Chiruchi aveva lavorato alle fontane di Villa Lante, a Villa d’Este lo aiutò nella pianificazione tecnica delle fontane il  francese Claude Venard,  creatore esperto di organi idraulici.

Il cardinale Alessandro d’Este sistemò e ampliò i giardini nel 1605. Nel XVIII secolo, la villa e i suoi giardini passarono in  proprietà degli Asburgo dopo che Ercole III d’Este li diede in eredità a sua figlia Maria Beatrice, sposatasi con il Gran duca Fernando di Asburgo. La villa e i suoi giardini vennero trascurati. Gli ingegni idraulici smisero di essere utilizzati e molte delle sculture decorative, che erano state commissionate da Ippolito d’Este, andarono perse,  procurando in diversi artisti come Carl Blechen e altri, un senso di decadimento. La situazione cambiò quando la Villa passò al cardinale Gustav von Hohenlohe; il cardinale invitò Franz Listz, che ricordò il giardino nella sua opera “Les Jeux d’Eaux à la Villa d’Este”,  luogo in cui dette uno dei suoi ultimi concerti. Villa d’Este divenne proprietà dello Stato italiano dopo la Prima Guerra Mondiale, venne restaurata e arredata nuovamente con i quadri che erano rimasti inutilizzati alla Galleria Nazionale di Roma. Il volume delle poesie di Jean Garrigue, intitolato “A water walk by Villa d’Este” (1959) è solo uno dei tanti di una lunga tradizione di poesie ispirate dai giardini. Kenneth Anger girò Eaux d’Artifice tra gli ingegni idraulici del giardino. Fu così che Villa d’Este venne acclamata nell’ambito della poesia, della pittura e della musica.

Nella Villa c’è il Museo Didattico del Libro Antico, un museo educativo sullo studio e la conservazione di libri antichi.

Descrizione della Villa[modifica | modifica wikitesto]

La villa circonda su tre lati un cortile del XVI secolo che si trova in quello che prima era un claustro benedettino. La fontana che si trova incorniciata in una delle pareti laterali, la fontana con Ninfa dormiente,è in stile dorico, e contiene una scultura della ninfa addormentata in una grotta, custodita dalle aquile araldiche degli Este, con un bassorilievo incorniciato da rami di melo che legano la villa con il Giardino delle Esperidi. L’entrata principale porta all’Appartamento Vecchio, costruito per Ippolito d’Este, con soffitti a volta affrescati con allegorie secolari da Livio Agresti e dai suoi studenti, posti al centro della Grande Sala, da cui si può godere di una vista spettacolare che dà sull’asse centrale dei giardini, che si dipanano in una serie di terrazze. A destra e a sinistra ci sono una serie di stanze, a sinistra c’è la Biblioteca del cardinale Ippolito e la sua stanza con una cappella sottostante, le scale private che portano all’appartamento inferiore, l’Appartamento Nobile, che dà direttamente alla Grande Loggia di Pirro Logorio che sormonta la terrazza di ghiaia con un motivo ad arco trionfale.

Descrizione dei Giardini[modifica | modifica wikitesto]

La disposizione del giardino si basa su un asse centrale, con altri assi secondari che lo tagliano in maniera precisa ma varia, rinfrescato tutt’intorno da cinquecento getti d’acqua che provengono dalle fontane, dalle cascate e dagli abbeveratoi. L’abbondante riserva d’acqua che alimenta tutte le fontane proviene dal Fiume Aniene che in parte è stato deviato attraverso la città, per un chilometro, e dall’acquedotto del Rivellese, e confluisce  in una cisterna sottostante al cortile della villa. Il giardino fa attualmente parte dei Grandi Giardini Italiani.

La terrazza più alta della villa termina in una balconata con  balaustra nella parte sinistra, con una vista sulla pianura sottostante. Due parti simmetriche della scalinata fiancheggiano l’asse centrale e portano alla successiva Terrazza del giardino, dove si trova da un lato la grotta di Diana, decorata riccamente con affreschi e un mosaico di ciottoli e al centro la Fontana del Bicchierone, indirettamente attribuita al Bernini, dove l’acqua sgorga da un’apparente roccia naturale in un lavatoio a forma di conchiglia.

Per scendere il visitatore deve scegliere tra una delle due scalinate che portano al livello sottostante, all’estrema sinistra  il prodotto complesso di fontane denominato la Rometta, da cui si può ammirare la longitudine delle Cento fontane, dove i getti d’acqua riempiono un grande abbeveratoio rustico,la fontana dell’ovato di Pirro Ligorio termina la vista trasversale. Il visitatore può camminare dietro la fontana dell’ovato attraverso l’arcata bugnata del ninfeo concavo, che è abbellito dalle ninfe di marmo, opera di Giovanni Battista della Porta. Sopra il ninfeo, la scultura di Pegaso ricorda al visitatore la fontana del’ Ipocrene nel Parnaso, casa delle Muse.

Questa terrazza si unisce alla seguente grazie alla fontana dei draghi, che domina la prospettiva centrale dei giardini, costruita in occasione della visita di papa Gregorio XIII nel 1572, il cui stemma contiene un drago. Le scalinate centrali conducono tramite un versante di legno a tre peschiere collocate  sull'asse trasversale nel punto più basso dei giardini, terminando a destra con la Fontana di Nettuno.


La villa e le trasformazioni del territorio tiburtino:[modifica | modifica wikitesto]

La Villa, realizzata nel 1550 dal Cardinale Ippolito II d’Este modificò in modo radicale sia l’andamento naturale dei luoghi, sia la struttura urbana consolidatasi nel periodo medievale della città di Tivoli. Vennero demoliti alcuni edifici sacri, tra cui la Chiesa di Santa Margherita e l’ospedale di Sant’Antonio. Scomparve anche una grande scalinata, che conduceva prima alla Chiesa di San Francesco e serviva come via d’uscita dalla città. La stessa chiesa di San Pietrocini, in un primo progetto doveva essere abbattuta. Le mura urbane furono destinate a cingere il giardino nel versante di ponente, unite con altre animate da nicchie arcate, ed il convento dei francescani con il chiostro venne inglobato nel nuovo palazzo. Il tessuto urbano della città subì quindi una grande trasformazione , in primo luogo derivante dall’inserimento dei giardini e della Villa, che si sostituirono alla trama medievale ed in secondo luogo, dalla realizzazione di un nuovo asse stradale, Via dell’Inversata. Mutò radicalmente anche il paesaggio, con la modifica del terreno e con il vuoto urbano determinato dal giardino.[1]

Le fontane:[modifica | modifica wikitesto]

La villa è ricchissima di fontane, che prendono il nome generalmente da statue che vi sono collocate, oppure da straordinari congegni che gli inventori del tempo creavano appositamente per il cardinale Ippolito II d’Este. Una di queste meraviglie era costituita dalla Fontana della Civetta, nel cui interno erano sottili rami ed uccellini di bronzo, i quali cantavano finché non compariva una civetta che li faceva smettere di cantare. Il complicato congengo (che sfruttava la caduta dell’acqua per far avvicinare la civetta e la spinta dell’aria, anch’essa realizzata con la pressione dell’acqua, per produrre un suono simile a quello dell’ocarina che usciva dal becco degli uccelli) oggi è inesistente  e perciò la fontana si può solo ammirare esternamente, non si può più godere del funzionamento del congengo idraulico. La fontana si compone di una nicchia racchiusa da colonne, sulle quali si ripropone il motivo delle viti con mele d’oro del Giardino delle Esperidi. In alto tra le due figure femminili, due angeli stanno reggendo lo scudo del cardinale ornato dalle aquile. Questa fontana è opera di Giovanni del Luco e Raffaele da Sangallo.

La fontana dell’Organo[modifica | modifica wikitesto]

La fontana dell’Organo rappresenta una delle principali attrazioni della villa, iniziata nel 1568 e termina nel 1611, la fontana presenta delle caratteristiche che che differiscono da quello che doveva essere il progetto originario. Inizialmente all’interno della grande nicchia centrale doveva essere posta la statua della Dea della Natura o Dea della Fortuna, che venne collocata poi nella parte bassa del giardino e, nelle due nicchie laterali, dovevano esserci le statue  di Apollo e di Diana. Quest’ultima è stata invece sostituita dalla statua di Orfeo. Per volere del Cardinale Alessandro, nella nicchia centrale venne costruito un piccolo tempio, che doveva proteggere il congegno idraulico progettato da Claude Venard. Quest'ultimo construì appositamente per la fontana, un congegno idraulico che sfruttava la caduta dell’acqua e faceva fuoriuscire l’aria dalle canne dell’organo, mentre un’altra macchina faceva abbassare i tasti. Tuttora viene considerato come un organo eccezionale, per essere totalmente automatico. Il pontefice Gregorio XIII che si era recato a visitare la Villa nel 1573, rimase stupefatto nell’ammirare la fontana dell’organo e il suo funzionamento. Il Bernini realizzò l’edicola in stile barocco che sormonta la fontana.

La fontana dell’Ovato[modifica | modifica wikitesto]

Uno dei principi su cui si basa la villa, è quello della simmetria o della contrapposizione delle parti, quindi ad un elemento posto su un estremo di un viale corrisponde uno di richiamo dal’altro estremo della villa. Così la Fontana di Roma (la Rometta) da una parte e la fontana di Tivoli (conosciuta come fontana dell’Ovato) dall’altra, contrappongono l’Aniene al Tevere, la cascata di Tivoli si contrappone ai monumenti classici di Roma,  le bellezze artificiali della città di Roma si contrappongono alle bellezze naturali della città di Tivoli.

Tivoli e Roma, all’interno della Villa, vengono rappresentate come due città avversarie, Tivoli viene simboleggiata dal cavallo e Roma dal Leone. Una lotta tra questi due animali è stata rappresentata nella fontana “Rometta” nel 1607. La fontana di Tivoli, dell’Ovato, per la sua forma ovale, rappresenta la grande cascata di Tivoli, mentre le rocce, che si trovano sopra la fontana, ricordano i monti della città, da cui discendono i tre fiumi Albuneo, Erculaneo e Aniene. Secondo i canoni classici, questi tre fiumi sono simboleggiati da statue. In alto c’è quella della Sibilla Albunea (che rappresenta il fiume Albuneo), con un bambino inteso come Melicerte, mentre le statue simboleggianti gli altri due fumi sono poste nelle due grotte vicine, ai lati della Sibilla Albunea. Nell’emiciclo sono rappresentate le otto ninfe.

Viale delle Cento Fontane[modifica | modifica wikitesto]

Splendido è viale che congiunge la Fontana di Tivoli con la Fontana di Roma, così definito per i numerosi getti d’acqua zampillanti da fontane delle più svariate forme (in particolare aquile e gigli). Su tre piani corrono altrettanti canali d’acqua, simboleggianti i fiumi Albuneo, Aniene, Erculaneo, che vanno a confluire in quello simboleggiante il Fiume Tevere. Al di sopra del canale centrale, la parete prima era decorata da 91 rilievi in terracotta, conservati solo in parte e attualmente ricoperti da muschio, quindi non visibili. Essi erano ispirati a favole mitologiche ispirate dalle “Metamorfosi” di Ovidio. L’acqua che occorreva per alimentare tante e spesso possenti fontane, venne presaa dal Fiume Aniene che fu raggiunto scavando un tunnel sotterraneo, oppure dalla sorgente del Rivellese. Il fiume fornisce ben 1.200 litri al secondo; mentre modesta, anche se potabile, fu la portata dell’acquedotto Rivellese, che alimentava poche fontane. Mediante il tunnel l’acqua raggiunge la parte superiore della Fontana dell’Ovato, da cui si dirama per tutta la Villa.

La Fontana di Roma (Rometta)[modifica | modifica wikitesto]

Una veduta all’interno del complesso è possibile con le antiche stampe, tra le quali emergono, per la loro chiarezza e fedeltà, quelle del Venturini, realizzate nel 1685. Sul posto sono ancora suggestive le statue di Roma, della Lupa con i Gemelli, scolpite da Pierre de la Motte (autore di vari lavori nella Villa), e la barca, in mezzo al canale simboleggiante il Tevere, la quale suggerisce il ricordo dell’isola Tiberina. Si vuole designare come autore di questa Fontana Pirro Ligorio, al quale si deve il piano generale della Villa, tendente a meravigliosi effetti scenografici, e il disegno di varie statue. Di questo noto e straordinario architetto-archeologo forse la Villa d’Este costituisce, fra i vari complessi realizzati o ideati, l’opera più viva, immediatamente copiata o tenuta presente in moltissime villa italiane o straniere.

La Fontana dei Draghi[modifica | modifica wikitesto]

Questa suggestiva Fontana prende il nome dei draghi che sono alla sua base, posti di fronte ad una nicchia, ricavata nella splendida doppia scala circolare, in cui fu sistemata una colossale statua di Ercole. Bisogna notare che questo complesso è stato posto sull’asse più grande del Giardino, sul quale, a differenti altezze sono state collocate diverse rappresentazioni di Ercole, per sottolinearne l’importanza. È noto a tutti che Ercole fosse particolarmente caro ai membri della casata estense, alcuni dei quali portano il suo nome, come Ercole I e Ercole II, secondo e quarto duca di Ferrara, Modena e Reggio, e nel caso specifico della Fontana dei Draghi, si alluderebbe all’undicesimo fatica di Ercole: la conquista delle mele d’oro custodite nel Giardino delle Esperidi del drago Ladone, che aveva cento teste. L’eroe uccise il drago e portò ad Euristeo tre pomi. Di qui il motto del Cardinale Ippolito II “ab insomni non custodita dracone”.

La Fontana di Proserpina[modifica | modifica wikitesto]

La Fontana di Proserpina è situata sulla sinistra della Fontana della Civetta. Le sculture poste nel ninfeo rappresentano il ritratto di Proserpina, ai lati due nicchie delimitate da colonne a tortiglione avvolte da tralci di vite.

La Fontana rustica con la Dea della Natura.[modifica | modifica wikitesto]

La copia in travertino della Diana di Efeso (vedi Artemide di Efeso nel Museo dei Conservatori a Roma) è opera di uno scultore fiammingo, Gillis Van del Vliete, e doveva essere posta nella nicchia centrale della Fontana dell’Organo, in quell’epoca chiamata la Fontana della Natura. Il cardinale Ippolito II voleva che la Villa fosse piena di statue , alcune di queste vennero costruite appositamente per lui, altre erano delle statue antiche che venivano recuperate da degli scavi (in particolar modo di scavi nell’area di Villa Adriana) per questo scopo. Per quest’opera si avvalse del lavoro di Pirro Ligorio. La dea della Natura è stata poi rimossa dal Cardinale Alessandro d’Este nel 1611. Quella era l’epoca della Controriforma e molto dello spirito pagano che aveva ispirato il cardinale Ippolito II e i suoi assistenti non esisteva più. Gli ideali che avevano ispirato il mondo classico erano inconcepibili per loro. Per questo motivo molte statute vennero rimosse, senza tenere in conto la loro origine e la loro disposizione. Di tutte e statue antiche purtroppo al giorno d’oggi rimane ben poco.


Fonti Bibliografiche:

Tivoli down the ages, Prof. Franco Sciarretta, 1996

Tivoli città d’arte nel Patrimonio Unesco, 2000

  1. ^ Tivoli città d’arte nel Patrimonio Unesco.