Palinodia (Stesicoro)
Palinodia | |
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Titolo originale | Παλινῳδία Palinodía |
![]() (dipinto di Charles Meynier) | |
Autore | Stesicoro |
1ª ed. originale | VI secolo a.C. |
Genere | componimento poetico |
Lingua originale | greco antico |
Ambientazione | Egitto |
Protagonisti | Elena |
La Palinodia è un'opera con la quale il poeta della Magna Grecia Stesicoro ritrattò quanto contenuto in una precedente elegia, intitolata Elena.
Genesi dell'opera[modifica | modifica wikitesto]
Nell'Elena, opera dedicata all'eroina Elena di Troia, Stesicoro raccontava la vicenda secondo la versione più nota, ossia quella che la accusava di essere un'adultera, nonché causa della lunga e sanguinosa guerra di Troia.[1][2]
Secondo una tradizione biografica che sconfina nel mito, dopo aver scritto quest'opera Stesicoro sarebbe stato colpito da cecità. Da qui trae origine la storia delle due palinodie da lui scritte, che può forse essere ricostruita in questo modo: sospettando che la causa della sua menomazione fosse una punizione dei Dioscuri (fratelli di Elena) per aver accusato la donna di adulterio, Stesicoro scrisse una prima palinodia ("ritrattazione"), rifacendosi a una versione del mito risalente a Esiodo, dove raccontò che Elena e Paride avrebbero viaggiato insieme fino in Egitto, dove poi la donna sarebbe stata sottratta con l'inganno dal re del posto Proteo e a Troia sarebbe giunta solo un'immagine della fanciulla (εἴδωλον, eidolon, che ha anche valenza di "fantasma"), creata all'uopo da un dio (forse Hermes).[2][3][4]
Nonostante questa particolare rivisitazione della ben più nota tradizione di Elena, Stesicoro non era stato in grado di presentare Elena come una donna fedele, non scagionandola dalla sua principale accusa. Si rese così necessario per il poeta ritornare sul tema scrivendo un'altra palinodia in cui affermava che Elena non era mai partita con Paride dalla Grecia verso Troia (ci era andata la sua immagine) ed era giunta alla corte di Proteo in Egitto grazie ad un aiuto della dea Era. Di conseguenza, Elena veniva per la prima volta dichiarata fedele a Menelao e scagionata da ogni accusa. Di quest'opera si conosce oggi solo il seguente frammento:
(GRC)
«Οὐκ ἔστ'ἔτυμος λόγος οὗτος |
(IT)
«In tutta questa storia, non c'è nulla di vero: |
(trad. di F.M. Pontani, in I lirici greci, Einaudi, 1969, Torino) |
Secondo la leggenda, dopo questa composizione Stesicoro riacquistò la vista. Egli divenne famoso per la nuova versione del personaggio di Elena e per l'introduzione dell'eidolon che si assumeva in pratica tutte le colpe attribuite alla donna. Tale tema sarà poi ripreso da Euripide nella tragedia Elena.[2][3][4]
Interpretazione[modifica | modifica wikitesto]
La cecità di Stesicoro viene generalmente considerata di tipo metaforico, come di colui che "non può vedere" la verità su Elena. Tuttavia, al di là del racconto mitico sulla necessità di Stesicoro di riacquistare la vista, gli studiosi si sono domandati che significato avesse la composizione delle palinodie da parte dell'autore. Essendo Stesicoro un poeta che presumibilmente eseguiva i suoi canti davanti a un pubblico e in parecchie città diverse, può darsi che le palinodie servissero per venire incontro ai gusti di un uditorio particolarmente devoto a Elena (per esempio gli abitanti di Sparta). Inoltre il fatto che le palinodie fossero due dimostra il fatto che Stesicoro, come tutti gli aedi, evidentemente cantava la stessa vicenda in versioni diverse, per adeguarsi di volta in volta al proprio pubblico.[2][5]
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Nell'Iliade Elena definisce se stessa "una cagna", ma Priamo le dice "Tu non hai colpe" (Iliade, III, vv. 162-165). Invece parecchi autori successivi la descrissero in maniera ben più severa: Eschilo la definisce "donna dai molti uomini" (Agamennone, v. 62) e "rovina di navi, rovina d'eroi, rovina di città" (Agamennone, vv. 688-690). Anche lo stesso Euripide, nelle Troiane, descrive Elena come la grande meretrice che, scappata con Paride a Troia, causò lo scoppio della guerra.
- ^ a b c d Gentili e Catenacci, pp. 317-318.
- ^ a b Poesia e pubblico nell'antica Grecia: da Omero al V secolo
- ^ a b Casertano e Nuzzo, Storia e testi della letteratura greca
- ^ Guidorizzi, p. 91.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Bruno Gentili e Carmine Catenacci (a cura di), I poeti del canone lirico nella Grecia antica, Feltrinelli, 2018, ISBN 978-88-07-90268-0.
- Giulio Guidorizzi, Letteratura greca, da Omero al secolo VI d.C., Mondadori, 2002, ISBN 978-88-88242-10-1.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- Il mito di Elena tra filosofia, retorica e teatro (PDF), su filosofia.it. URL consultato il 1º novembre 2015 (archiviato dall'url originale il 16 giugno 2015).
- Casertano e Nuzzo, Storia e testi della letteratura greca (PDF), su palumboeditore.it.