Horti Sallustiani

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Incisione di Giovanni Battista Piranesi che ritrae gli Horti Sallustiani.

Gli Horti Sallustiani (i Giardini di Sallustio) erano i giardini fatti edificare dallo storico e senatore della repubblica romana Gaio Sallustio Crispo nel I secolo a.C., grazie ai fondi illecitamente ottenuti durante la sua propretura in Africa Nova. I giardini si estendevano in una vasta area nella zona nordoccidentale di Roma, in quella che sotto Augusto sarebbe divenuta la Regio VI; l'area è compresa tra i colli Pincio e Quirinale, tra il proseguimento della via Alta semita (attuale via XX Settembre), la via Salaria, le Mura Aureliane e l'attuale via Veneto, poco dopo la Porta Salaria. L'area dove oggi si estendono i resti della dimora dello storico prende il nome di rione Sallustiano.

Gli horti nell'antica Roma

Lo stesso argomento in dettaglio: Giardini romani.

I romani erano soliti chiamare horti (al singolare hortus) le abitazioni dotate di un grande giardino (hortus in latino significa proprio "giardino"), costruite entro la cerchia urbana, ma in aree suburbane. Erano un luogo di piacere, in cui era possibile vivere isolati e nella tranquillità, ma senza la necessità di allontanarsi troppo dalla città[1].

La parte più importante degli horti era senza dubbio la vegetazione, molto spesso foggiata secondo forme geometriche o animali, secondo i dettami dell' ars topiaria. Tra il verde si trovavano spesso padiglioni, porticati per passeggiare al riparo dal sole, fontane, terme, tempietti e statue, spesso repliche di originali greche[1][2]. Il primo a dare origine a questa moda fu il ricchissimo Lucullo, che si fece costruire una lussuosa dimora sul colle del Pincio, a Roma;[1] subito dopo seguì il suo esempio Sallustio.

Gli Horti Sallustiani

Storia

Lo scrittore latino fece edificare i suoi horti tra il Quirinale, il Viminale e il Campo Marzio, in un'area precedentemente appartenuta a Cesare; i suoi giardini erano i più grandi e ricchi del mondo romano.[2]

Nel 36 a.C., alla morte dello scrittore, la residenza passò in proprietà al nipote Quinto e poi ad Augusto. Da allora i giardini vennero ampliati ed abbelliti più volte, restando sempre nel demanio imperiale. Molti imperatori la scelsero come dimora temporanea, in alternativa alla sede ufficiale sul Colle palatino.

Vespasiano vi soggiornava volentieri e Nerva vi morì; qui nel 69 si erano svolti i duri combattimenti che avevano visto trionfare l'esercito di Vespasiano nel 69 d.C. Poi gli imperatori Adriano e Aureliano vi fecero fare altri importanti lavori. Quest'ultimo in particolare fece costruire un porticus miliarensis, probabilmente un complesso di portico, giardino e maneggio, dove si recava a cavalcare. Altri restauri vennero effettuati nel III secolo.

Quando nel 410 vi fu il sacco di Roma da parte dei Visigoti, comandati del re Alarico I, e che entrarono proprio dalla Porta Salaria), la villa subì gravissimi danni e non fu più ricostruita[2], come testimonia Procopio nel VI secolo.

Descrizione

L'Obelisco Sallustiano, situato ora in piazza Trinità dei Monti.

Uno dei nuclei principali si trovava in fondo alla valle che divideva il Quirinale dal Pincio, sostenuto da potenti muraglioni a arcate e contrafforti appoggiati alle mura serviane, dove oggi corre la via Sallustiana. L'edificio i cui resti sono nella zona dell'attuale piazza Sallustio doveva essere simile al Canopo di villa Adriana: al centro della piazza, 14 metri sotto il livello attuale, ne sono stati scavati i resti, poggianti sulla collina retrostante e collegati ad altri resti di edifici scarsamente conservati. La parte princiaple dell'edificio era una grande sala circolare (11,21 metri di diametro per 13,28 di altezza), coperta da cupola a spicchi alternati concavi e piani (una forma molto rara, riscontrata solo nel Serapeo di villa Adriana). Le pareti ospitano tre nicchie per lato, due delle quali erano aperte come passaggi per ambienti laterali. Le nicchie restanti pochi anni dopo la costruzione vennero chiuse e coperte da incrostazioni marmoree, che coprivano anche le pareti. Anche il pavimento era marmoreo, mentre la cupola e la parte alta delle pareti erano decorate da stucchi.

Si accedeva alla sala rotonda da un vestibolo rettangolare, al quale corrispondeva un ambiente simmetrico sull'altro lato, attraverso il quale si accede a una sala rettangolare in asse, fiancheggiata da due sale minori di forma allungata. Sul lato nord della sala circolare si trovano altri ambienti e una scala che permetteva di recarsi ai piani superiori.

A sud si trova un ambiente coperto di forma semicircolare e diviso in tre zone con tramezzi, due delle quali conservano ancora mosaici antichi in bianco e nero e resti di pitture parietali probabilmente stese in un secondo momento; il terzo ambientem verso sud, è occupato da una rampa di scale per i due piani superiori, mentre quella nord era inframezzata con un ambiente usato come latrina. La facciata di questo emiciclo è frutto in larga parte dei restauri del XIX secolo.

I bolli laterizi di questo edificio confermano una datazione posteriore al 126, e si doveva probabilmente trattare di una cenatio estiva, come il modello simile di Villa Adriana a Tivoli. La datazione è particolarmente significativa perché ci permette di conoscere gli sviluppi dell'architettura privata imperiale dopo la Domus Augustana, cogliendo le profonde evoluzioni rispetto al modello della Domus Aurea nel corso di poco meno di cinquant'anni, con influenze dall'architettura a più piana civile conosciuta a Ostia Antica e Roma stessa.

Il trono Ludovisi, custodito nel Palazzo Altemps.

Tra gli altri resti di edifici del complesso c'è un criptoportico decorato da pitture, oggi nel garage dell'Ambasciata Americana dal lato su via Friuli, e un muro a nicchie lungo via Lucullo. Nel collegio Germanico si trova poi una grandiosa cisterna adrianea, all'angolo fra via San Nicola da Tolentino e via Bissolati, composta da due piani: il primo, alto 1,80 metri, fa da sostruzione al secondo, che organizzato su quattro navate parallele intercomunicanti (complessivamente 38,55 x 3,30 metri).

Faceva parte del complesso anche il tempio di Venere Erycina.

Testimonianza dell'importanza e della ricchezza degli Horti Sallustiani sono le grandi opere d'arte rinvenute, nonostante le numerose trafugazioni avvenute nel corso dei secoli. Da qui proviene l'obelisco Sallustiano, oggi davanti a Trinità dei Monti, e il suo basamento di granito, oggi nei giardinetti dell'Aracoeli. Anche il trono Ludovisi e la grande testa femminile detta "Acrolito Ludovisi", entrambi al Museo Nazionale Romano, provengono da questi paraggi, forse provenienti bottini di guerra conservati nel tempio di Venere Erycina.

Note

  1. ^ a b c Vivere a Roma 2000 anni fa, su scudit.net. URL consultato il 12 marzo 2008.
  2. ^ a b c Horti Sallustiani, su romasegreta.it. URL consultato il 12 marzo 2008.

Bibliografia

  • Filippo Coarelli, Guida archeologica di Roma, Arnoldo Mondadori Editore, Verona 1984.

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