Uraeginthus ianthinogaster

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Granatino violaceo
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Classe Aves
Sottoclasse Neornithes
Superordine Neognathae
Ordine Passeriformes
Sottordine Oscines
Infraordine Passerida
Superfamiglia Passeroidea
Famiglia Estrildidae
Genere Uraeginthus
Specie U. ianthinogaster
Nomenclatura binomiale
Uraeginthus ianthinogaster
Reichenow, 1879)

Il granatino violaceo o granatino purpureo (Uraeginthus ianthinogaster Reichenow, 1879) è un uccello passeriforme della famiglia degli Estrildidi[2].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Dimensioni[modifica | modifica wikitesto]

Misura fino a 14 cm di lunghezza, coda compresa.

Aspetto[modifica | modifica wikitesto]

Un maschio in cattività.
Una femmina nel Masai Mara.

Si tratta di uccelli dall'aspetto slanciato, muniti di lunga coda rettangolare e becco conico e appuntito.
La livrea è bruno-rossiccia su tutto il corpo, con tendenza a scurirsi su ali e coda: sulla faccia è presente una mascherina blu-azzurra attorno agli occhi, e lo stesso colore è presente su petto, fianchi e codione, mentre il ventre presenta sfumature o pezzature azzurre. Nella femmina l'azzurro facciale è meno esteso e quello ventrale assente o presente sotto forma di sfumature sui fianci, mentre la livrea è di color bruno-giallastro, con tendenza a schiarirsi sul ventre, dove sono presenti orlature biancastre sulle singole penne. In ambedue i sessi il becco è rosso, le zampe sono di colore carnicino-grigiastro e gli occhi sono bruno-rossicci, con cerchio perioculare di color carnicino.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Un maschio nel parco nazionale del Serengeti.

Si tratta di uccelli dalle abitudini diurne, che vivono in gruppetti familiari o in piccoli stormi, a volte in associazione con altre specie di estrildidi: il granatino violaceo è un uccello assai timido, pronto a rifugiarsi nel folto della vegetazione al minimo segnale di pericolo.

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

La dieta di questi uccelli si compone prevalentemente di piccoli semi di graminacee: essi si nutrono inoltre di bacche, frutta e, specialmente durante la stagione riproduttiva, di insetti ed altri piccoli invertebrati. riproduzione

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

La stagione riproduttiva coincide con la fase finale della stagione delle piogge: il maschio corteggia la femmina tenendo un filo d'erba nel becco, saltellandole attorno e cantando, fino a quando essa gli segnala la propria disponibilità all'accoppiamento accovacciandosi e spostando lateralmente la coda.
La costruzione del nido è a carico di ambedue i partner, col maschio che fa il grosso del lavoro, assistito dalla femmina: esso ha forma sferica, è composto da erba e fibre vegetali intrecciate e foderato internamente di piume, e viene generalmente collocato nel folto di un cespuglio. Al suo interno, la femmina depone 3-5 uova biancastre, che essa cova assieme al maschio (che tuttavia partecipa piuttosto poco all'incubazione delle uova) per circa due settimane. I nidiacei vengono accuditi da ambedue i genitori, e sebbene siano in grado d'involarsi attorno alle tre settimane dalla schiusa, si allontanano del tutto dal nido solo attorno al mese e mezzo di vita.

Il granatino violaceo subisce parassitismo di cova da parte della vedova di Fischer.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Un maschio al suolo.
Una femmina in Kenya.

Questa specie occupa un areale che si estende dal Sudan sud-orientale alla Somalia settentrionale, e a sud fino alla Tanzania nord-orientale.

L'habitat d'elezione del granatino violaceo è rappresentato dalla savana con macchie alberate e cespugliose, fino a 2000 m d'altitudine.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) BirdLife International 2012, Uraeginthus ianthinogaster, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Estrildidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 10 maggio 2014.

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