Kobus megaceros

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Come leggere il tassoboxProgetto:Forme di vita/Come leggere il tassobox
Come leggere il tassobox
Lichi del Nilo


Maschio (sopra) e femmina (sotto), allo zoo di Praga, Repubblica Ceca

Stato di conservazione
In pericolo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Mammalia
Ordine Artiodactyla
Famiglia Bovidae
Genere Kobus
Specie K. megaceros
Nomenclatura binomiale
Kobus megaceros
(Fitzinger, 1855)
Sinonimi
  • Onotragus megaceros
  • Kobus maria

La lichi del Nilo o antilope lichi del Nilo (Kobus megaceros (Fitzinger, 1855)), chiamato anche lichi di Mrs Gray, è una specie di antilope diffusa nelle pianure alluvionali e nelle paludi del Sudan e dell'Etiopia.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Illustrazione della testa di un maschio, dalla descrizione di Gray come Kobus maria

I maschi, in media, raggiungono una lunghezza di 165 centimetri, un'altezza al garrese di 100–105 centimetri, per un peso compreso tra i 90 e i 120 kg, mentre le femmine raggiungono una lunghezza media di 135 centimetri, un'altezza al garrese di 80–85 centimetri, per un peso di 60–90 kg. I lichi del Nilo vivono in media dai 10 agli 11,5 anni, mentre in cattività possono raggiungere anche i 19 anni.[2]

Il mantello di queste antilopi è lungo e ispido, specialmente sulle guance in entrambi i sessi, e nei maschi i peli del collo sono particolarmente lunghi e ispidi. Le lichi del Nilo mostrano un estremo dimorfismo sessuale:[3] Le femmine sono bruno-dorate con il ventre bianco e sono prive di corna. I giovani hanno un mantello simili a quello delle femmine, marrone dorato, cambiandolo all'età di due o tre anni, dove nei maschi diviene marrone scuro. I maschi adulti hanno un mantello bruno cioccolato o rugginoso. I maschi sono inoltre caratterizzati da una macchia a forma di "sella" a livello delle spalle e delle piccole macchie bianche intorno agli occhi.[4][5] Nelle lichi del Nilo, solo i maschi hanno le corna che possono raggiungere una lunghezza di 50–87 centimetri, ed hanno una forma arcuata che, viste di profilo, ricordano vagamente una «s».[5]

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

La lichi del Nilo predilige gli habitat ricchi d'acqua con acque poco profonde al confine con le paludi più profonde, dove l'acqua raggiunge i 10–40 centimetri di profondità.[6] Le lichi del Nilo sono endemiche del Sudan e dell'Etiopia. In Sudan, la maggior parte della popolazione si trova nelle paludi di Sudd e in numero minore nei Machars vicino al confine etiope. In Etiopia si trova nel sud-ovest, nel Parco nazionale di Gambela, ma in numero molto minore probabilmente a causa dell'insediamento umano e del degradazione dell'habitat. L'habitat della lichi del Nilo è stato gravemente colpito da guerre civili, sfollamenti umani e reinsediamenti, attacchi con armi da fuoco e aumento della caccia.[7] Anche i suoi movimenti stagionali erano limitati a causa dell'invasione del territorio dalle mandrie di bovini domestici. Tuttavia, la popolazione del Sudds rimase alquanto stabile durante questo periodo.[8]

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

La dieta del lichi del Nilo comprende principalmente erbe. Qui un maschio (nerastro) insieme a un sitatunga, allo zoo di Praga

Le lichi del Nilo sono animali sociali che comunicano tra di loro con segnali visivi e vocalizzazioni varie. Durante le competizioni intraspecifiche i maschi si impennano sulle zampe posteriori per intimidire i loro avversari oppure girano la testa di lato per esibire le corna. Le femmine sono piuttosto rumorose, ed emettono un gracidio simile a quello di un rospo quando si muovono.[3] Quando combattono, i maschi abbassano la testa e usano le corna per spingersi l'uno con l'altro. Se un maschio è significativamente più piccolo dell'altro, può spostarsi accanto al maschio più grande in posizione parallela e cercare di spingerlo ai lati, impedendo al maschio più grande di spingere con tutta la sua forza. I predatori principali di queste antilopi sono leoni, coccodrilli del Nilo, licaoni del Capo e leopardi, oltre ad essere cacciati dalle popolazioni locali e dai bracconieri per la carne ed il loro mantello. Per sfuggire ai predatori terrestri si rifugiano in acqua, a le femmine con cuccioli difendono la propria prole dai predatori più piccoli con attacchi diretti, principalmente calciando.[2] Le lichi del Nilo di un anno sono spesso infettate dalle mosche trillo, che possono renderli malsani, provocando alti tassi di mortalità.[2]

Le lichi del Nilo sono crepuscolari, attivi al mattino presto e nel tardo pomeriggio. Si radunano in branchi che possono contare fino a 50 femmine e un maschio, o in branchi più piccoli di soli maschi. Si dividono in tre gruppi sociali: femmine e la loro nuova prole, maschi scapoli e maschi maturi con territori. Un maschio con territorio a volte consente a un maschio scapolo di entrare nel suo territorio per proteggere la regione e non per accoppiarsi.[2]

Dieta[modifica | modifica wikitesto]

La lichi del Nilo si nutre principalmente di erbe succulente e piante acquatiche. Si pensa che il riso selvatico sia uno degli alimenti preferiti dell'animale all'inizio della stagione delle inondazioni, passando ad una percentuale maggiore di erbe di palude durante le stagioni secche quando le acque si ritirano. Nelle aree paludose, queste antilopi guadano senza difficoltà le acque basse e sono anche in grado di nuotare per lunghi periodi per nutrirsi di piante acquatiche. La loro dieta può includere anche piante terrestri e il pascolo, oltre a nutrirsi di giovani foglie di alberi e cespugli, sollevandosi sulle zampe posteriori per raggiungere la vegetazione più alta.[3]

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

Cucciolo, al Parco Natura Viva

Entrambi i sessi raggiungono la maturità sessuale a due anni.[5] L'accoppiamento avviene durante tutto l'anno, ma raggiunge il picco tra febbraio e maggio. Durante la stagione degli amori, i giovani maschi rivolgono le corna al suolo, come se dovessero frugare nella terra. I maschi combattono nell'acqua, immergendo le loro teste in combattimenti corna a corna, per il predominio. Questi scontri sono generalmente brevi e violenti. Come in molti altri animali, solo il maschio dominante si accoppia con la femmina. All'inizio del corteggiamento, il maschio dominante urina sui suoi lunghi peli del collo e del petto, per poi strofinare la sua barba gocciolante sulla fronte e sulla groppa della femmina.[2][9]

Il periodo di gestazione dura in media dai 7 ai 9 mesi, al termine della quale nasce un singolo cucciolo. I neonati pesano dai 4,5 ai 5,5 kg. Le femmine sperimentano di nuovo l'estro circa un mese dopo aver partorito. Dopo la nascita, il vitello viene tenuto nascosto nella fitta vegetazione palustre per due o tre settimane, dove la madre lo allatta. Viene svezzato tra i cinque e i sei mesi e pochi mesi dopo è pronto per essere indipendente e unirsi alla mandria.[2]

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

Due maschi, allo Zoo di Praga

La lichi del Nilo è classificato come in Pericolo dall'Unione internazionale per la conservazione della natura e delle risorse naturali (IUCN). Nel 1983, le indagini aeree hanno fornito una stima della popolazione totale di 30.000-40.000 individui, di cui il 95% era concentrato nel Sudds, mentre il resto è stato osservato tra il Sudan e l'Etiopia.[6] Negli anni '80, la popolazione dei Machars era stimata a 900 individui.[10] Una popolazione di circa 150 è stata segnalata anche nelle paludi del fiume Gilo, nel 1967.[11] Esiste anche una popolazione in aumento mantenuta in cattività.[7] Nel 2007, la popolazione della regione di Sudd era stimata a 4.291 animali, indicando che la specie è diminuita rapidamente rispetto alla precedente indagine nel 1983.

Nel Sud Sudan, le popolazioni del lichi del Nilo si trovano in tre aree protette: Zeraf Game Reserve, che si estende per oltre 9.700 km² lungo il Bahr el Zeraf; Fanyikang Game Reserve, a nord di Bahr el Ghazal, che copre oltre 480 km²; e il Parco Nazionale di Shambe, che si estende per 620 km² lungo Bahr al Jabal. Le popolazioni residenti si spostano periodicamente dentro e fuori da queste aree. In Etiopia, si trovano nel Parco Nazionale Gabella. Uno studio ha delineato le priorità per la conservazione sia in situ che ex situ di questa specie, con diverse popolazioni in cattività mantenuti in zoo e giardini zoologici che stanno aumentando considerevolmente la popolazione di questa antilope.[7]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) IUCN SSC Antelope Specialist Group, Kobus megaceros, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020. Database entry includes a brief justification of why this species is of endangered.
  2. ^ a b c d e f J. Corrie, Kobus megaceros, in University of Michigan Museum of Zoology, Animal Diversity Web.
  3. ^ a b c Nile lechwe, su arkive.org, ARKive. URL consultato il 31 ottobre 2011-10-31 (archiviato dall'url originale il 12 dicembre 2011).
  4. ^ Colin Groves e Peter Grubbs, Ungulate Taxonomy, USA, The Johns Hopkins University Press, 2011, pp. 191, ISBN 978-1-4214-0093-8.
  5. ^ a b c Brent Huffman, Nile lechwe (Kobus megaceros), su ultimateungulate.com, UltimateUngulate.
  6. ^ a b S.R.L. Mefit-Babtie, Development studies in the Jonglei canal area: Final report, in Draft Final Report, n. 3, 1983.
  7. ^ a b c E. Falchetti, General issues in the conservation biology of Nile Lechwe (Kobus megaceros) and preliminary guidelines for an action plan, in Gnusletter, 1998, pp. 4–10.
  8. ^ R. East e IUCN/SSC Antelope Specialist Group, African Antelope Database 1998, Gland, Switzerland, IUCN Species Survival Commission, 1999, pp. 182–3, ISBN 2831704774.
  9. ^ E. Falchetti e Ceccarelli, A., A peculiar behaviour of the dominant males of Nile lechwes (Kobus megaceros, Bovidae Reduncinae): urination on the neck, in Ethology Ecology & Evolution, vol. 5, n. 3, 1º settembre 1993, pp. 392–393, DOI:10.1080/08927014.1993.9523048.
  10. ^ J.C. Hillman e J.M. Fryxell, SECTION 2: COUNTRY REPORTS, in Antelopes: East and Northeast Africa, n. 5, 1988.
  11. ^ J. Blower, The wildlife of Ethiopia, in Oryx, vol. 9, n. 4, 1968, pp. 276–283, DOI:10.1017/S0030605300006670.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  Portale Mammiferi: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di mammiferi