Nkosi Sikelel' iAfrika
Nkosi Sikelel' iAfrika | |||||
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inno nazionale sudafricano | |||||
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Dati generali | |||||
Nazione | ![]() | ||||
Adozione | 1994 | ||||
Lingue | xhosa zulu sesotho | ||||
Adozione in altri paesi | |||||
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Componimento poetico | |||||
Autore | Enoch Sontonga | ||||
Epoca | 1897 | ||||
Composizione musicale | |||||
Autore | Enoch Sontonga | ||||
Epoca | 1897 | ||||
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Audio | |||||
Nkosi Sikelel' (o Sikelele) iAfrika (in lingua xhosa "Dio protegga l'Africa") è un celebre brano musicale composto nel 1897 dal sudafricano Enoch Sontonga. Il brano fa parte dell'odierno inno nazionale del Sudafrica ed è anche inno nazionale della Tanzania (col titolo Mungu ibariki Afrika, "Dio benedici l'Africa" in swahili) e dello Zambia (col titolo Stand and Sing of Zambia, Proud and Free, "alzati e canta dello Zambia orgoglioso e libero", in inglese). In passato è stato anche inno nazionale dello Zimbabwe (in una versione in lingua shona) e della Namibia.[2]
Storia[modifica | modifica wikitesto]
Nkosi Sikelel 'iAfrika fu originariamente composto come un inno ecclesiastico nel 1897 da Enoch Sontonga, un insegnante di una scuola metodista missionaria e direttore di coro di un paese nei pressi di Johannesburg. Secondo alcuni Sontonga basò la melodia sull'inno Aberystwyth, scritto dal compositore gallese Joseph Parry, nel 1879.[3] La musica, scritta da Parry, fu pubblicata per la prima volta nel 1879 da Stephen e Jones in Ail lyfr tonau ac emynau (Secondo libro di melodie e inni). Era abbinata alle parole di Charles Wesley, "Gesù, che ami la mia anima" e fu cantato per la prima volta nella chiesa congregazionista inglese di Portland Street ad Aberystwyth, dove Parry lavorava come organista.[2][4][n 1][2][n 2] I missionari gallesi portavano spesso varie copie di innari nelle loro missioni africane; si ritiene che l'inno di Parry abbia raggiunto l'Africa in questo modo.[2] La tesi della derivazione da Aberystwyth sembra tuttavia piuttosto forzata.[6]
Le parole della prima strofa e del coro furono originariamente scritte nella propria lingua come un inno religioso. Nel 1927 furono aggiunte sette stanze Xhosa aggiuntive[7] dal poeta Samuel Mqhayi. Sontonga originariamente compose l'inno in Mi bemolle maggiore con un'armonia in quattro parti che supportava una melodia ripetitiva caratteristica di "entrambe le composizioni sia di inno occidentale che delle melodie sudafricane indigene".[8]
Negli anni venti il brano divenne un popolare canto di lotta contro l'apartheid, e nel 1925 venne scelto come inno ufficiale del partito di Nelson Mandela, l'African National Congress (ANC). La prima registrazione dell'inno venne nel 1923 a Londra da Sol Plaatje, uno dei più celebri scrittori sudafricani dell'epoca e membro fondatore dell'ANC. Nel 1942 Moses Mphahlele ne pubblicò una versione in lingua sotho. Fra i gruppi musicali che contribuirono a rendere celebre il brano un ruolo importante ebbe l'Ohlange Zulu Choir del reverendo John L. Dube.
Nel 1995, dopo la fine dell'apartheid e l'ascesa al governo dell'ANC, Nkosi Sikelele iAfrica divenne uno dei due inni nazionali del Sudafrica; Mandela scelse di mantenere anche il precedente inno in afrikaans Die Stem van Suid-Afrika come segno di distensione nei conflitti etnici del paese. Sempre Mandela, nel 1997, chiese che i due brani fossero uniti, a formare l'odierno inno nazionale del paese.
Interpretazioni celebri[modifica | modifica wikitesto]
L'importanza simbolica di questo brano ha fatto sì che moltissimi artisti sia africani che di altri paesi volessero proporne una propria interpretazione. Fra le più celebri c'è certamente quella di Paul Simon insieme a Miriam Makeba e ai Ladysmith Black Mambazo nel tour di Graceland, pubblicata tra l'altro nel DVD musicale Graceland: The African Concert. Il popolare gruppo kwaito sudafricano Boom Shaka ne ha inciso una versione hip hop. Altre interpretazioni includono quella di Hugh Masekela nell'album Homecoming Concert, quella del cantante belga Helmut Lotti nell'album Out of Africa, e quella del gruppo musicale Mahotella Queens. Oliver Mtukudzi ha inciso la versione in shona che era l'inno dello Zimbabwe.
Note[modifica | modifica wikitesto]
Esplicative[modifica | modifica wikitesto]
Bibliografiche[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Welcome to the website for the world famous and award-winning... Côr Meibion Llanelli (Coro Maschile Llanelli), su llanellimalechoir.co.uk. URL consultato il 24 maggio 2019.
- ^ a b c d e Morgan, Sion, The Welsh hymn and the extraordinary history of Africa's favourite anthem, Wales Online, 26 marzo 2013. URL consultato il 13 maggio 2016.
- ^ An Anthem To Ignorance – The Case of Nkosi Sikelel' iAfrika, su blogs.sun.ac.za, The Anton Mostert Chair of Intellectual Property [Stellenbosch University], 18 giugno 2012. URL consultato il 4 marzo 2016 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
- ^ Aberystwyth, su oxfordindex.oup.com, The Concise Oxford Dictionary of Music. URL consultato il 13 maggio 2016.
- ^ Bott, Frank, Joseph Parry's "Aberystwyth", su josephparry.org. URL consultato il 16 maggio 2016.
- ^ (EN) How many national athems are plagiarised?, su BBC News, 25 agosto 2015. URL consultato il 6 novembre 2022.
- ^ Bennetta Jules-Rosette, Nkosi Sikelel' iAfrika, su etudesafricaines.revues.org, DOI:10.4000/etudesafricaines.4631. URL consultato il 27 maggio 2013.
- ^ Shana L. Redmond, Anthem: Social Movements and the Sound of Solidarity in the African Diaspora, New York, New York University Press, 2014, p. 225, ISBN 978-1-243-64654-5.
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- (EN) Nkosi Sikelel' iAfrika, su MusicBrainz, MetaBrainz Foundation.