Utente:ANDREA PANTANO/Sandbox

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Periodo romano e preromano[modifica | modifica wikitesto]

Prima del 600 a.C. la zona su cui oggi sorge Borgo San Dalmazzo era abitata da una popolazione indigena comunemente detta Ligure. Abbiamo tracce di questa popolazione all’interno di alcune grotte, dove sono rimasti alcuni graffiti riguardanti i culti religiosi. La regione fu probabilmente oggetto di un’invasione da parte di popolazioni etrusche. Tra il 600 a.C. e il 450 a.C. giunsero nel territorio di Borgo invasori Fenici e Greci, Celti e Germanici. Alcuni di questi invasori, non riuscendo a vincere le resistenze locali, proseguirono la loro migrazione verso la penisola iberica, altri gruppi si stabilirono nel territorio. Nel IV secolo giunsero dalla regione transalpina gruppi di Galli, a questo periodo risale probabilmente la fondazione del nucleo originario di Pedona. L’area entrò nella sfera di influenza romana nel 173 a.C., quando Popilio Lenate sconfisse i Liguri montani. Di questo periodo sono giunte a noi pochissime testimonianze scritte. Le popolazioni furono completamente sottomesse solo da Augusto nel 14 a.C. Pedona divenne quindi un oppidum romano. In questo periodo fu attribuito al villaggio il nome di Peda, che diverrà Pedona nel V-VI secolo. Il centro acquisì importanza sotto Caligola, il quale istituì un sistema doganale in Gallia Cisalpina. A Pedona erano riscossi i pedaggi di chi voleva attraversare la linea di confine tra Italia e Gallia. Pedona divenne municipio e ricevette la cittadinanza romana. Nel III secolo la zona fu interessata da una forte diffusione del Cristianesimo: Pedona divenne meta di pellegrinaggi dopo la predicazione di San Dalmazzo e il suo martirio, avvenuto il 5 dicembre del 254.

Secoli V, VI, e VII[modifica | modifica wikitesto]

All’inizio del V secolo fu costruita l’abbazia sul luogo dove sorgeva la tomba di San Dalmazzo, la cui navata fu poco dopo ampliata da Valeriano, vescovo di Cimiez, da cui dipendeva la regione. Valeriano era probabilmente un discepolo di Dalmazzo. A questo periodo risalgono anche alcuni documenti scritti riguardanti la vita del santo. I lavori di abbellimento dell’abbazia furono proseguiti da un certo Benedetto, governatore della città, e dal suo successore Ferreolo. La lettera che Cassiodoro scrisse a quest’ultimo contiene per la prima volta il nome Pedona. Con questa lettera, Teodorico concesse la regia tuitio ai figli di Benedetto. Nel VI secolo l’area passò dal controllo bizantino a quello longobardo. Nel 600 e nel 615 Agilulfo e Teodolinda donano alcuni territori all’abbazia di Borgo, che nel frattempo è diventata un importante monastero e ha accresciuto il suo potere. I due sovrani intendevano utilizzarla come strumento di controllo.

Età longobarda e carolingia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stabilirsi dell' Ordine di San Benedetto a Pedona fu per questo paese un avvenimento di grande importanza. Un convento benedettino, infatti, pensava e provvedeva a ogni ramo di attività ed a ogni necessità locale. In monastero di Pedona fu uno dei più antichi del Piemonte. I monaci durante l’epoca longobarda e carolingia acquistarono le proprietà fondiarie in varie località limitrofe e diffusero in questo modo il culto di Dalmazzo di Pedona. In questo periodo cessò l’antica disciplina di conservare intatte le reliquie dei martiri, senza distribuirle qua e là nelle varie chiese. Cominciò quindi la pietosa caccia alle ossa di questi sacri pegni tra cui figuravano le ossa di S. Dalmazzo e quelle dei suoi compagni (la prima reliquia del santo è forse un osso del braccio conservato nella cattedrale di Ivrea). È bene sottolineare come i santuari sorti nel loro nome indichino non il luogo del martirio, ma il luogo dove furono trasferite le loro spoglie. La situazione ecclesiastica della regione si modificò ai tempi di Ariperto II il quale restituì al Papa Giovanni VII gran parte del Patrimonio assorbito e fatto scomparire a seguito della devastazione di Rotari. Certamente tale restituzione non fu un semplice ritorno allo status quo, e di fatto i possedimenti non tornarono nelle loro unità amministrative. I Longobardi avevano introdotto un nuovo regime, diverso dall’antico massericio, a base di allodii. Uno dei motivi per cui la restituzione non poté essere integrale fu che molte proprietà erano passate in mano di terzi. Il papa disponeva ora di un nuovo organismo per dirigere proprietà fondiarie: l’ordine monastico dei benedettini. Fu in questo periodo che molti monasteri tra cui quello di Pedona vennero restaurati.

L'invasione saracena[modifica | modifica wikitesto]

Nell' VIII secolo le coste della Provenza sono flagellate dalle incursioni dei Saraceni, che nel 889 edificarono la fortezza di Frassineto. Essi scesero numerosi ed agguerriti nelle valli cuneesi, razziando uomini e distruggendo città ed abbazie.

Intorno al 904 e il 906 i Saraceni invasero per la prima volta Pedona provocando danni alla chiesa e all’abbazia. In seguito a questi attacchi Audace, il vescovo di Asti, fece trasferire le spoglie del santo a Quargnento per inaugurare la fiera e garantirle una maggiore affluenza.

Nel Planctum super Pedonam (Pianto sopra Pedona) un monaco dell’abbazia riportò il dolore e gli effetti dell’ascesa saracena sulla popolazione e sulla città di Pedona. Gli edifici crollarono, la popolazione fu ridotta in schiavitù, gli archivi e i documenti della zona vennero distrutti e i campi non vennero più coltivati. Inoltre le chiese furono spogliate delle loro ricchezze. I territori si erano talmente spopolati che i vescovi-conti, lasciata la spada con la quale avevano combattuto contro i Saraceni, furono costretti - cosa inaudita per degli ecclesiastici di alto rango - a lavorare la terra con le proprie braccia.

Intorno al X-XI sec. iniziò un lento processo di cacciata dei Saraceni la cui sconfitta definitiva avvenne nel 985 come reazione a seguito della cattura di San Maiolo. Le terre cuneesi vennero allora spartite tra i signori piemontesi e il monastero decadde, perdendo il suo potere. I pochi abitanti rimasti dell’agro pedonese si strinsero attorno alla chiesa ricostruita di San Dalmazzo, e a poco a poco formarono una nuova villa che, successivamente, prese il nome attuale di Borgo San Dalmazzo. Essa è spostata rispetto all’antico abitato che si trovava sui margini del fiume Stura mentre Borgo San Dalmazzo è vicino al fiume Gesso.

Ricostruzione dell'Abbazia[modifica | modifica wikitesto]

Il territorio circostante all'abbazia dal 1060 passò sotto al controllo della contessa Adelaide di Susa. Nel 1089 ella lo restituì a Oddone II (vescovo di Novara). Egli, nel 1150, fece risorgere e ricostruire l'abbazia in stile romanico, nel periodo di nascita dei primi Comuni. In questo tempo andò costituendosi anche il Comune di Borgo San Dalmazzo. Nel 1174 le spoglie del santo patrono della città ritornarono da Quargnento, dopo la minaccia degli abitanti di Borgo di non pagare le decime al vescovo, a meno che egli non avesse restituito il corpo di San Dalmazzo alla sua città di nascita.

Dal Mille al XIII secolo[modifica | modifica wikitesto]

Il successore di Adelaide, Enrico IV, morì nel 1091, creando problemi di successione in tutto il Piemonte. Bonifacio del Vasto riuscì ad affermarsi e ad ereditare i territori di Enrico. Egli creò un potente dominio che si estendeva dal Po alle coste liguri. Alla sua morte, i figli succedettero nel dominio paterno assumendo il titolo di marchesi del Vasto. L'abate Ugone promosse la fondazione di Cuneo nel 1195 e ciò influenzò anche il Comune di Borgo. Quest'ultimo subì una forte battuta d'arresto due anni dopo quando fu incendiato a causa delle lotte tra Astigiani e Saluzzesi.

Nel 1216 Borgo San Dalmazzo risulta costituito a comune sotto la reggenza del podestà Anselmo Musso. Nel 1259 tutto il territorio cuneese cadde sotto il dominio degli Angiò. L'abate grazie ai rapporti con i signori d'Oltralpe riuscì a far riconoscere la sua signoria sul comune. Nel 1275 l'esercito angioino subì una tremenda disfatta, a seguito della battaglia fra le valli Gesso e Vermenagna proprio dove era caduto un millennio prima circa il martire San Dalmazzo e i comuni del territorio ricaddero sotto il potere del marchese di Saluzzo. Nel secolo successivo si alternarono numerosi abati, che guidarono spiritualmente la città. Tra i principali si possono ricordare Raimondo, Federico del Borgo, Enrico Brayda e Bernardo de la Garde. Un importante ruolo fu svolto anche dal castello, distrutto da Amedeo VIII e ricostruito per volere di Anna di Cipro.

Il XIV e XV secolo[modifica | modifica wikitesto]

All'inizio del Trecento la zona ritornò sotto il dominio angioino. Dopo la morte di re Roberto, nel 19 gennaio 1343, salì al potere della contea del Piemonte la regina Giovanna, conosciuta per le sue disgrazie. Nel 13 novembre 1346 venne sconfitta a Pollenzo. Cuneo passò ai Savoia nel luglio del 1347, e nel 1348 evitò la rovina dopo la conquista da parte dei saluzzesi grazie ad una sentenza favorevole del vescovo di Forlì il 29 novembre. Il 15 maggio 1356 Borgo San Dalmazzo passò quindi a Tommaso II di Saluzzo, ma tornò a Giovanna qualche mese dopo. Seguirono poi anni di crisi e ribellioni. Nel 1365 arrivò nella contea Amedeo VI il Conte Verde che lasciò a Giovanna solo il castello di Roccasparvera e che infeudò Borgo e la valle Gesso al marchese Carlo di Ceva per cinquecento fiorini d'oro.

La piaga più dolorosa che coinvolse l'area alla fine del XIV fu legata alle campagne di ventura. La più famigerata fu quella del conte Giovanni III d'Armagnac, che forte di 10.000 uomini passò il colle della Maddalena per raggiungere i signori italiani che la'avevano ingaggiata per contenere l'aggressività di Gian Galeazzo Visconti. La morte improvvisa del conte di Armagnac nel luglio del 1391 non risolse il problema poichè la compagnia si frazionò in bande minori che si misero al servizio dei signori locali e che vissero di rapine e di saccheggio

Nel 1372 Borgo venne dato in feudo a Carlo di Ceva. Il 17 giugno 1391 le milizie cuneesi distrussero il vicino Castello degli Armagnacchi . Ma le distruzioni da parte dei Guasconi non finirono qua. Successivamente infatti questi bruciarono il comune di Busaponcello. Ma le loro estenuanti invasioni oltre a portare distruzione portarono la peste . Anche se sembravano essere stati allontanati nel 1405 ritornarono e dettero alle fiamme Morozzo e Chiusa Pesio. Sull’abbazia di San Dalmazzo oltre ai problemi delle varie incursioni ci furono anche diversi problemi di tipo morale. Dopo diversi problemi ne prese il controllo il marchese di Ceva. Inoltre nel 1418 Mondovì viene eretta a nuova diocesi. A Borgo in questo periodo ci fu una grossa questione diplomatica in quanto Cuneo imponeva la restituzione del territorio. Ma quando Amedeo VIII mandò i suoi uomini a Borgo per la consegna del luogo gli inviati trovarono sempre la ferrea opposizione del marchese Oddone. Si pensa dunque di riacquistare la città con le armi e dopo aver stipulato un patto con la città di Firenze e Venezia inizia un lungo assedio che vede la fine nel settembre del 1925 quando Oddone viene catturato e Borgo ritorna sotto la giurisdizione di Cuneo.

La piaga piu' dolorosa che coinvolse i nostri paesi alla fine del XIV fu legata alle campagne di ventura. La banda inglese nel gennaio del 1363 occupò Castelletto Stura e Cuneo. Quest'ultima riuscì a respingerla e la costrinse a restituire Castelletto e per evitare che ritornasse nelle mani dei nemici lo distrusse insieme a Montanera. Il 16 ottobre 1390 Firenze e alcuni signori italiani chiusero in Mende un patto con Giovanni III, conte d'Armagnac. Il patto prevedeva che egli dovesse dare in loro aiuto delle truppe con un elevato numero soldati, ma egli guidando la  grossa banda passò il colle della Maddalena il 17 giugno 1391, le milizie di Cuneo e forse quelle di Ceva riuscirono a contenerla sulla sinistra dello Stura; a fine Luglio il conte d'Armagnac morì fraziondando l'intera banda che non ritornò in Francia, ma si collocò al servizio dei signori  del posto compiendo rapine e saccheggi. Grandi e continui spostamenti di truppe portarono la diffusione della peste nella zona che comprendeva Cuneo, Borgo, Sambuco e altri luoghi circostanti; per mettere fine a ciò  Cuneo, Savigliano, Amedeo  VIII e il principe d'Acaja si allearono per scacciare e per allontanare i briganti che nonostante ciò continuarono i loro assalti bruciando Morozzo e Chiusa Pesio.


Il Quattrocento[modifica | modifica wikitesto]

Il Quattrocento a Borgo si aprì con due importanti controversie. La prima insorse contro i comuni di Roccasparvera e Gaiola per questioni territoriali e si concluse il 16 novembre 1400. Il secondo problema fu legato al desiderio di indipendenza di Borgo dal distretto di Cuneo e il 2 aprile 1406 gli arbitri nominati dal principe d'Acaja Ludovico determineranno i diritti e i doveri delle due parti. Il 24 settembre 1424 ebbe luogo la sottomissione di Borgo a Cuneo. I sindaci Antonio Ferreri e Antonio Belogli, davanti a numerose autorità, presentarono le chiavi della città al Commissario ducale che ne prese possesso e le consegnò al vicario di Cuneo Pietro de Belfort. Grazie all'aiuto della duchessa Anna di Cipro, il 12 marzo 1459 Borgo San Dalmazzo venne infeudato a Giano conte del genovese (attuale Ginevra). Poco dopo i cuneesi inviarono alcuni delegati al Duca e riuscirono ad ottenere l'annullamento dell'infeudazione. Gli abitanti di Cuneo insorsero contro i borghigiani e ne sorpresero 24 armati. Il 13 dicembre 1463 i sindaci di Borgo Giraudo Martino e Antonio Bonetto vennero obbligati a giurare fedeltà agli ufficiali comunali e in caso di nuova infedeltà condannati alla forca e al saccheggio. Borgo inviò due emissari al Duca ottenendo lettere citatorie contro i sindaci di Cuneo che, per ripicca, li fecero arrestare. Nel 1474 scoppia la peste a Borgo e i cittadini fecero edificare una cappella a San Sebastiano, protettore degli appestati. Il quattrocento vede insediarsi a Borgo nel 1424 Giovanni Brozio, un nuovo abate che subito si mostra molto laborioso tanto che l’abazia di Borgo crebbe notevolmente sotto il suo controllo. Nella vicina Mondovì era però da poco nata una nuova abazia che in un primo momento non disturbava affatto né Borgo né Cuneo. L’intento però dell’allora abate di Mondovì Percivallo de Balma era quello di far passare sotto il suo controllo Borgo con l’obbiettivo di sopprimerla. L’abate di Mondovì suscitava a Borgo poca simpatia e successivamente ad alcune provocazioni Percivallo fu convocato dal vescovo di Milano per dirimere le controversie. L’incontro però non ci fu. L’abate di Mondovì nostalgico delle sue terre chiede un cambio di abazia che avenne. Arrivò a Mondovi Aimerigo Segaudi che proseguendo nell’intento del suo predecessore riuscì a fare passare sotto il suo dominio la mensa di Borgo il 14 maggio 1456

Nel XV secolo l'epopea di S. Dalmazzo era ancora diffusa; il santo spegneva incendi, proteggeva la città dalla peste e dalle malattie. Poco alla volta però si cominciò a dimenticare la vita del santo e i suoi particolari, molto spesso confondendo la sua vita con quella di altri. Un particolare di notevole importanza che influenzò la memoria del santo fu un dipinto realizzato su una porta del Borgo, raffigurante S. Dalmazzo a cavallo in memoria della tradizione. Questa pittura venne più volte modificata e ancora oggi si ritrova a Borgo; essa fu la causa che portò erroneamente a diffondere la figura di S. Dalmazzo soldato della legione tebea.


Il Cinquecento[modifica | modifica wikitesto]

Il Cinquecento è il secolo più tormentato della storia di Borgo, in quanto soggetto ai numerosi saccheggi da parte delle truppe spagnole e francesi che passano in Piemonte a causa delle numerose lotte di quel periodo. Esempi importanti si verificarono nel 1554 quando venne appiccato il fuoco al paese dalle truppe francesi e nel 1557 quando circondarono Borgo e sottrassero ai cittadini la reliquia di S. Dalmazzo. Anche la peste si abbatté su borgo in quel periodo: il paese rimase coinvolto in un’epidemia e molti cittadini dovettero fuggire, in un primo momento, ad Entracque e successivamente a Peveragno.

Nonostante i saccheggi e le epidemie in questo periodo si sviluppa l’industria di tipo artigianale, con la costruzione di alcuni mulini e di una fucina. Anche il commercio si sviluppa notevolmente grazie a ricchi mercanti che operano sul territorio e alla posizione strategica di borgo, al centro del commercio delle valli Stura, Gesso e Vermenagna. Grazie a questi fatti Borgo si arricchisce maggiormente e può svolgere numerose opere pubbliche. Per gli stessi motivi anche l’abbazia diventa un centro culturale molto importante dove si concentrano numerosi monaci e intellettuali.


Nel 1500 d.C. un decadimento generale si abbatte sulle abbazie di tutta la zona che colpisce anche l’abbazia di San Dalmazzo, fino alla definitiva soppressione dell’abbazia dovuta all’unione dei beni con quelli della Mensa Vescovile di Mondovì. Come ultima benefattrice dell’abbazia la tradizione ci segnala la prima Regina Giovanna a cui ci riferiamo per probabili incongruenze storiche. Il suo nome ci arriva grazie ad una leggenda che ci spiega il suo arrivo ed il suo operato a Borgo. La leggenda pur contenendo importanti elementi storici, presenta alcune impossibilità cronologiche. Grazie a questa leggenda e ad altri testi sappiamo dell’esistenza di un castello, che si ereggeva ancora nel 1594.

Dalmazzo Grosso, primissima gloria letteraria borgarina, scrisse una “cronaca” dove sono riportati gli eventi riguardanti Borgo nel cinquecento. Alcuni degli avvenimenti raccontati da Dalmazzo Grosso sono: la divisione della reliquia di San Dalmazzo nel 1521 voluta da Carlo III di Savoia, succeduto a Filiberto II di Savoia, che venuto a conoscenza della reliquia del santo, della sua vita e della sua morte incaricò il frate Angelo a Borgo che mettendosi d’accordo con i monaci del posto decisero di dividere la reliquia. Poco dopo, nel 1524 Borgo rimase coinvolta con l’epidemia della peste e molti cittadini dovettero fuggire, in un primo momento, ad Entracque e poi a Paveragno. Successivamente, il 6 dicembre del 1534 Antonio Torresano insieme ad un gruppo di ladri venne a saccheggiare Borgo e i suoi abitanti. Il 19 marzo del 1554 il colonnello Francesco De la Mole diede l’ordine ai suoi uomini di dar fuoco alla città lasciando la terra consumata dal fuoco infine, nel 1557 un esercito di Francesi circondarono Borgo e sottrassero ai cittadini la reliquia di S. Dalmazzo.