Incidente di Mechelen

Il cosiddetto incidente di Mechelen, noto anche come Affare Mechelen, si verificò in Belgio del 10 gennaio 1940 durante la strana guerra nelle prime fasi della seconda guerra mondiale. Un aereo tedesco, con a bordo un ufficiale che trasportava i piani per il Fall Gelb ("Caso Giallo", l'attacco tedesco ai Paesi Bassi), compì un atterraggio di fortuna nel neutrale Belgio, nei pressi di Vucht nell'attuale comune di Maasmechelen nella provincia di Limburgo; i documenti trasportati dall'ufficiale caddero così in mano alle autorità belghe.
Ciò provocò una crisi immediata nei Paesi Bassi e tra le autorità francesi e britanniche, quando i belgi notificarono la scoperta dei piani tedeschi; tuttavia la crisi si placò in tempi relativamente brevi una volta che le date indicate nei piani come inizio dell'offensiva tedesca passarono senza incidenti. Si è sostenuto che l'incidente portò ad un cambiamento importante nel piano di attacco tedesco, ma anche questa ipotesi è stata contestata.
L'incidente[modifica | modifica wikitesto]

La vicenda ebbe inizio a seguito di un errore di un pilota tedesco, il maggiore Erich Hoenmans, comandante della base d'aviazione di Loddenheide nei pressi di Münster. La mattina del 10 gennaio, Hoenmans era ai comandi di un Messerschmitt Bf 108 Taifun, un velivolo utilizzato per la ricognizione, il collegamento e altri ruoli vari, in volo da Loddenheide a Colonia quando perse la sua rotta; ampi banchi di nebbia bassa oscuravano la sua visione del paesaggio. Hoenmans cambiò rotta verso ovest, con la speranza di ritrovare la direzione per raggiungere il Reno; tuttavia, avendo già attraversato il corso del fiume, congelato e quindi indistinguibile dal paesaggio innevato circostante, decise di cambiare direzione, lasciando il territorio tedesco e giungendo fino alla Mosa, che marcava confine tra Belgio e Paesi Bassi, finendo sopra Vucht.[1]
Fu allora che Hoenmans, inavvertitamente, interruppe l'alimentazione del carburante al motore dell'aereo spostando una leva all'interno della cabina di pilotaggio. Nessuno sa per certo perché l'aereo fosse in fase di stallo, ma l'isolamento di un serbatoio del carburante sembra essere il motivo più probabile, secondo il rapporto di Raoul Hayoit de Termicourt che venne consegnato al generale belga Van Overstraeten il 31 gennaio 1940.[2] Il motore si fermò e Hoenmanns venne costretto ad atterrare in un campo vicino alle 11:30 circa. Il velivolo venne gravemente danneggiato nell'atterraggio: entrambe le ali vennero tranciate quando colpirono due alberi mentre il velivolo correva tra di essi, e il motore si strappò dalla sezione di prua. L'aereo era distrutto, ma Hoenmanns rimase illeso.
Se Hoenmanns fosse stato solo nell'aereo nulla di grande importanza sarebbe probabilmente accaduto, a parte il suo internamento per l'atterraggio senza permesso in un paese neutrale. Ma egli aveva un passeggero, il maggiore Helmuth Reinberger, che era responsabile dell'organizzazione dei rifornimenti della 7. Flieger-Division, formazione designata per una missione di sbarco aviotrasportato dietro le linee belghe a Namur nell'ambito dei piani per l'imminente attacco tedesco al fronte occidentale. Reinberger stava andando a Colonia per una riunione, e la sera prima, nel corso di un incontro, Hoenmans si era offerto di portarlo in volo a destinazione. Di solito Reinberger avrebbe dovuto fare il viaggio in treno, ma Hoenmanns necessitava comunque di qualche ora di volo in più e voleva prendere degli effetti personali dalla moglie a Colonia. Hoenmanns non sapeva che Reinberger era in possesso di documenti relativi al piano tedesco dell'attacco a Paesi Bassi e Belgio, che era stato fissato da Adolf Hitler una settimana dopo il 17 gennaio.[3]
Hoenmanns scoprì che Reinberger trasportava documenti segreti soltanto quando, dopo l'atterraggio, chiesero ad un contadino dove si trovavano e venne loro risposto che avevano inconsapevolmente attraversato il territorio olandese ed erano atterrati appena all'interno del Belgio. Sentendo questo, Reinberger venne preso dal panico e si affrettò a tornare all'aereo per recuperare la sua valigetta in pelle di cinghiale giallo, gridando che aveva documenti segreti che doveva distruggere immediatamente. Per consentirgli di realizzare la cosa Hoenmans, con un diversivo, si allontanò dall'aereo. Reinberger prima tentò di appiccare il fuoco ai documenti con l'accendino, ma fallì; poi corse verso il contadino che gli diede un singolo fiammifero. Con questo Reinberger si nascose dietro un cespuglio e accumulò le carte sul terreno per bruciarle. Ma presto arrivarono in bicicletta due guardie di frontiera belghe, il sergente Frans Habets e il soldato Gerard Rubens: vedendo il fumo proveniente dai cespugli, Rubens si precipitò a salvare i documenti prima che venissero completamente distrutti. Reinberger in un primo momento tentò di fuggire, ma si lasciò arrestare dopo che vennero sparati due colpi di avvertimento.
I due tedeschi vennero portati al posto di guardia di frontiera vicino Mechelen-aan-de-Maas (francese: Malines-sur-Meuse), dove vennero interrogati dal capitano Arthur Rodrique che pose i documenti carbonizzati su un tavolo. Hoenmans chiese ai soldati belgi di fargli usare il bagno, e approfittando del diversivo Reinberger tentò di buttare le carte in una stufa presente nelle vicinanze: ci riuscì, ma urlò di dolore quando sollevò il coperchio rovente della stufa. Sorpreso, Rodrique si voltò ed estrasse le carte dal fuoco, bruciandosi anch'egli la mano. I documenti vennero poi rinchiusi in un'altra stanza. La mancata distruzione fece comprendere a Reinberger che sarebbe stato sicuramente fucilato per aver permesso la caduta del piano d'attacco nelle mani del nemico; il maggiore decise di suicidarsi e cercò di afferrare la pistola di Rodrique: quando l'infuriato capitano lo buttò a terra, Reinberger scoppiò in lacrime, gridando «volevo la tua pistola per uccidermi». Hoenmans sostenne Reinberger dicendo: «Non puoi biasimarlo. È un ufficiale. Ora è finito».
Due ore più tardi arrivarono agenti dei servizi segreti belgi, i quali portarono le carte all'attenzione dei loro superiori nel tardo pomeriggio.
La crisi[modifica | modifica wikitesto]
Iniziale reazione tedesca[modifica | modifica wikitesto]
Nella tarda serata del 10 gennaio la notizia della caduta di un aereo tedesco in territorio belga raggiunse Berlino, tramite fonti giornalistiche. Ciò causò una costernazione generale nell'Oberkommando der Wehrmacht, l'alto comando delle forze armate tedesche, dato che venne presto dedotto che Reinberger doveva avere con sé documenti che rivelavano il piano d'attacco. L'11 gennaio un Hitler infuriato sollevò dal comando sia il comandante della 2. Luftflotte, il generale Hellmuth Felmy, che il capo di stato maggiore di Felmy, il colonnello Josef Kammhuber. Fu tuttavia deciso di procedere con l'attacco come inizialmente previsto, mentre l'addetto della Luftwaffe all'Aia, il tenente generale Ralph Wenninger, e l'addetto militare a Bruxelles, il colonnello Friedrich-Carl von Pappenheim Rabe, avrebbero verificato se il piano era stato compromesso o meno. Il 12 gennaio, il generale Alfred Jodl, capo delle operazioni della Wehrmacht, diede ad Hitler una valutazione preoccupante di ciò che i belgi avrebbero potuto aver appreso. Una nota nel diario di Jodl, il 12 gennaio, riassume ciò che aveva detto a Hitler: «Se il nemico è in possesso di tutti gli incartamenti, la situazione è catastrofica!».[4] Tuttavia, i tedeschi vennero inizialmente rassicurati dalle dichiarazioni create ad arte dei belgi.
L'inganno[modifica | modifica wikitesto]
I belgi decisero di provare ad ingannare Reinberger, facendogli credere che le carte fossero state distrutte e dandogli la possibilità di trasmettere queste informazioni alle autorità tedesche. Inizialmente gli investigatori belgi chiesero a Reinberger di riferire circa il contenuto dei piani, dicendogli che sarebbe stato trattato come una spia se non avesse eseguito. Più tardi Reinberger testimoniò dicendo: «Dal modo in cui era stata posta questa domanda, mi resi conto che [l'interrogante] non aveva potuto capire nulla dai frammenti dei documenti che aveva visto».[3] La seconda parte del piano era quella di lasciare che Reinberger e Hoenmans incontrassero gli addetti tedeschi dell'aeronautica e dell'esercito, Wenninger e Rabe von Pappenheim, mentre le loro conversazioni venivano registrate di nascosto. Durante questo incontro Reinberger informò Wenninger che era riuscito a bruciare le carte in maniera tale da renderle illeggibili.[5] Questa manovra di inganno ebbe abbastanza successo, almeno nel breve termine: dopo l'incontro alla stazione di polizia, Loriot-Schwante, ambasciatore della Germania in Belgio, telegrafò ai suoi superiori dicendo: «Il maggiore Reinberger ha confermato di aver bruciato i documenti ad eccezione di alcuni residui delle dimensioni del palmo di una mano. Reinberger conferma che la maggior parte dei documenti che non sono stati distrutti sembrano essere poco importanti».[6] Questo sembrò convincere il generale Jodl: il suo diario, al 13 gennaio, riporta la seguente nota: «Relazione sulla conversazione dell'Attaché della Luftwaffe con i due aviatori che vennero costretti all'atterraggio. Risultato: cassa spedizione bruciata per certo».[4]
Reazione belga[modifica | modifica wikitesto]
Durante il 10 gennaio i belgi ancora dubitavano dell'autenticità dei documenti, che erano stati tradotti rapidamente dalla Deuxième Section (l'intelligence militare) dello Stato Maggiore a Bruxelles. La maggior parte era infatti stata gravemente danneggiata dai tentativi consecutivi di Reinberger di bruciarli, ma dai restanti passaggi emergevano chiaramente le linee generali di un'offensiva tedesca contro Belgio e Olanda, anche se la data dell'attacco non era menzionata e la maggior parte del testo comprendeva istruzioni specifiche solo per la 7. Flieger-Division. Il loro contenuto era tuttavia conforme agli avvertimenti circa un attacco tedesco che si sarebbe tenuto intorno al 15 gennaio, formulati precedentemente del conte italiano Galeazzo Ciano. L'11 gennaio il generale Raoul van Overstraeten concluse che le informazioni erano fondamentalmente corrette, e quel pomeriggio il re Leopoldo III del Belgio decise d'informare il proprio Ministro della Difesa, il generale Henri Denis, e il comandante supremo francese, il generale Maurice Gamelin.
Alle 17:15 un riassunto di due pagine del contenuto del rapporto belga sull'incidente venne consegnato all'ufficiale di collegamento francese, il tenente colonnello Hautcoeun, pur senza dare alcuna spiegazione di come erano state ottenute le informazioni. Anche Lord Gort, il comandante del British Expeditionary Force, venne messo in guardia e Leopoldo telefonò personalmente alla Principessa olandese Giuliana e alla Granduchessa del Lussemburgo Carlotta dicendo alla prima «State attenta, il tempo è pericoloso» e alla seconda «Attenzione all'influenza», entrambe frasi in codice che indicavano che i belgi consideravano essere imminente un attacco tedesco.
Reazione francese[modifica | modifica wikitesto]
La mattina del 12 gennaio Gamelin tenne una riunione con i più alti comandanti dell'esercito francese e con il capo del servizio segreto militare, il colonnello Louis Rivet. Rivet era scettico circa l'avvertimento ricevuto dai belgi, ma Gamelin ritenne che, anche se si fosse trattato di un falso allarme, questa sarebbe stata un'ottima occasione per fare pressione sui belgi circa l'ingresso di truppe francesi nel loro paese. Gamelin aveva intenzione di eseguire un attacco decisivo contro la Germania nel 1941, attraverso i Paesi Bassi; la loro neutralità sarebbe stata comunque un ostacolo per questi piani. Se questa invasione avesse portato i belgi a schierarsi con Francia e Regno Unito, questo problema sarebbe stato parzialmente risolto ottenendo così il terreno strategicamente vitale da cui lanciare l'attacco. D'altra parte, se la Germania davvero fosse andata avanti con l'invasione, era molto desiderabile che le forze francesi potessero insediarsi nel Belgio centrale prima che il nemico arrivasse. Quindi, sia per intensificare la crisi che per essere pronti ad ogni occasione che si fosse presentata, Gamelin ordinò al 1º Gruppo d'armate alleato e all'adiacente Terza armata francese di marciare verso la frontiera belga.
L'avvertimento di Sas[modifica | modifica wikitesto]
Il fatto che le informazioni carpite intercettano le conversazioni tra i tedeschi sembrassero dimostrare che i documenti fossero autentici, aumentò ulteriormente l'ansia belga. La sera del 13 gennaio un messaggio del colonnello George Goethals, l'addetto militare belga a Berlino, riferiva: «Erano quelli gli ordini tattici o parte di essi nel piano di Malines?[7] Un informatore sincero, la cui credibilità può essere contestata, sostiene che questo aereo trasportava piani da Berlino a Colonia in relazione all'attacco all'Occidente. Poiché questi piani sono caduti nelle mani del Belgio, l'attacco avverrà domani per prevenire contromisure. Faccio riserve esplicite su questo messaggio, che non ritengo affidabile, ma che è mio dovere riferire».[8] L'"informatore sincero" era l'addetto militare olandese a Berlino Gijsbertus Sas, che parlò con Goethals alle 17:00 circa; le sue informazioni dell'olandese dovevano sempre essere considerate con attenzione perché Sas era in contatto con un ufficiale dei servizi segreti tedeschi che era un oppositore del regime nazista, ufficiale oggi conosciuto per essere stato il colonnello Hans Oster.
Il generale Van Overstraeten, il consigliere militare del re belga, che venne informato del messaggio verso le 20:00, si meravigliò che l'informatore sembrava conoscere l'avvenuta cattura dei piani, visto che l'incidente non era stato citato in nessun comunicato stampa. Era possibile che facesse parte di un grande piano d'inganno tedesco, ma altrettanto possibile che fosse vero.[9] Agendo sul presupposto che potesse essere preso sul serio, Van Overstraeten modificò l'avvertimento che il capo di stato maggiore belga, il tenente generale Édouard van den Bergen, aveva elaborato e che stava per essere inviato a tutti i comandanti dell'Esercito belga il 13 gennaio: là dove si diceva che un attacco era «probabile» per il mattino seguente, venne modicato in «quasi-certo».[10] Van den Bergen, che aveva promesso in segreto a Gamelin di portare il Belgio al fianco degli Alleati,[11] decise poi quella sera verso le 22:30 di trasmettere, nel corso di un popolare programma radiofonico di attualità, un richiamo immediato alle loro unità di tutti gli 80.000 soldati belgi in congedo. La "fase D", come era conosciuta, avrebbe dovuto garantire che le unità dell'Esercito belga sarebbero state al completo al momento dell'attacco tedesco.
Questo comunicato venne trasmesso senza ordini in tal senso da parte del re o del generale Van Overstraeten, e senza conoscere la decisione che era stata presa di mantenere la Germania all'oscuro del fatto che il Belgio fosse entrato in possesso dei piani di attacco.[12][13] Poi, ancora una volta senza fare alcun riferimento al re o a Van Overstraeten, Van den Bergen ordinò di spostare le barriere sul confine meridionale con la Francia in modo che le truppe francesi e britanniche potessero marciare in fretta quando sarebbero state chiamate in risposta all'attacco tedesco.[14] Se i tedeschi avessero attaccato il 14 gennaio, Van den Bergen avrebbe probabilmente ricevuto le congratulazioni per il suo energico processo decisionale; invece, cadde in disgrazia per aver agito senza il permesso del re, dato che Leopoldo era il comandante supremo di tutte le forze armate belghe. Van den Bergen fu rimproverato così duramente da Van Overstraeten che la reputazione del capo di stato maggiore belga non si riprese mai; alla fine del mese di gennaio si dimise dall'incarico.
Reazione olandese[modifica | modifica wikitesto]
Anche se la regina olandese Guglielmina e il suo governo vennero messi in alarme dall'avviso del sovrano belga, il comandante supremo olandese Izaak Reijnders era scettico circa le informazioni. Quando l'addetto militare belga all'Aia, il tenente colonnello Pierre Diepenrijckx, gli porse un memorandum personale di Van Overstraeten il 12 gennaio, reagì: «Credi in questi messaggi? Io non ci credo affatto». Anche in questo caso gli olandesi non vennero informati della fonte precisa e i belgi nascosero il fatto che i tedeschi in questi piani stabilivano solo una parziale occupazione dei Paesi Bassi, non includendovi la ridotta nazionale olandese (Vesting Holland).[15]
Che Reijnders fosse stato messo in guardia il giorno dopo anche da Sas è ancora controverso; dopo la guerra negò anche di aver parlato con l'addetto belga[16], ma la mattina del 14 gennaio, in reazione alla segnalazione del Belgio, ordinò che non doveva essere concessa nessuna licenza ai soldati e di chiudere i ponti strategici, mentre i detonatori dovevano essere collocati all'interno delle cariche esplosive di demlozione degli stessi. La popolazione civile, nel pomeriggio, si preoccupò per la trasmissione radiofonica che annunciava la cancellazione delle licenze ai militari, e timori si diffusero circa il fatto che i tedeschi avrebbero potuto approfittare del freddo intenso per attraversare la "Nuova Linea d'Acqua olandese" ora che era congelata. La settimana successiva, per rassicurare il popolo, venne data molta copertura stampa alle seghe circolari motorizzate che erano state predisposte per tagliare le lastre di ghiaccio nei fiumi.
L'apice della crisi[modifica | modifica wikitesto]
Il desiderio del governo belga di mantenere segreto il possesso dei piani venne ulteriormente minato, questa volta dal re in persona. La mattina del 14 gennaio Lepoldo inviò un messaggio a Winston Churchill, allora Primo Lord dell'Ammiragliato, tramite l'ammiraglio Sir Roger Keyes per chiedere alcune garanzie; il messaggio venne inviato tramite Keyes perché questi si era affermato come legame segreto tra il governo britannico e il Re del Belgio.[17] Le suddette garanzie includevano il garantire che gli Alleati non avrebbero negoziato apertamente per una soluzione del conflitto senza l'accordo del Belgio.[18], che dopo qualsiasi conflitto l'integrità territoriale belga, comprese le sue colonie, sarebbe stata confermata, e che il Belgio sarebbe stato assistito finanziariamente. Keyes aggiunse una clausola addizione che credette potesse indurre Leopoldo a convincere il suo governo a chiedere immediatamente l'intervento degli Alleati.
Non esiste alcuna trascrizione della conversazione tra Keyes e Churchill, ma se veramente egli disse ciò che in seguito affermò volesse dire, questa venne modificata nelle fasi successive.[19] Nella comunicazione che giunse ai francesi quel pomeriggio non vi era alcun riferimento al fatto che Keyes stava solo dando la sua opinione personale sulla chiamata degli Alleati. La registrazione francese del contenuto dell'offerta diceva che «il Re avrebbe chiesto al suo governo di chiedere agli eserciti alleati di occupare posizioni difensive all'interno del Belgio immediatamente», se i belgi avessero ricevuto soddisfacenti garanzie.[20] Édouard Daladier, il presidente del consiglio francese nel gennaio del 1940, disse subito al governo britannico che, per quanto riguardava la Francia, le garanzie avrebbero potuto essere date. Così i francesi ritenevano che i belgi avrebbero ricevuto una risposta soddisfacente da parte del governo britannico in relazione alle garanzie, e avrebbero poi invitato subito gli eserciti alleati a marciare sul loro territorio.
Alle 15:50 Daladier informò Gamelin che i belgi avevano in linea di principio accettato una proposta francese e chiese se era pronto ad eseguirla. Gamelin era molto contento, rispondendo che a causa di forti nevicate nella zona della frontiera belga-tedesca i tedeschi sarebbero stati incapaci di avanzare rapidamente, che un'invasione tedesca era quindi improbabile e che questo poneva una situazione ideale per un trinceramento francese, aggiungendo «ora dobbiamo cogliere l'occasione». Gamelin ordinò che le truppe alleate sotto il suo controllo avrebbero dovuto dirigere alla frontiera franco-belga durante la notte del 14-15 gennaio, in modo da essere pronti ad entrare nel paese a un semplice preavviso.
Alle 16:45 Gamelin ricevette una telefonata dal suo vice, il comandante del fronte occidentale generale Alphonse Georges. Allarmato per l'ordine, Georges era preoccupato che la decisione fosse irreversibile e che questa avrebbe potuto innescare una serie di eventi che avrebbero reso un'invasione tedesca inevitabile, proprio in un momento in cui l'esercito e l'aeronautica francesi non avevano ancora concluso il loro riarmo. Gamelin perse la calma e ingiuriò Georges, costringendolo a concordare con l'ordine. Durante la notte, i belgi furono informati della manovra degli Alleati, ma fu solo alle 8 del mattino del 15 gennaio che Gamelin ricevette la risposta britannica alle garanzie: il governo di Londra offriva una versione annacquata che era molto improbabile che fosse accettabile per i belgi;[21] allo stesso tempo, ricevette messaggi da forze avanzanti che le truppe di frontiera belghe avevano smesso di rimuovere gli ostacoli di frontiera e che non era stato ordinato di consentire loro l'ingresso nel loro paese. Tre ore dopo Daladier, chiamato dal disperato Gamelin che insisteva che il premier avrebbe fatto «assumere» al governo belga «le proprie responsabilità», disse a Pol Le Tellier, ambasciatore belga a Parigi, che a meno che i francesi non avessero avuto un invito ad entrare in Belgio dalle 20:00 di quella sera, essi non solo avrebbero ritirato tutte le truppe britanniche e francesi dal confine ma si sarebbero anche rifiutati di eseguire manovre simili in caso di ulteriori avvisi e comunque fino a dopo che i tedeschi avessero invaso il paese.[22]
Il governo belga, quel giorno, si dimostrò in grado di prendere una decisione positiva circa l'invito. L'invasione era dopo tutto già stata prevista per il 14, ma non riuscì a materializzarsi. Nevicate pesanti continuarono sul confine orientale, rendendo un immediato attacco tedesco improbabile. Il re e Van Overstraeten, entrambi convinti neutralisti, speravano che una soluzione diplomatica avrebbe potuto essere raggiunta per porre fine alla guerra, e non avevano intenzione di coinvolgere il proprio paese nel conflitto se non fosse stato assolutamente necessario. Verso le 00:00 Van Overstraeten ordinò alle truppe di frontiera belghe di ricostruire gli sbarramenti di confine e ricordò loro l'ordine permanente di «respingere con la forza qualsiasi unità straniera di qualsiasi nazionalità che violi il territorio belga». Alle 18:00 Daladier disse ad un deluso Gamelin che egli «non poteva prendere la responsabilità di autorizzare a penetrare preventivamente in Belgio», perché ciò comportava ormai la violazione della neutralità belga.
Quando Jodl apprese il 13 gennaio che i documenti erano probabilmente illeggibili, revocò l'intenzione di eseguire l'attacco con tre giorni d'anticipo, il 14 gennaio, e posticipò la data di inizio dell'offensiva al 15 o 16 gennaio, a seconda delle circostanze. In serata arrivò la notizia sorprendente che le truppe belghe e olandesi - che erano già state mobilitate da settembre 1939 - erano state messe stato di allerta: ciò venne attribuito all'incidente e all'approccio troppo evidente della marcia verso il confine della Sesta armata tedesca, e l'elemento sorpresa venne ritenuto ormai perduto. Il 15 gennaio le condizioni delle strade alla frontiera erano così difficili a causa della neve, e le prospettive climatiche così desolanti, che Jodl consigliò ad Hitler di rinunciare all'invasione a tempo indeterminato. Il Fuhrer, esitante, concordò su ciò il 16 gennaio alle ore 19:00.
Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]
Nel breve termine sembra che nessun danno fu causato dall'incidente, ma si è sostenuto[23] che a più lungo termine le conseguenze del fatto furono disastrose per il Belgio e la Francia. Quando arrivò la vera invasione, il 10 maggio 1940, i tedeschi avevano cambiato radicalmente la propria strategia e questo cambiamento portò alla rapida caduta della Francia, mentre forse una vittoria totale tedesca sarebbe stata tutt'altro che certa se il piano originale fosse stato seguito. Determinare l'esatta natura del nesso causale tra l'incidente e la variazione della strategia tedesca si è dimostrato tuttavia problematico.
Nel racconto più tradizionale degli eventi, l'incidente portò Hitler a chiedere un drastico cambiamento di strategia: il Führer disse Jodl che «l'intera operazione avrebbe dovuto essere costruita su una nuova base, al fine di garantire la segretezza e la sorpresa».[24] In risposta alla richiesta di Hitler, l'alto comando tedesco andò alla ricerca di un'alternativa, trovandola finalmente nelle proposte del generale Erich von Manstein che per qualche mese aveva difeso un nuovo concetto: invece di essere impegnatenella spinta principale sulla frontiera belga nord-orientale, le divisioni Panzer tedesche dovevano essere concentrate più a sud. Come Hitler disse a Jodl il 13 febbraio, «Dovremmo poi attaccare in direzione di Sedan [..] Il nemico non si aspetta che noi attacchiamo lì. I documenti in possesso degli ufficiali della Luftwaffe che si sono schiantati hanno convinto il nemico che abbiamo solo intenzione di catturare le coste olandesi e belghe». Pochi giorni dopo questa discussione Hitler aveva personalmente parlato con von Manstein e il Führer aveva dato il via libera. Il piano che aveva causato così tanto caos quando fu catturato dai belgi nel 1940 venne quindi sostituito.[25]
Tuttavia, l'importanza dell'incidente fu anche negata con forza.[26] Hitler era già titubante circa il piano originale fin dal suo inizio,e il rinvio fu solo uno dei molti e, anche in questa occasione, più da attribuire alle condizioni atmosferiche che alla divulgazione del contenuto dei documenti. Poiché il piano era piuttosto tradizionale e prevedibile, nessun segreto fondamentale era stato compromesso e come tale non vi era un bisogno immediato di un cambiamento. La richiesta di Hitler della sorpresa non si riferiva ad una nuova strategia imprevedibile, ma ad un approccio e ad una concentrazione di forze accorciata, in modo da acquisire una sorpresa tattica prima che il nemico potesse reagire. A tal fine, le divisioni corazzate si trovavano più a ovest e l'organizzazione venne migliorata. Non vi fu nessun cambiamento diretto nel pensiero strategico e quando un piano migliore, in un processo continuo di emendamenti, venne stilato il 30 gennaio, questo Aufmarsch Anweisung N° 3, Fall Gelb ("Direttiva di Schieramento, Caso Giallo") non era fondamentalmente diverso dalle versioni precedenti. In questa prospettiva ciò che in realtà causò una svolta fondamentale fu solo il fatto che alcuni amici di von Manstein riuscirono a portare le sue proposte all'attenzione di Hitler. La conseguenza principale dell'incidente sarebbe stata quindi una modifica non del piano tedesco ma del modo in cui gli Alleati si sarebbero schierati in caso di invasione, cosa che permise ai tedeschi di adattare di conseguenza il loro attacco.[27]
L'adozione del rivisto Fall Gelb da parte dei tedeschi, mentre gli Alleati stavano ancora aspettando che Hitler andasse avanti con la versione catturata, significa che i tedeschi potevano tendere al nemico una trappola. Ci sarebbe stato ancora un attacco realizzato nel Belgio centrale, ma questo sarebbe solo un diversivo per attirare il maggior numero di soldati alleati al nord, mentre il principale attacco tedesco sarebbe caduto sulle Ardenne e avrebbe poi attraversato la Mosa tra Sedan e la zona a nord di Dinant, penetrando fino alla costa della Manica; in tal modo gli eserciti alleati in Belgio sarebbero stati tagliati fuori dai loro rifornimenti e costretti ad arrendersi.
Gamelin cambiò la sua strategia sulla presunzione che i tedeschi avrebbero cambiato la loro, nonostante le perplessità di Gort e del governo britannico. Forse gli Alleati credevano ancora che i documenti acquisiti erano solo uno schema abbozzato:[28] nella sua opera in due volumi Assignment to Catastrophe il maggiore generale Sir Edward Louis Spears sostiene che Churchill era della convinzione che i piani fossero genuini, mentre i francesi pensavano che fossero un abbozzo. Gamelin è stato duramente criticato per non aver cambiato il suo piano:[29] la sua posizione venne spiegata con l'incapacità di credere che il molto tradizionalista alto comando tedesco sarebbe ricorso a strategie innovative, per non parlare delle tattiche della cosiddetta "guerra lampo" ; qualsiasi grande concentrazione di forze che fosse rifornita attraverso la povera rete stradale nelle Ardenne avrebbe dovuto agire molto rapidamente. Anche a questo riguardo, l'incidente non avrebbe quindi avuto importanti conseguenze.
Erich Hoenmanns e Helmuth Reinberger vennero processati in absentia in Germania e condannati a morte: il trasporto di documenti segreti in aereo senza esplicita autorizzazione era rigorosamente proibito e considerato un delitto capitale. I verdetti non furono tuttavia mai eseguiti: dopo un soggiorno in un campo d'internamento a Huy entrambi gli ufficiali tedeschi vennero evacuati nel 1940, prima in Gran Bretagna e poi in Canada. La moglie di Hoenmanns però non sopravvisse a lungo ad un interrogatorio da parte della Gestapo; i suoi due figli vennero autorizzati a servire nell'esercito e furono uccisi in azione durante la guerra. Gli ufficiali vennero più avanti nel corso della guerra scambiati con un prigioniero di guerra; al ritorno in Germania vennero parzialmente perdonati.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Hugh Seabag-Montefiore, Dunkirk: Fight to the last man, London, Viking (Penguin Group), 2006, ISBN 0-670-91082-1.
- ^ Sotto il titolo La causa dell'atterraggio, alle pp. 5-7 dell rapporto de Termicourt conferma che nessun proiettile aveva colpito l'aereo, e che non vi era alcuna prova che la benzina fosse uscita dai serbatoi di carburante. Vi era una notevole quantità di carburante nel serbatoio quando l'aereo venne esaminato dopo l'incidente. De Termicourt dichiarò che la ragione più probabile dello stallo era che Hoenmans avesse inavvertitamente spostato la leva che controllava il flusso di benzina al motore. Se la leva era stata spostata, come suggerì de Termicourt, alla benzina proveniente dai sarbatoi sarebbe stato impedito di affluire al motore, e ciò avrebbe comportato improvvisamente l'arresto del motore stesso come riportò Hoenmanns.
- ^ a b Helmuth, Major Reinberger, Reinberger's Statement, From the Huygeier Papers., 13 settembre 1944.
- ^ a b Diario di Alfred Jodl.
- ^ Rapporto della conversazione del 12 gennaio 1940, CDH, archivio di Overstraten.
- ^ Telegramma del 13 gennaio 1940 inviato alle 4.40 da Bruxelles, in CDH, Archivio A Farde 2 C111.
- ^ Malines-sur-Meuse è il nome francese per Mechelen-aan-de-Maas.
- ^ CDH, Overstraeten file.
- ^ Raoul Van Overstraeten, General, Albert I-Leopold III: Vingt Ans De Politique Militaire Belge, 1920-1940, Belgium., p. 458.
- ^ Rapporto del colonnello R. Monjoie, 1ª Sezione, Esercito belga, in CDH, Carton A Farde 2 C111.
- ^ Jackson, Julian, 2003, The Fall of France — the Nazi Invasion of 1940, p. 75.
- ^ Nota di Van den Bergen al Ministero della Difesa, datata 21 gennaio 1940, in CDH, Carton A Farde 2 C111.
- ^ Raoul Van Overstraeten, General, Albert I-Leopold III: Vingt Ans De Politique Militaire Belge, 1920-1940, Belgium., p. 456.
- ^ Ciò è ammesso nella nota di Van den Bergen al ministro della Difesa, in data 21 gennaio 1940, in CDH, Carton A Farde 2 C111. Van den Bergen non riusciva a ricordare se avesse detto al re e a Van Overstraeten che stava per ordinare che le barriere avrebbero dovuto essere rimosse. Van Overstraeten insistette sul fatto che non l'aveva fatto Raoul Van Overstraeten, General, Albert I-Leopold III: Vingt Ans De Politique Militaire Belge, 1920-1940, Belgium. p.486.
- ^ I documenti affermavano: Daneben ist beabsichtigt, mit Teilkräften (X. A.K. mit unterstellter 1. Kav. Div.) den holländischen Raum mit Ausnahme der Festung Holland in Besitz zu nehmen.
- ^ Jean Vanwelkenhuyzen, 1960, "Die Niederlande und der „Alarm" im Januar 1940", in Vierteljahrshefte Für Zeitgeschichte, 8. Jahrgang, 1.Heft/Januar p 19.
- ^ Jean Vanwelkenhuyzen, Les advertissements qui venaient de Berlin: 9 octobre 1939-10 mai 1940. p. 76.
- ^ Allegato 1 nella nota del 16 gennaio, SHM, 1BB2 207 Dossier 5.
- ^ Una descrizione di ciò che Sir Roger Keyes voleva dire a Churchill è la Registrazione delle Conversazioni con l'ammiraglio Sir Roger Keyes al Foreign Office il 21 e 22 febbraio 1940, uno dei documenti tramandati da Keyes a suo figlio, Roger.
- ^ Questo è rivelato nell'Allegato 1 del 14 gennaio 1940 nella nota del 16 gennaio, SHM, 1 BB2 207 Dossier 5.
- ^ Allegato 3 nella nota del 16 gennaio 1940 nominata nella precedente nota 18. Si trattava solo di dare garanzie nella misura in cui il Regno Unito avesse la capacità di rispettarle dopo un conflitto.
- ^ Il telegramma inviato da Pol Le Tellier a Bruxelles ricorda ciò che Daladier gli disse in Jean Vanwelkenhuyzen, Les advertissements qui venaient de Berlin: 9 octobre 1939-10 mai 1940. p.102.
- ^ Shirer, William, 1970, The Collapse of the Third Republic, p. 558.
- ^ Diario di Jodl, inizio del 16 gennaio.
- ^ Hitler poi affermò di essere arrivato all'idea in modo indipendente. Tuttavia, il consenso generale è che von Manstein ideò gli aspetti veramente decisivi operativamente del nuovo piano. La riunione del 17 febbraio venne descritta in Erich Von Manstein, Lost Victories, 1982, ISBN 0-89141-130-5. p.120-122.
- ^ Karl-Heinz Frieser, 2005, Blitzkrieg-Legende p. 76.
- ^ Karl-Heinz Frieser, 2005, Blitzkrieg-Legende p. 102.
- ^ Sir Lancelot Oliphant, l'ambasciatore britannico a Bruxelles citato in NA/PRO WO 371 24397.
- ^ Shirer, William, 1970, The Collapse of the Third Republic, p. 565-566.