Pieve di San Giovanni Battista (Pernina)

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Pieve di San Giovanni Battista
Esterno
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneToscana
LocalitàPernina (Sovicille)
Coordinate43°18′27.5″N 11°11′38.76″E / 43.30764°N 11.1941°E43.30764; 11.1941
Religionecattolica di rito romano
TitolareGiovanni Battista
Arcidiocesi Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino
Stile architettonicoromanico
CompletamentoGià esistente nel 1078

La pieve di San Giovanni Battista è un luogo di culto cattolico, sito in località Pernina nel comune di Sovicille, in provincia di Siena, arcidiocesi di Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino, sulla Montagnola senese ad un'altitudine di 499 m s.l.m.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa è ricordata per la prima volta in un documento datato 11 febbraio 1078 quando Matilde di Canossa confermò alla diocesi di Volterra il possesso di questa pieve[1]. Nel XII secolo anche papa Alessandro III la confermò al vescovo volterrano[2]. Nella prima metà del XIII secolo la pieve ebbe tra i suoi rettori uomini che andarono a ricoprire importanti incarichi come ad esempio il pievano Giovanni che fu nominato arbitro e delegato papale in una contesa tra enti religiosi della zona[3]; nel 1254 prete Bainerio venne nominato pievano di Pernina[4].

A cavallo tra il XIII e il XIV secolo la pieve aveva una sola chiesa suffraganea[4] e anche in seguito le rendite economiche erano esigue tanto che nel 1356 tutto il plebato fruttava solo 57 lire di reddito[5][6]; per questi motivi molto spesso i pievani preferivano risiedere nella città di Siena e lasciavano ad officiare l'edificio dei semplici sacerdoti. Nonostante le scarse rendite finanziarie la chiesa fu sempre ben tenuta e decorata con affreschi. In occasione della visita apostolica dell'8 gennaio 1437 il visitatore apostolico annotò plebes et eius domus peroptime se habent (chiesa e residenza sono mantenute in modo eccellente)

In una successiva vista apostolica datata 10 dicembre 1507 risulta che la pieve era dotata di tre altari e di due compagnie, alle quali aderiva gran parte della popolazione[4]; in seguito divenne di patronato regio e nel XVIII secolo venne trasformata secondo il gusto barocco dell'epoca[4].

Tra il 1954 e il 1955 l'edificio venne integralmente restaurato e vennero rimosse tutte le superfetazioni settecentesche. Alla fine del XX secolo un ulteriore restauro ha portato al ripristino del livello originario del pavimento e della spazialità delle campate iniziali dell'edificio[4].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Abside

La chiesa consiste in una basilica a tre navate absidata con copertura lignea alla quale sono affiancati gli edifici della canonica. Tutta la struttura è stata realizzata con l'uso di conci di calcare cavernoso di color avorio, disposti a corsi orizzontali e paralleli. L'edificio della chiesa, per le attinenze stilistiche con la abbazia a Isola, dovrebbe risalire alla seconda metà del XII secolo mentre la torre campanaria è frutto di due distinte fasi costruttive; la parte basamentale risale alla prima metà del XII secolo mentre la parte superiore risale alla fine dello stesso secolo[7].

Esterno[modifica | modifica wikitesto]

La facciata a salienti è aperta da un semplice portale architravato con lunetta monolitica e arco a tutto sesto; al di sopra di esso si vedono le tracce di una finestra quadrata oggi tamponata. Tra l'ex-finestra e il culmine della facciata si trova una feritoia a croce greca. Il coronamento della facciata è stato ottenuto con una cornice a guscio.

Nelle fiancate si aprono delle ampie finestre rettangolari realizzate nel XVII secolo e sopra le navate laterali si trovano delle strette monofore, in parte coperte dal tetto a causa di un errore costruttivo probabilmente originario[8].

La tribuna originariamente era scandita dai volumi delle tre absidi,[7] ma oggi sopravvive solo quella centrale. Il catino absidale è aperto da una stretta monofora a doppio strombo centinato. Sia sopra che ai lati del catino absidale si trovano tre finestre rettangolari di epoca moderna.

Campanile[modifica | modifica wikitesto]

Davanti alla chiesa si erge una torre campanaria (alta 22 metri) a base quadrangolare, la cui parte terminale mostra un paramento murario diverso da quello sottostante. Si accede alla torre da un portale architravato privo della lunetta; l'ordine dei piani è scandito da strette feritoie e da finestra quadrate di piccole dimensioni fino al quarto piano, che invece è aperto da ampie monofore centinate. La parte superiore della torre presenta una muratura pseudoisodoma e mostra un paramento murario in conci di calcare cavernoso. Il penultimo piano è inquadrato da larghe lesene che sostengono degli archetti pensili monolitici. Nelle specchiature un tempo si aprivano ampie bifore.

Interno[modifica | modifica wikitesto]

Il campanile

Lo spazio interno è suddiviso in tre navate di quattro campate ciascuna; le campate occidentali sono più corte delle orientali. Ogni arcata poggia su pilastri polilobati così composti: quelli tra la prima e la seconda campata presentano quattro semicolonne mentre gli altri presentano due semicolonne.I capitelli della prima campata sono decorati con motivi geometrici quali vortici e nastri, mentre i capitelli degli altri valichi sono decorati con motivi ungulati o con abbozzi di capitello ionico. Ogni capitello è coronato da pulivini sporgenti molto simili a quelli della Pieve a Scola[7].

La base di ogni semicolonna presentano una decorazione di tre anelli raccordati verticalmente secondo un modello riscontrabile nella abbazia a Isola ma anche nella pieve di Ponte allo Spino[7].

L'interno di epoca romanica doveva essere molto buio; fu decorato con affreschi nel XIV secolo e nel XVII secolo fu trasformato in stile barocco mediante la costruzione di false volte e con l'intonacatura delle pareti con calce colorata.

Da questa pieve proviene una tavola con la Madonna col Bambino di Luca di Tommè, oggi esposta al museo civico e d'arte sacra di Colle di Val d'Elsa.

Piviere di Pernina[modifica | modifica wikitesto]

  • chiesa di Santa Maria a Cetina

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Schneider 1907, pag. 48 n. 135.
  2. ^ La pieve è citata nelle bolle pontificie del 29 dicembre 1171 e del 23 aprile 1179.Kehr 1977, pag.293
  3. ^ Si tratta della vertenza che vide contrapposti l'abate di Isola e il pievano di Marmoraia per il possesso dall'eremo di Montemaggio. AA.VV., Chiese medievali della valdelsa, pag. 64 nota 5
  4. ^ a b c d e AA.VV., Chiese medievali della valdelsa, pag. 62.
  5. ^ Nel 1276 la decima ammontava a 6 lire, 1 soldo e 6 denari. Nel 1277 era di 7 lire. Nel 1294 pagava 4 lire ogni semestre. Nel 1303 era di 3 lire e 10 soldi. Guidi 1932, pag. 157 n. 3165
  6. ^ Giusti-Guidi 1942, pag. 212 n. 3386.
  7. ^ a b c d AA.VV., Chiese medievali della valdelsa, pag.63.
  8. ^ Moretti Stopani 1968, pag.58.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Interno della chiesa
  • Giovanni Lami, Sanctae Ecclesiae Florentinae monumenta, Firenze, Tipografia Salutati, 1758.
  • Emanuele Repetti, Dizionario geografico, fisico, storico del Granducato di Toscana, Firenze, 1833-1846.
  • Emanuele Repetti, Dizionario corografico-universale dell'Italia sistematicamente suddiviso secondo l'attuale partizione politica d'ogni singolo stato italiano, Milano, Editore Civelli, 1855.
  • Attilio Zuccagni-Orlandini, Indicatore topografico della Toscana Granducale, Firenze, Tipografia Polverini, 1857.
  • Fedor Schneider, Regestum volaterranum: Regesten der Urkunden von Volterra (778-1303), Roma, E. Loescher & Co., 1907.
  • Alessandro Lisini, Inventario delle pergamene conservate nel Diplomatico dall'anno 736 all'anno 1250, Siena, Lazzeri, 1908.
  • Michele Cioni, La Valdelsa: guida storico-artistica, Firenze, Lumachi, 1911.
  • Pietro Guidi, Rationes Decimarum Italiae. Tuscia. Le decime degli anni 1274-1280, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1932.
  • Pietro Guidi, Martino Giusti, Rationes Decimarum Italiae. Tuscia. Le decime degli anni 1295-1304, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1942.
  • Italo Moretti, Renato Stopani, Chiese romaniche in Valdelsa, Firenze, Salimbeni, 1968.
  • Paolo Cammarosano, Vincenzo Passeri, I Castelli del Senese, Siena, Monte dei Paschi, 1976.
  • Paul Fridolin Kehr, Papsturkunden in Italien. Reiseberichte zur Italia pontificia. Volume IV, Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, 1977.
  • Italo Moretti, Renato Stopani, Romanico senese, Firenze, Salimbeni, 1981.
  • Italo Moretti, Renato Stopani, Italia romanica. La Toscana, Milano, Jaca Book, 1982.
  • Renato Stopani, Storia e cultura della strada in Valdelsa nel medioevo, Poggibonsi, Centro Studi Romei, 1986.
  • Franco Cardini, Alta Val d'Elsa: una Toscana minore?, Firenze, SCAF, 1988.
  • Giovanni Cencetti, Medioevo in Valdelsa, Poggibonsi, Centro Studi Romei, 1994.
  • Andrea Duè, Vieri Becagli, Atlante storico della Toscana, Firenze, Le Lettere, 1994, ISBN 88-7166-200-8.
  • AA. VV., Chiese romaniche della Valdelsa. I territori della via Francigena tra Siena e San Gimignano, Empoli, Editori dell'Acero, 1996, ISBN 88-86975-08-2.

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