Mohoua ochrocephala

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Testagialla
Stato di conservazione
In pericolo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Superphylum Deuterostomia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Superclasse Tetrapoda
Classe Aves
Sottoclasse Neornithes
Superordine Neognathae
Ordine Passeriformes
Sottordine Oscines
Infraordine Corvida
Famiglia Mohouidae
Genere Mohoua
Specie M. ochrocephala
Nomenclatura binomiale
Mohoua ochrocephala
(Gmelin, 1789)

Il testagialla della Nuova Zelanda (Mohoua ochrocephala (Gmelin, 1789)) è un uccello passeriforme della famiglia Mohouidae[2].

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome scientifico della specie, ochrocephala, deriva dall'unione delle parole greche ωχρος (ōkhros, "color ocra") e κεφαλη (kephalē, "testa"), col significato di "dalla testa gialla", in riferimento alla livrea di questi uccelli: il nome comune altro non è che la traduzione di quello scientifico.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Dimensioni[modifica | modifica wikitesto]

Misura 14–15 cm di lunghezza, per 28-32 g di peso[3].

Aspetto[modifica | modifica wikitesto]

Esemplare impagliato.

Si tratta di uccelletti dall'aspetto paffuto e massiccio, con testa arrotondata, corto collo (sicché la testa appare direttamente incassata nel torso), coda lunga e squadrata e becco corto, conico, sottile e appuntito.

Il piumaggio, come intuibile sia dal nome comune che dal nome scientifico, è di colore giallo oro su testa, petto, fianchi e ventre: sul sottocoda esso si schiarisce bruscamente, divenendo biancastro, mentre sul dorso si scurisce andando a sfumare nel bruno-olivastro. La coda è di colore nerastro, così come di questo colore sono le remiganti e le copritrici.

Il becco e le zampe sono di colore nerastro, mentre gli occhi sono di colore bruno-rossiccio.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di uccelletti dalle abitudini essenzialmente diurne, che vivono principalmente in piccoli stormi, passando la maggior parte della giornata alla ricerca di cibo, salvo ritirarsi su posatoi riparati fra la vegetazione arobrea sul far della sera, per passare la notte al riparo dalle intemperie e dai predatori. Durante i movimenti, i vari membri di un gruppo si tengono in contatto fra loro mediante richiami trillanti di 6-8 note.

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di uccelli essenzialmente insettivori, la cui dieta si basa su insetti ed altri piccoli invertebrati scovati fra i rami e la corteccia della canopia: il testagialla può inoltre sporadicamente nutrirsi di bacche, piccoli frutti e nettare[3].

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

La stagione riproduttiva va da ottobre a febbraio, con picchi delle schiuse fra novembre e dicembre[3]: si tratta di uccelli monogami, che durante il periodo degli amori portano generalmente avanti due covate[3].

Il nido, a forma di alta coppa, viene costruito da ambedue i partner alla biforcazione di un ramo in alto nella canopia, intrecciando fibre vegetali secche: al suo interno la femmina depone 2-4 uova, che cova alternandosi col maschio e con gli altri membri dello stormo per circa due settimane, al termine delle quali schiudono pulli ciechi ed implumi, i quali vengono accuditi ed imbeccati dai genitori e da uno o più membri del gruppo fino all'indipendenza, che viene generalmente raggiunta a un mese e mezzo circa dalla schiusa e dopo la quale i giovani generalmente entrano a far parte dello stormo dei genitori, aiutando a loro volta nelle cure parentali alle nidiate successive.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Esemplare sulle Alpi meridionali.

Come intuibile dal nome comune, questo uccello è endemico della Nuova Zelanda, della quale un tempo popolava grossomodo l'intera superficie (oltre alla vicina Stewart Island), mentre attualmente la specie popola la zona costiera meridionale e sud-occidentale dell'isola, con un quarto circa degli esemplari selvatici totali concentrata nell'area dei Catlins[1].
Questi uccelli tendono ad effettuare migrazioni stagionali, mantenendosi però sempre alla stessa altitudine[3].

L'habitat di questi uccelli è rappresentato dai boschi di faggio australe con denso sottobosco, favorendo le aree con presenza di radure cespugliose.

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

Abbondante in natura fino al XIX secolo, nel corso del '900 il testagialla ha visto diminuire drasticamente il proprio numero, soprattutto a causa della predazione da parte delle specie introdotte (ratti e mustelidi): attualmente si stima che la popolazione di questi uccelli sia diminuita di circa tre quarti rispetto al secolo scorso, e per questo motivo essa viene classificata come in pericolo dalla IUCN[1].

Il governo neozelandese classifica il testagialla come "specie endemica minacciata protetta": per evitarne l'estinzione, delle popolazioni selvatiche sono state introdotte su alcune isole libere da predatori introdotti, congiuntamente con il controllo e l'eradicazione di questi ultimi dall'entroterra.
Tali progetti (soprattutto l'avvelenamento dei ratti) hanno portato risultati molto positivi, con le popolazioni di testagialla di alcune zone incrementate anche dell'80%[4][5][6].

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Uno di questi uccelli è rappresentato sul verso della banconota da 100 dollari neozelandesi.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c (EN) BirdLife International 2012, Mohoua ochrocephala, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Mohouidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 12 gennaio 2018.
  3. ^ a b c d e (EN) Yellowhead (Mohoua ochrocephala), su Handbook of the Birds of the World. URL consultato il 12 gennaio 2018.
  4. ^ Department of Conservation, Making mohua safe at Lake Wakitipu, su doc.govt.nz. URL consultato il 12 gennaio 2018 (archiviato dall'url originale il 6 ottobre 2012).
  5. ^ TVNZ, 1080 poison pays off for endangered NZ bird, su tvnz.co.nz. URL consultato il 3 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 16 aprile 2017).
  6. ^ Department of Conservation, Operation Ark [collegamento interrotto], su doc.govt.nz.

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