Plebiscito delle province siciliane del 1860

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Plebiscito delle province siciliane
StatoRegno delle Due Sicilie
Bandiera dell'Italia Regno d'Italia
Regioneprovince siciliane
Data21 ottobre 1860
Tipoplebiscito
Temaannessione al Regno d'Italia
Esito
  
99,85%
No
  
0,15%

Il plebiscito delle province siciliane del 1860 si svolse il 21 ottobre 1860 nelle province siciliane del Regno delle Due Sicilie già liberate dai Borbone e sotto il governo della dittatura garibaldina, e sancì la fusione della Sicilia con il costituendo Regno d'Italia.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Francobollo del Regno d'Italia emesso in occasione del 50º anniversario del plebiscito

Il prodittatore della Sicilia Antonio Mordini il 5 ottobre 1860 aveva indetto i collegi elettorali per il successivo 21 ottobre "per eleggere i rispettivi loro deputati" e con un decreto del 9 ottobre, "per la convocazione di un'Assemblea di rappresentanti del popolo, a Palermo, il 4 novembre". Il Parlamento Siciliano sarebbe così tornato in vita. Ma una serie di pressioni, dibattiti e contrasti, lo decisero a modificare il decreto il 15 ottobre e ad annunciare che in quella data si sarebbe svolto il plebiscito per sancire l'annessione con il Regno.[1]

Il plebiscito si tenne il 21 ottobre, con il quesito: «Il Popolo Siciliano vuole l'Italia una ed indivisibile con Vittorio Emanuele Re costituzionale, ed i suoi legittimi discendenti?». Il testo, pensato da Francesco Crispi, fu redatto materialmente dal giurista Raffaele Conforti.[2]

I cittadini siciliani, iscritti nelle liste elettorali (cioè aventi diritto di voto, per età e sesso) erano circa 575.000 (non sono riportati nel risultato ufficiale).

Risultati[modifica | modifica wikitesto]

Province siciliane Numero %
432 053 99,85%
No 667 0,15%
Iscritti n.d.
↳ Votanti n.d. n.d.
↳ Voti validi 432 720 n.d.
↳ Voti nulli n.d. n.d.

I risultati furono proclamati dal presidente della Corte suprema di giustizia siciliana Pasquale Calvi il 4 novembre.[3]

«Non si è tenuto conto dei voti nulli, come pure non si è tenuta ragione dei due verbali di Ustica e Mandanici per avere quelle popolazioni votato il sì per acclamazione, senza distinzione di età e di sesso. Non si è del pari fatto conto del verbale del comune di Ali per non offrire le indicazioni del numero dei votanti, tanto pel sì, quanto pel no.

Si sono giudicati difettosi, e perciò esclusi:

  • Primo, il verbale degli uffiziali Amministrativi dell'Intendenza militare di Messina per avere votato col sì i diciannove individui sottoscritti sulla seguente proposizione:
    • Per l'annessione al Regno Italico rappresentato dal Re costilimonale.
  • Secondo, quello del Battaglione dei Cacciatori dell'Etna per aver votato numero duecento trentasei individui pel sì colla seguente formola:
    • Per l'annessione al Regno costituzionale di Vittorio Emmanuele II, e suoi legittimi discendenti.
  • Terzo, del Battaglione Siculo Colina per avere i duecento individui che votarono pel sì seguita questa formola:
    • Per l'annessione al Governo costituzionale di Vittorio Emanuele II.

Formole tutte tre non conformi alla proposizione scritta all'articolo 1° del Decreto Prodittatoriale del 15 ottobre ultimo.

Finalmente non ha potuto ammettersi un atto notarile qui pervenuto da Torino esibito alla Corte suprema di giustizia, che mostra di essersi presentati in Torino a notar Giovanni Signorelli numero diciannove individui Siciliani, i quali chiesero atto della loro spontanea votazione, rispettivamente espressa col sì, nella seguente proposizione:

  • Sulla quistione dell'annessione immediata di quella parte di Italia al Regno costituzionale di Vittorio Emmanuele e suoi discendenti.

Che ognun vede quanto sia diversa da quella indicata nel cennato Decreto.[4]»

L'annessione[modifica | modifica wikitesto]

Il 2 dicembre 1860, alle ore 11 del mattino, nel Palazzo Reale di Palermo Antonio Mordini presentò a Vittorio Emanuele II i risultati del plebiscito.

«Sua Maestà il Re, nell'accettare per e pei suoi legittimi discendenti il risultamento del plebiscito, esprime quanto gli sia grato che l'Isola di Sicilia, celebre per patrie tradizioni, già avvinta alla sua Casa per antiche e recenti memorie, ora si unisca alla libera famiglia italiana e concorra così alla grande opera dell'unificazione della indipendenza nazionale.»

L'annessione fu formalizzata con regio decreto del 17 dicembre 1860 n. 4499 («Le province siciliane faranno parte integrante dello Stato italiano dalla data del presente decreto»), pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del Regno, n. 306 del 26 dicembre 1860.[5]

Nella cultura[modifica | modifica wikitesto]

Il plebiscito a Donnafugata, nel film Il Gattopardo di Luchino Visconti (1963)

Il plebiscito delle province siciliane del 1860 è raccontato da Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel celeberrimo romanzo Il Gattopardo.[6] Nel 1963 il regista Luchino Visconti ne trasse l'omonimo film, vincitore della palma d'oro al festival del cinema di Cannes.[7]


Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il plebiscito, su Regione Siciliana.
  2. ^ Gian Luca Fruci, Treccani - I plebisciti e le elezioni, in L'Unificazione, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2011.
  3. ^ Giuseppe Scichilone, Pasquale Calvi, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 17, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1974.
  4. ^ Processo verbale della Corte Suprema di Giustizia, col quale si proclama il Plebiscito Siciliano del 21 ottobre 1860, in Raccolta degli Atti del Governo della Luogotenenza Generale del Re in Sicilia.
  5. ^ Decreto 17 dicembre 1860, in Gazzetta ufficiale, 26 dicembre 1860, p. 1.
  6. ^ Giuseppe Tomasi di Lampedusa, La caccia e il plebiscito, in Il Gattopardo.
  7. ^ Filmato audio Luchino Visconti, Plebiscito a Donnafugata (Il Gattopardo), su YouTube, 1963.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]