Muhammad di Ghur

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Muʿizz al-Dīn Muḥammad, o Mohamad di Ghor[1], noto anche come Muḥammad Ghūrī, in urdu شہاب الدین غوری, ossia Shihāb al-Dīn Ghūrī (11601206), è stato uno dei protagonisti dell'affermazione dell'Islam nell'India settentrionale.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Muʿizz al-Dīn Muḥammad di Ghūr (Ghūrī), fu uno dei sovrani della dinastia Ghuride, che dominò su un territorio che abbraccia gli odierni Afghanistan, Pakistan e India settentrionale. Le invasioni di Muḥammad Ghūrī hanno provocato la morte di almeno 100.000 indù[2], con molte donne e bambini indù venduti come schiavi nei paesi islamici[3].

L'ambizioso tagico Muḥammad Ghūrī ereditò il potere del fratello Ghiyāth al-Dīn Muḥammad e trasformò il suo piccolo Stato di Ghor (Ghūr) in un vasto impero. Assorbì innanzi tutto il territorio dei Ghaznavidi, poi lo dilatò con operazioni belliche impadronendosi del settentrione indiano e del Bengala.

Nel 1173, Muḥammad fu nominato governatore di Ghazna, assoggettata da suo fratello, e continuò a razziare a est il territorio ghaznavide. Invase il Gujarat negli anni ottanta del XII secolo, ma fu respinto dai Solankī che dominavano la regione. Nel 1186, s'impadronì di Lahore e mise fine al regno della dinastia dei Ghaznavidi.

Dopo una sua iniziale disfatta nel 1191 nella prima battaglia di Taraori inflittagli da Prithivîrâja Châhumâna III - il raja Rajput che all'epoca regnava sui territori di Delhi e di Ajmer - si ritirò con il suo esercito nelle sue basi, grazie al fatto che i guerrieri del raja Rajput non avevano una cavalleria in grado d'inseguire e sterminare quanti erano stati sconfitti.[4] Passò quindi un anno intero a prepararsi a una nuova guerra. Tornò in campo nel 1192 e lo scontro nella seconda battaglia di Taraori, coi suoi 120.000 uomini turchi, persiani e afghani, forti di una possente cavalleria e di abili arcieri dotati di arco composito, annientò i 300.000 indiani di Prithivîr, catturando lo stesso raja, che fu giustiziato sullo stesso campo di battaglia.

Muḥammad Ghūrī divenne in tal modo il primo esponente musulmano a impadronirsi di Delhi e a insediare un potere islamico in India, senza tuttavia trasferirvisi personalmente.

Mentre egli nominava governatore di Delhi il suo generale Quṭb al-Din Aybak, futuro fondatore della locale dinastia mamelucca (da non confondere con quella che regnò in Egitto e Siria dopo gli Ayyubidi), l'altro suo generale Muḥammad ibn Bakhtiyār attraversava il Gange, prese Varanasi, distruggendo templi indù e sterminando la popolazione maschile, salvando le donne e i fanciulli per deportarli come schiavi, Muḥammad Ghūrī razziava il Bihār dove perpetrò il grande massacro di monaci buddisti a Nālandā, e della popolazione civile, vibrando un colpo pesante al buddhismo indiano. S'impadronì infine del Bengala ove tuttavia incontrò una resistenza non trascurabile.

Nel 1206, Muḥammad Ghūrī si recò a Lahore per piegare una rivolta, ma sulla via del ritorno a Ghazna in cui s'era stabilito, fu assassinato a Damik, forse ad opera di un Assassino ismailita nizarita, oppure da un combattente ghakkar[5] della regione.

Muḥammad Ghūrī (che non lasciò eredi), trattò i suoi schiavi come figli e si pensa che egli abbia addestrato una gran quantità di schiavi d'origine turca alle arti della guerra e all'amministrazione dei suoi territori, riprendendo uno schema a suo tempo avviato dal califfo abbaside al-Muʿtaṣim e dal Sultano ayyubide al-Ṣāliḥ Ayyūb.

Uno di tali schiavi, Quṭb al-Dīn Aybak, si rese indipendente e fondò alla morte di Muḥammad di Ghūr un Sultanato, inaugurandovi la dinastia dei Mamelucchi di Delhi.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Paul K. Davis, Seconda battaglia di Taraori, in Le cento battaglie che hanno cambiato la storia, collana I volti della storia, Newton Compton Editori, maggio 2017, p. 178, ISBN 978-88-227-0456-6.
  2. ^ Dasharatha Sharma, Early Chauhan Dynasties, Motilal Banarsidass, 1975, p. 87.
  3. ^ Perspectives in Indian History: From the Origins to AD 1857, Notion Press, 2020.
  4. ^ M. Torri, Storia dell'India, Roma-Bari, Laterza, 2007, p. 186.
  5. ^ Appartenente a un clan dell'attuale Punjab pakistano.

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