Tony Palladino: differenze tra le versioni
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Versione delle 14:11, 2 apr 2019
Anthony Americo "Tony" Palladino (New York, 6 aprile 1930 – New York, 14 maggio 2014) è stato un illustratore, designer e docente statunitense.
Biografia
L'infanzia
Nato nel borough newyorkese di Manhattan da emigranti italiani e cresciuto nel pieno della grande depressione, iniziò a lavorare fin da piccolo per contribuire al bilancio familiare.
La strada fu perciò la sua prima scuola, e si dice che avesse un buon gancio sinistro. Tuttavia, in quei tempi duri, maturava la sua sensibilità di artista. A 8 anni, s'intrufolava nell'East Harlem’s Triboro Burlesque per spiare gli spettacoli per adulti, e quella fu la sua prima esperienza visuale forte. La vita della grande città lo impressionò talmente da crescere in lui il desiderio di ritrarla nei lavori futuri.[1]
Peraltro, nessuno dei suoi familiari parlava decentemente l'inglese, e, siccome egli rifiutava di parlare l'italiano, comunicava con loro attraverso i disegni.[2]
Gli anni della scuola
Nel 1946 si iscrisse alla High School of Music & Art locale, dove, oltre ad apprendere i fondamenti tecnici, strinse un'amicizia umana e professionale pluri-decennale con George Lois e Bob Gill, con i quali formò un gruppo di avanguardia dedito alla sovversione delle regole. Successivamente, nel 1948 fu studente di Mark Rothko, Robert Motherwell e William Baziotes, padri dell'Espressionismo astratto.
Dopo gli anni del servizio militare iniziò a lavorare nelle arti, e l'amico Bob Gill lo introdusse a Silas Rhodes, il fondatore della New York’s School of Visual Arts (SVA – NYC), dove iniziò l'esercizio dell'insegnamento che continuò tutta la vita: anche nell'estate del suo ultimo anno, era programmato un corso estivo.
Nella prima metà degli anni sessanta segue i corsi alla Yale University, con Ivan Chermayeff e Robert Brownjohn.[1]
Parallelamente all'insegnamento, ha condotto una carriera professionale nell'ambito della grafica pubblicitaria, come grafico e art director.
L'arte e la carriera professionale
La chiamata dell'Esercito lo strappò dalla città e dagli studi, dal 1950 al 1953, e quando tornò negli States iniziò a dipingere l'ambiente del burlesque e le altre esperienze infantili e giovanili.
A metà degli anni cinquanta inizia a sperimentare caratteri di stampa accoppiati con nuovi concetti grafici, e a lavorare per package designer come Irving Werbin. Oltre a grafiche e pitture, realizza una serie di poster per le campagne di reclutamento della School of Visual Arts.
![](http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/d5/Psycho_Logo.png/220px-Psycho_Logo.png)
Disegna la sovracoperta del romanzo Psycho di Robert Bloch (1959), che diventerà il suo lavoro più popolare su scala globale;[3] tre anni dopo, Alfred Hitchcock compra i diritti per la trasposizione sul grande schermo, e l'agenzia pubblicitaria J. Walter Thompson compra a Palladino i diritti d'uso della sua grafica, che diventerà il celeberrimo logo del film ed ispirerà i titoli di testa realizzati da Saul Bass.[1]
Altre sovracoperte impressive, tra le tante realizzate, sono quelle per i romanzi Shock Treatment di Winfred Van Atta (1961), e Axe di Ed McBain (1964).[3]
Durante i corsi alla Yale, inizia a sperimentare opere multi-mediali e la sua creatività si politicizza: di questo periodo è Radio is dead, come risposta alla censura radiofonica. Crea alcune copertine della rivista Architecture & Engineering News, diventa art director dell'agenzia pubblicitaria Papert, Koenig, Lois Advertising e per questa realizza campagne popolari negli States come The Uncrushables per l'azienda di abbigliamento sportivo Evan-Picone.[1]
Nel 1968, la Tube Floor Lamp (design di Palladino, realizzazione di John Mascheroni) viene accettata al Museum of Modern Art (MoMA).[4]
Successivamente, allarga il campo dei materiali, dai pastelli ad olio ai contenitori plastici per il latte: ad esempio, è del 1976 l'ennesimo omaggio al Triboro Burlesque, fatto con i chewing gum.[1]
Continua a disegnare poster pubblicitari per la SVA – NYC e per alcuni grandi eventi, che vengono sistematicamente esposti nelle stazioni della metropolitana: lo stile di Palladino diventa identificativo della Grande Mela e del processo sociale; tra gli altri: Cotton Bowl, Mobil Masterpiece Theater, Lenny Bruce on Broadway, La Traviata at the Metropolitan Opera.[5] E disegna loghi per aziende, tra le quali: Conrail, New York’s Trattoria Restaurant, Bellevue Hospital and Melsky Zander Films.[1]
Tony Palladino è morto il 14 maggio 2014 al Lenox Hill Hospital di New York a causa delle complicazioni di una polmonite. Al momento della morte gli sopravvivevano la moglie Angela, due figlie, un fratello e tre nipoti[2].
Premi ed esposizioni
Nel 1987 è stato introdotto nella Hall of Fame dell'Art Directors Club of New York.[6]
Nel 1997, ha ceduto il suo archivio personale al Milton Glaser Design Study Center and Archives, sito negli spazi della SVA – NYC.[7]
Nel 1999 ha ricevuto il premio Master Series dalla SVA – NYC, ed alcune delle sue opere più significative sono state esposte dal 4 al 27 ottobre.[8] Per il design dell'invito e il poster dell'evento, ha ricevuto due primi premi dalla National Publications Association.[9]
I lavori di Palladino sono stati esposti in svariate sedi, tra le quali: MoMA, Art Directors Club of New York, Lichtfield Library, NYU Gallery.
Alcuni lavori sono parte delle collezioni permanenti del MoMA, della Galleria d'arte moderna e contemporanea di San Marino e del Museo del Design della Tessalonica, in Grecia.[5]
Note
- ^ a b c d e f (EN) Tony Palladino, su ADC. URL consultato il 7 agosto 2018.
- ^ a b Steven Heller, Tony Palladino, Designer of 'Psycho' lettering, Dies at 84, su The New York Timeslingua=EN. URL consultato il 24 maggio 2017.
- ^ a b (EN) Michael Silverberg, Remembering the brilliantly fractured designer of “Psycho”, su Quartz. URL consultato il 24-05-2017.
- ^ (EN) Tony Palladino, John Mascheroni: Tube Floor Lamp, 1968, su MoMA. URL consultato il 24-05-2017.
- ^ a b (EN) Remembering Tony Palladino, su ceblog.sva.edu. URL consultato il 24-05-2017 (archiviato dall'url originale il 7 giugno 2016).
- ^ (EN) Philip H. Dougherty, Advertising; Art Directors Club, su The New York Times. URL consultato il 24-05-2017.
- ^ (EN) Visual Arts Journal – Fall 2014, pag. 80, su Issuu. URL consultato il 24-05-2017.
- ^ (EN) The Masters Series: Tony Palladino, su SVA NYC. URL consultato il 24-05-2017.
- ^ (EN) Tony Palladino, su tonypalladino.com. URL consultato il 24-05-2017.
Collegamenti esterni
- (EN) Sito ufficiale, su tonypalladino.com.
- (EN) Tony Palladino, su adcglobal.org, Art Directors Club of New York. URL consultato il 2 aprile 2019.
- (EN) Tony Palladino Collection, su archives.sva.edu, New York, School of Visual Arts Archives + Milton Glaser Design Study Center and Archives. URL consultato il 2 aprile 2019.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 47694593 · ISNI (EN) 0000 0000 7868 3260 · LCCN (EN) no99055630 · GND (DE) 124451233 |
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