Storia di Parma

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Voce principale: Parma.
Parma
Paese Italia
Regione Emilia Romagna
Provincia Parma
Popolo fondatore Etruschi?
Anno fondazione periodo etrusco
Anno indipendenza 1860

Indagini archeologiche hanno confermato l'ipotesi che Parma abbia avuto un impianto urbano anteriore all'insediamento dei Celti (VI secolo a.C.) e riconducibile ad ambiente di cultura etrusca, ma forse Parma era un centro abitato già nell'Età del bronzo. Riacquista conseguentemente consistenza la tesi di una derivazione del toponimo dai nomi documentati di tribù etrusche «Parmii» o «Parmnial». Secondo altri, invece, il nome deriva dalla voce latina parma/parmae, scudo rotondo che richiama la forma della città. Alcuni osservano che questo termine militare latino era probabilmente, a sua volta, di origine etrusca, in quanto etrusco era appunto lo scudo metallico rotondo.

Età romana

La derivazione dell'attuale nome venne in seguito conservata dalla colonia romana, fondata nel 183 a.C. da circa 2000 coloni Latini sul territorio dei Celti Anamari, sulla via Emilia da poco tracciata (che costituì il decumano della città). Il foro romano corrisponde all'attuale Piazza Garibaldi, è ancora visibile il cardo, con orientamento nord-sud (via Farini - via Cavour), e il decumano, con orientamento est-ovest (via Repubblica - via Mazzini - via D'Azeglio). Parma viene a collocarsi in una posizione strategica all'intersezione della strada consolare est-ovest con quelle preromane transappenniniche, dirette a Luni e al Tirreno da una parte, al Po e all'Adriatico dall'altra. Parma, ricostruita da Augusto dopo la distruzione del 44 a.C., raggiunge la sua massima espansione in età imperiale e nel I secolo d.C. ottiene il titolo di "Julia", per la fedeltà dimostrata verso Roma.

Tardo antico ed invasioni germaniche

A tre secoli di pace segue la guerra tra Costantino e Massenzio, che causa alla città incendi e devastazioni, tanto che, nel 377, l'imperatore Graziano decide di insediare nel territorio ormai totalmente spopolato una tribù di barbari vinti, i Taifali. Successivamente, nel 452, Parma viene saccheggiata da Attila, ma gli abitanti hanno il tempo di rifugiarsi sui monti dell'Appennino. Odoacre la divide tra i suoi fidi restaurando, o forse creando ex novo, un ponte, l'acquedotto e altre opere che contribuiscono alla rinascita della città. Successivamente la guerra gotica ha, come altrove, conseguenze drammatiche sulla demografia, tanto più che la città viene parzialmente distrutta dai Goti del re Totila. Alla cacciata dei Goti, Parma rifiorisce nuovamente durante il breve periodo bizantino (553-568) con Teodorico, nel quale la città viene soprannominata Chrysopolis (città d'oro), forse in ragione della presenza del Tesoro militare. Il ripopolamento e la ricostruzione sono in seguito assicurati dall'arrivo, nel 568, di un altro popolo germanico, i Longobardi, i quali occupano circa un terzo della superficie abitata, trasformando Parma in un centro militare e amministrativo con l'insediamento di un duca, capo militare e politico a un tempo. Nell'879 Carlo Magno accorda al vescovo Guidobo il potere temporale sulla città e sui territori limitrofi.

Lo stesso argomento in dettaglio: Ducato longobardo di Parma.

Libero comune ed età moderna

Parma continua ad essere governata da una lunga serie di vescovi-conti fino a quando diviene libero comune, nel XII secolo. A quest'epoca risalgono le vestigia architettoniche più antiche come il Duomo, fondato dall'antipapa Onorio II, il vescovo Càdalo, signore della città, ed il Battistero. L'altro antipapa cittadino fu Clemente III, il vescovo Guiberto. Per un breve intervallo nel XIV secolo Parma venne incorporata nell'immenso territorio della signoria veronese dei Della Scala.

Battistero
Mappa del Ducato di Parma e Piacenza 1639

Viene governata da potenze straniere, in particolar modo Milano e la Francia, e nel 1513 viene annessa allo Stato della Chiesa da Papa Giulio II. Nel 1545 il Papa Paolo III crea il Ducato di Parma e Piacenza, destinandolo a suo figlio illegittimo Pier Luigi Farnese, i cui discendenti lo governano (a parte qualche interruzione) fino al 1731. In questo periodo Parma conosce una particolare fama per la sua scuola di pittura, con artisti del livello del Correggio e del Parmigianino. La magnificenza dei duchi favorisce la progettazione e la realizzazione di opere architettoniche, che daranno a Parma l'aspetto di piccola ma graziosa capitale italiana.

Settecento e Ottocento

Nel 1748 il ducato passa per discendenza femminile alla famiglia spagnola dei Borbone. Con la pace di Aquisgrana (1748), infatti, il fratello di Carlo I, Filippo - che sposerà Luisa Elisabetta, figlia di Luigi XV - diviene duca di Parma, Piacenza e Guastalla. Ai territori originali del Ducato si aggiunge così buona parte della Bassa reggiana. Grazie anche alle riforme del primo ministro Guillaume du Tillot, Parma vive uno dei suoi periodi di maggior splendore, arricchendosi di eleganti architetture neoclassiche, di nuove strutture urbane e di importanti istituzioni quali la Biblioteca Palatina, la Stamperia Reale diretta da Giambattista Bodoni, il primitivo nucleo del Museo Archeologico, formato dai reperti provenienti dagli scavi dell'antica "Veleia", la Quadreria, l'Orto botanico.

Maria Luigia Duchessa di Parma e Piacenza

Il 21 marzo 1801 con il trattato di Madrid Napoleone Bonaparte annette il Ducato di Parma alla Francia. L'11 aprile 1814 il trattato di Fontainebleau, seguito all'abdicazione di Napoleone, restaura il ducato come Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, affidandolo, sotto la protezione dell'Austria, a Maria Luigia d'Austria. La duchessa attua un programma di sviluppo e di riforma delle strutture assistenziali e delle opere pubbliche, rinnovando anche la veste urbanistica e architettonica della città e potenziando le vie di comunicazione, con la realizzazione della strada Parma-La Spezia e di numerosi ponti. Maria Luigia d'Austria l"amata sovrana" del popolo parmense, regge le sorti del Ducato fino al 1847, quando viene riassegnato alla linea parmense dei Borbone, con Carlo III di Borbone (1849-1854). Dopo la sua morte, avvenuta per una pugnalata in città nel 1854, il Ducato passa al giovane figlio Roberto I (18541859) mentre la madre, Louise d'Artois, figlia del Duca di Berry, ne assicura la reggenza fino al 9 giugno 1859.

Unità d'Italia e XX secolo

Il 15 settembre 1859 viene dichiarata decaduta la dinastia borbonica e Parma entra a far parte delle province dell'Emilia, rette da Luigi Carlo Farini. Nel 1860 tramite plebiscito il ducato passa al Regno di Sardegna, e quindi al Regno d'Italia. Con la costituzione dello stato unitario, Parma risentirà fortemente del declassamento da capitale di Stato a semplice capoluogo di provincia, con una grave crisi sociale ed economica. La recente assegnazione alla città di Parma della sede dell'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare EFSA ha rappresentato per molti cittadini e istituzioni l'occasione di un ritorno al ruolo più internazionale e prestigioso di piccola capitale europea.

Nonostante le pause imposte dalle crisi economiche (come quella del 1908), dalla prima guerra mondiale e dalle inquietudini politiche sociali del primo dopoguerra, in città lo spirito di rinnovamento del nuovo secolo è motore di grandi cambiamenti: vengono abbattuti i vecchi bastioni, si modifica l'assetto urbanistico del centro, dove nascono gli edifici più eleganti e prestigiosi, si rinnovano l'Oltretorrente e le più importanti arterie.

Parma viene ricordata nei tempi moderni per essere stata protagonista nel 1922 di uno dei rari episodi di resistenza antifascista dell'epoca, che le meritarono la fama di città "rossa", con l'erezione da parte di elementi comunisti delle "Barricate" al fine di impedire alle Camicie Nere di Italo Balbo l'accesso ai quartieri dell'Oltretorrente. Questo episodio viene ricordato anni più tardi, in pieno regime fascista, dopo la famosa trasvolata sull'Atlantico di Balbo, con una anonima scritta in dialetto parmigiano sui muri del lungoparma che ricorda all'eroe del regime che "ha passato l'Atlantico, ma non la Parma". Successivamente i quartieri dell'Oltretorrente, epicentro di quell'episodio, vengono bonificati, pur rappresentando ancora oggi la parte più tipicamente popolare e "bohemienne" della città.

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Le barricate nell'Oltretorrente

In seguito all'inasprirsi delle violenze fasciste contro le organizzazioni e le sedi del movimento operaio e democratico, l'Alleanza del Lavoro (organo di un ampio fronte sindacale) proclamò per il 1° agosto 1922 uno sciopero generale nazionale in "difesa delle libertà politiche e sindacali". Contro la mobilitazione dei lavoratori si scatenò la violenza delle squadre fasciste lungo tutta la penisola.

L'Alleanza del Lavoro sospese lo sciopero il 3 agosto, ma le aggressioni aumentarono e solo in poche città fu organizzata la resistenza alle azioni delle camicie nere. Le spedizioni punitive ebbero così un totale successo con la distruzioni di circoli, cooperative, sindacati, giornali ed amministrazioni popolari.

A Parma, sola eccezione, gli sviluppi dello sciopero furono ben diversi: la città divenne teatro di una resistenza armata alle squadre fasciste che, dopo cinque giorni di combattimenti, risultò vittoriosa. I lavoratori avevano risposto compatti allo sciopero e, forti delle tradizioni locali del sindacalismo rivoluzionario, mostrarono ancora una volta grande capacità di mobilitazione e di combattività Nei giorni di agosto furono mobilitati dal Partito Fascista per la spedizione su Parma circa 10.000 uomini, giunti dai paesi del Parmense e dalle province limitrofe; a comandarle venne inviato Italo Balbo, già protagonista di analoghe spedizioni militari a Ravenna e a Forlì. La popolazione dei borghi dell'Oltretorrente e dei rioni Naviglio e Saffi rispose all'aggressione innalzando barricate, scavando trincee ed organizzandosi in una difesa estrema delle proprie case e sedi politiche. Mentre a livello nazionale lo sciopero si esauriva e il fronte democratico veniva sconfitto, a Parma la resistenza si faceva sempre più tenace. Gli scontri coinvolsero attivamente tutta la popolazione e venne superata ogni polemica politica tra le diverse tendenze: arditi del popolo, sindacalisti corridoniani, confederali, anarchici, comunisti, popolari, repubblicani e socialisti combatterono le camicie nere, coordinati dagli Arditi del Popolo, squadre paramilitari fondate dal socialista Guido Picelli. Gli scioperanti dell’Oltretorrente , armati di vecchi e scalcinati fucili modello 91 o altre armi rudimentali , combattendo da dietro mobili , carri e improvvisate trincee scavate in strada seppero opporre un’incredibile resistenza ai fascisti . Essi, dopo numerosi tentativi di superare le barricate , fecero azioni di rappresaglia compiendo numerose devastazioni nelle zone centrali della città, specie al circolo dei ferrovieri, negli uffici di numerosi professionisti democratici e nelle sedi del giornale "Il Piccolo", dell'Unione del Lavoro e del Partito Popolare . Mentre infuriavano i combattimenti si iniziarono le trattative per la fine dei combattimenti tra il comando di Balbo, le autorità militari e la Prefettura. La notte tra il 5 e il 6 agosto le squadre fasciste smobilitarono e lasciarono velocemente la città senza essere riuscite a penetrare nelle zone controllate dagli antifascisti. Il 6 agosto il generale Lodomez, comandante militare della piazza, assunse i pieni poteri e proclamò lo stato di assedio. Nella mattinata i soldati, festosamente accolti dalla popolazione, entrarono nei rioni dell'Oltretorrente e del Naviglio e, in poco tempo, la situazione tornò alla normalità. Complessivamente durante gli episodi delle Barricate le perdite degli squadristi fascisti ammontarono a 39 morti e 150 feriti , mentre gli scioperanti d’Oltretorrente ebbero 5 morti e un numero ignoto ( ma sicuramente basso ) di feriti .

L'otto settembre a Parma

In seguito all’Armistizio di Cassibile dell’ 8 settembre 1943, il 9 settembre scatta l’operazione militare tedesca “Nordwind” tesa a disarmare e catturare tutte le unità italiane. La prima operazione militare tedesca, in provincia di Parma, è quella operata dalle truppe del colonnello Hansen per assicurarsi il controllo del ponte di Casalmaggiore. Successivamente lo stesso reparto inizia a procedere all’occupazione della Bassa Parmense.

I reparti tedeschi, a differenza di quelli italiani, sono dotati di buona mobilità accompagnata dalla massima potenza di fuoco ottenibile.

Per la conquista di Parma era stata approntata una colonna composta da:

1° battaglione del 1° Reggimento Granatieri corazzati SS rinforzato da diversi plotoni delle compagnie reggimentali (800 uomini)

1° Gruppo del 1° Reggimento Corazzato SS con 3 battaglioni (450 uomini)

1ª Compagnia del Battaglione trasmissioni (150 uomini)

1° Plotone del Battaglione anticarro equipaggiato con 2-3 carri armati Marder III da 75 mm.

Il Presidio militare presente a Parma, comandato dal Generale Moramarco, deciswe di accettare la proposta di resa avanzata dal colonnello tedesco Frey, ma il comando territoriale di Piacenza ordinò di resistere a tutti i costi . Vennero così prese tardivamente le misure di difesa della città.

Alle due le truppe e i carri armati tedeschi circondano alcuni edifici pubblici importanti, la Cittadella e la Scuola di Applicazione del Giardino Ducale ( gli ufficiali e i cadetti ivi accasermati , prima di essere presi prigionieri , resistettero all’attacco tedesco , lasciando sul campo 5 morti e 20 feriti ) .

Cominciarono così fitte sparatorie tra italiani e tedeschi

Tutti le caserme vengono occupate rapidamente dai tedeschi e gli italiani vengono battuti rapidamente. L’unica pattuglia militare che riesce a resistere sino alla resa definitiva della città è quella che si barrica nel palazzo in via delle Poste.

Sbaragliata la fanteria, l’unica forza valida in campo italiano è costituita da una colonna corazzata formata forte di un carro armato M 15 e da sette semoventi ( armati di soli 5 colpi ) , accompagnati da una colonna mortai di 12 pezzi da 20 mm montati su autocarri. La forza arriva in città da Fidenza , con l’ordine di reagire agli attacchi provenienti da qualsiasi parte . Arrivata in Barriera Bixio alle 6:30 , la colonna viene colta qui in un’ imboscata delle forze tedesche che avevano teso.

Il carro armato e un semovente vengono bloccati. Tre carri escono indenni e riescono ad attarversare ponte Umberto e ad imboccare lo Stradone , ma sono bloccati dai tedeschi in via Passo Buole, via Vitali e poco prima di Barriera Farini .

La colonna mortai e tre semoventi , le uniche forze superstiti , arrivano ai cancelli della Barriera . I tre semoventi vengono distrutti da cannonate provenienti dalle postazioni di artiglieria tedesche , situate alle porte della città e sui ponti , nel loro tentativo di battere via Spezia, via Solari e via Caprera. La colonna mortai ingaggia un ‘ ultima battaglia coi tedeschi , riuscendo ad immobilizzare un loro Marder . Lo scontro cessa alle 8 , dopo la distruzione del camion munizioni avvenuto alle 7:30. Complessivamente nello scontro sono morti 6 fra soldati e ufficiali parmigiani .

I soldati presenti nel Palazzo del Governatore, sede del Presidio militare a Parma,accerchiati dai tedeschi , dopo aver sparato alcuni colpi di fucile e rivoltella dalle finestre , si arrendono . Viene così preso alle ore 9 il Presidio militare di Parma , con conseguente resa della città.

L’ultima azione di disarmo operata dai tedeschi è quella contro l’aeroporto militare che poco dopo le otto viene sorpreso da due camionette della Wehrmacht. Tutti i prigionieri italiani verranno internati in Cittadella, in attesa di essere deportati in Germania. Molti soldati sono riusciti a salvarsi disertando , avvalendosi dell’aiuto di civili che li aiutarono a disfarsi degli abiti militari o gli diedero rifugio .

Le forze italiane presenti in città ammontavano a 6.000 uomini mentre altri 7.000 uomini erano sparsi per la provincia per un totale di circa 13.000 soldati

In totale all’8 settembre le truppe tedesche operative nella zona di Parma assommavano a circa 12.500 uomini.

La Resistenza a Parma

La Resistenza a Parma prese ufficialmente avvio il 10 settembre quando i dirigenti del Partito comunista (tra cui Remo Polizzi, Luigi Porcari, Giacomo Ferrari, Dante Gorreri, Umberto Ilariuzzi, Virginio Barbieri, Bruno Tanzi) si riunirono e gettarono le basi organizzative della resistenza armata contro l’occupazione nazista.

Il 15 ottobre, nello studio notarile di Giuseppe Micheli, gli esponenti dei partiti antifascisti (Partito comunista, Partito socialista, Partito d’azione, Partito repubblicano, Democrazia Cristiana e Partito liberale) diedero vita al Comitato di liberazione nazionale (Cln) di Parma.

L’asse stradale e ferroviario Parma-La Spezia, controllato da muniti presidi tedeschi per la sua notevole importanza strategica, tagliava l’Appennino in due zone (Est Cisa e Ovest Cisa) definendo anche i due territori d’azione della guerriglia partigiana.

Le prime bande partigiane di montagna cominciarono ad essere costituite dal Cln nell’autunno. Il banco di prova della loro efficienza avvenne la vigilia 24 dicembre 1943 quando una di esse, il Distaccamento “Picelli”, sostenne vittoriosamente il combattimento con un più numeroso reparto fascista ad Osacca, nel Bardigiano.

In pianura si formarono le Sap (Squadre d’azione patriottica), addette al sabotaggio e al supporto logistico della guerriglia, e i Gap (Gruppi d’azione patriottica) per colpire i nemici in città.

Nell’estate 1944 il movimento della Resistenza, alimentato soprattutto dai giovani renitenti alla leva nell’esercito della Rsi, ebbe la sua massima espansione, tanto che in giugno le forze partigiane controllavano intere zone appenniniche nella Val Ceno e nella Val Taro (che si costituirono in “Territori liberi”)

Dopo l’occupazione della città il 9 settembre i tedeschi provvidero a impiantare un’amministrazione militare. Gli organismi di amministrazione erano rappresentati dallo Standortkommandatur e dal Militarkommandatur (a esso veniva incaricato il comando militare di piazza e i compiti connessi ai settori rifornimento,amministrazione e lavoro). In città, inoltre , fu rifondato il partito fascista , che assunse il nome di Partito Fascista Repubblicano (con 4.145 iscritti , di cui 1.600 alle armi ). I tedeschi si trovarono ben presto a dovere fronteggiare i continui attentati e sabotaggi delle bande partigiane in città e anche in tutta la provincia . I compiti della repressione antipartigiana furono affidati alla Feldgendarmerie (il contigente di SS presente in città che contava circa 1.000 effettivi ) e alle forze della Repubblica Sociale Italiana, consistenti solo in alcuni reparti della 80° Legione Camicie Nere. Dal 1944, in sostituzione alle SS , furono impiegate le SD e si provvide al reclutamento degli effettivi delle Brigate Nere “Virginio Gavazzola”. Essi compirono una spietata opera repressiva con esecuzioni sommarie, rastrellamenti, eccidi e saccheggi .

Durante l’occupazione tedesca iniziò la persecuzione della comunità ebraica presente in città (circa 200 persone), a cui si aggiungevano anche altri israeliti sfollati dalla Jugoslavia. Per essi iniziava un calvario che si sarebbe concluso con la cattura e, se non l’uccisione immediata, con la deportazione in Germania. Alcuni si salvarono fuggendo, anche grazie all’aiuto dei partigiani. Centinaia di cittadini furono internati nelle carceri con l’accusa di aiutare i ribelli, uscendone soltanto per essere fucilati o subire la deportazione in Germania, non di rado subendo anche torture da parte delle SD .

Durante i venti mesi di occupazione tedesca (settembre 1943 - aprile 1945) le fucilazioni di civili e di partigiani da parte dei tedeschi e dei fascisti furono 136 e provocarono 396 vittime (267 civili e 130 partigiani). I tedeschi si impegnarono nella lotta antipartigiana anche in operazioni negli Appennini: nel luglio 1944 fu sferrata un’energica offensiva per colpire le basi della guerriglia partigiana sull’Appennino Tosco-Emiliano con grandi operazioni di rastrellamento. La guerriglia fu coordinata, da allora, dal Cuo ( Comando unico operativo). Il 17 ottobre un forte reparto germanico sorprese a Bosco di Corniglio il Cuo, tendendo un’imboscata che costò a esso la morte di cinque dei suoi membri più importanti. Le operazioni di rastrellamento proseguirono anche nel gennaio 1945, impiegando sino a 20.000 effettivi delle SD e tenendo impegnate le bande partigiane in logoranti combattimenti metro per metro. Nel frattempo i numerosi arresti smantellarono la rete clandestina in città e nella Bassa.

Nell’aprile del 1945 la situazione si fece sempre più disperata coll’avanzata degli Alleati. Il comando tedesco progettò di applicare a Parma la tattica della “terra bruciata” , facendo minare e distruggere l’acquedotto e le centrali elettriche e del gas. Questa possibilità venne scartata grazie a negoziati con le autorità italiane. Tuttavia i tedeschi , nell’aprile 1945 divennero più brutali nelle loro rappresaglie.

Nonostante ciò, alla vigilia della Liberazione , il movimento partigiano fu in grado di organizzare circa undicimila uomini, inquadrati in cinque grandi unità militari , che riuscirono a organizzare un piano insurrezionale tra il 25 e il 26 aprile 1945.

Con l’avanzare degli Alleati, tedeschi e fascisti , abbandonarono le loro posizioni in una fuga caotica e disordinata , resa ancora più difficile dai continui attentati partigiani . Per questo attuarono un'ultima serie di eccidi che investì le comunità contadine della zona orientale della provincia tra la via Emilia e il Po. In due giorni 59 civili vennero massacrati da reparti tedeschi in ritirata.

Molti soldati tedeschi morirono quando dovettero attraversare il fiume Po : il loro disperato tentativo di guado , in cui furono utilizzati tutti i mezzi a disposizione (molti soldati disperati tentarono di attraversare il Po anche a nuoto ) , per molti di essi si concluse con l’annegamento.

Una parte delle truppe nazifasciste in ritirata , rimaste isolate dal grosso in ritirata e impossibilitate a ripiegare su Parma , opposero agli Alleati e ai partigiani un’ultima , accanita e disperata resistenza nella zona fra Ozzano Taro e Fornovo (“sacca di Fornovo”). La loro resistenza fu spezzata il 29 aprile , quando le forze assedianti furono raggiunte da nuovi rinforzi. I prigionieri italiani e tedeschi presi dagli Alleati al termine della battaglia nella “sacca” ammontarono a 15'000

La liberazione di Parma

I partigiani e le truppe alleate fecero il loro ingresso a Parma la mattina del 26 aprile 1945.

Nella notte tra il 24 e il 25 il grosso dei militari tedeschi, con a seguito i fascisti ancora presenti in città, avevano abbandonato Parma, lasciando dietro di sé piccoli nuclei di franchi tiratori, appostati su alcuni edifici, allo scopo di ostacolare, in qualche modo, l’azione dei reparti partigiani.

I gruppi di cecchini ingaggiarono diverse sparatorie con i partigiani prima di essere sconfitti. Nel frattempo, una lunga colonna di mezzi militari alleati attraversava Parma diretta verso Milano, che di lì a poco sarebbe stata liberata. Il 27 aprile 1945, giunse il Commissario provinciale del Governo militare alleato, il maggiore Burns, con l’incarico di garantire il governo della provincia, in collaborazione con il Comitato di liberazione nazionale, fino al 4 agosto successivo quando l’Emilia sarebbe stata restituita alle autorità italiane.

Il 9 maggio le brigate combattenti della Resistenza sfilarono lungo le strade della città e davanti al palco d’onore dei comandi partigiani e alleati. Al termine della manifestazione le armi furono riconsegnate e le brigate sciolte: Parma liberata affrontava gli anni del dopoguerra.

Purtroppo, durante e dopo la liberazione e nei giorni seguenti, atti di giustizia sommaria portano a circa 200 esecuzioni di elementi politicamente compromessi con il nemico invasore (franchi tiratori, spie e torturatori).

IL CLN decise, per evitare che vendette personali e regolamenti dei conti continuassero a mietere vittime, la fondazione della Commissione di giustizia, che si occupò di punire i fascisti con processi legali e (più o meno) equi.

Molti fascisti, per salvare la propria vita, si andarono a costituire spontaneamente alle autorità. Secondo dati ufficiali, i prigionieri politici erano superiori ai 500 al 27 aprile e , ai primi di maggio, superavano le 1000 unità. Essi. Non di rado furono fatti oggetto di una detenzione non ineccepibile (erano stipati in 7 o 8 per cella).

Bilancio dei caduti della Resistenza parmense

  • Antifascisti 49
  • Partigiani 794
  • Partigiani all’estero 115
  • Partigiani stranieri e sconosciuti 18
  • Militari 228
  • Civili 425
  • Non parmensi,per rappresaglia 19
  • Ebrei 22
  • Totale 1670 (*)

(*)Di cui 339 morti nei lager nazisti.

Dai rilevamenti dell'Istituto della Resistenza e della Storia Contemporanea di Parma.

Dopoguerra

La liberazione di Parma avviene la mattina del 26 aprile, mentre il 9 maggio le formazioni partigiane sfilano in città tra la folla. Parma è una città Medaglia d'Oro della Resistenza, omaggio ai caduti nella lotta per la libertà, come alle vittime delle deportazioni e dei bombardamenti.

Voci correlate