Gino De Marchi

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Gino De Marchi (Fossano, 19 maggio 1902Mosca, 3 giugno 1938) è stato un regista e antifascista italiano, vittima dello stalinismo. Comunista, emigrato in Unione Sovietica, nel periodo delle grandi purghe fu arrestato, condannato per trotskismo e spionaggio e fucilato. Ottenne la riabilitazione nel 1956.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Occupazione delle fabbriche (1920)
Antonio Gramsci (1922), intervenne a favore di De Marchi

Nato a Fossano, in provincia di Cuneo, nel 1902, dopo la morte del padre, a soli quattordici anni, lasciò la casa materna e il paese natale per lavorare in fabbrica a Torino come operaio e, ancora giovanissimo, pubblicò nel 1919 il libro di poesie Il rogo, dedicato allo scrittore e giornalista francese Henri Barbusse[1]. Iscritto al Partito Socialista, attivissimo nei consigli di fabbrica e nelle lotte degli operai della FIAT, convinto rivoluzionario, frequentò la redazione del giornale L'Ordine Nuovo, ove ebbe modo di conoscere e di farsi apprezzare da Antonio Gramsci.

Nel 1920 prese parte all'occupazione delle fabbriche di Torino[2], nel 1921 aderì alla fondazione del Partito Comunista d'Italia a Livorno e, nello stesso anno, in qualità di dirigente della federazione giovanile del partito (ma in realtà già in procinto di essere espulso dal PCd'I), fu inviato a Mosca per partecipare, come delegato italiano, al Congresso della gioventù comunista.

Immediatamente dopo il suo arrivo, accusato di spionaggio, venne arrestato dalla polizia sovietica e inviato in un campo di lavoro. Come emerso dalle ricerche svolte dalla figlia, Luciana De Marchi, e pubblicate nell'opera citata in Bibliografia, Una bambina contro Stalin del giornalista e storico Gabriele Nissim, la partecipazione forzata di De Marchi al Congresso della gioventù comunista di Mosca fu solo un espediente, da parte del PCd'I, per inviare in URSS il giovane Gino, considerato dal Partito un traditore (e pertanto espulso dalle sue file e mai più riammesso). Sempre sulla base di quanto riportato nel volume, i dirigenti del Partito erano ben consapevoli del fatto che De Marchi non sarebbe stato affatto bene accolto in URSS. L'idea che Gino fosse un "traditore" e la sua conseguente espulsione, originavano da un vecchio episodio nel quale il giovane, ancora in Italia, arrestato e duramente pressato dai carabinieri, che minacciavano di rivalersi sulla madre Maria Dadone, aveva rivelato la presenza di un deposito di armi clandestino a Fossano[3], deposito predisposto per un'eventuale rivolta rivoluzionaria. Per questa sua debolezza non solo fu espulso ma sarà anche diffamato dai membri del PCI, nel suo stesso paese natio (Fossano), fino al crollo del muro di Berlino. Nella stessa Fossano, la figlia riuscirà - dopo sforzi tenaci e vincendo molte resistenze - a far intitolare, il 24 aprile del 2004, una via al padre: nella targa si legge: "Poeta, regista, uomo politico, vittima dello stalinismo".

Liberato dai sovietici per l'intervento di Gramsci e inviato al confino, conobbe e sposò Vera Kornilova, una ragazza russa figlia di un ex ufficiale zarista, dalla quale ebbe una figlia: Luciana (l'autrice delle ricerche), nata nel 1924. Ritornato a Mosca, ancora con l'aiuto di Gramsci, iniziò a lavorare come regista per la Mostekhfil'm, una società moscovita di produzione cinematografica che realizzava documentari di propaganda sull'edificazione del socialismo.

Nuovamente arrestato nel 1937 dalla NKVD, nel periodo più aspro delle grandi purghe staliniane[4], gli fu estorta, sotto la minaccia di ritorsioni verso la moglie e la figlia, una falsa confessione di una sua presunta attività di spia fascista. Con tale accusa fu condannato a morte e fucilato nel 1938, pochi mesi dopo aver compiuto trentasei anni, nel poligono di Butovo, alla periferia della capitale russa. Dopo la morte dell'amico Gramsci, avvenuta il 27 aprile del 1937, nessun altro comunista italiano aveva tentato di salvarlo.

Nel 1956, con la denuncia dei crimini staliniani fatta da Chruščёv al XX Congresso del PCUS, venne riabilitato; ma la sua morte per fucilazione (e non per una presunta malattia) fu resa pubblica solo dopo la dissoluzione dell'URSS, nel 1990-91, e la conseguente apertura degli archivi segreti.

La figlia Luciana, tredicenne quando Gino fu giustiziato, si batterà a lungo in Unione Sovietica e in Italia per riabilitare la figura paterna, accusata ingiustamente. La sua esperienza sarà poi raccolta e pubblicata da Nissim nel volume citato.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il rogo : poesie. Fossano, Tipografia Mario Capra. 1919. Fonte: Nissim, G., opera citata in Bibliografia, pag. 50.
  2. ^ Nell'agosto del 1920, in un periodo di forti scontri sociali, in risposta alla serrata proclamata dagli industriali, iniziò l'occupazione operaia di numerose fabbriche nei principali centri industriali: Milano, Torino e Genova con la sperimentazione di forme di autogestione. L'occupazione si esaurì in breve tempo anche per il mancato appoggio del PSI e della Confederazione Generale del Lavoro (CGdL).
  3. ^ Fonte: Nissim, G., opera citata in Bibliografia, pag. 110.
  4. ^ Tale periodo è conosciuto in Russia anche con il termine di Ežovščina (ежовщина, era di Ežov) dal nome, Nikolaj Ivanovič Ežov, del capo dell'NKVD dell'epoca.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Sulla questione dei comunisti italiani nel periodo delle grandi purghe:

  • Bigazzi, Francesco e Lehner, Giancarlo (a cura di). Dialoghi del terrore: i processi ai comunisti italiani in Unione Sovietica, 1930-1940. Firenze, Ponte alle Grazie, 1991.
  • Caccavale, Romolo. La speranza Stalin: tragedia dell'antifascismo italiano nell'Urss. Roma, V. Levi, 1989.
  • Caccavale, Romolo. Comunisti italiani in Unione Sovietica: proscritti da Mussolini soppressi da Stalin. Milano, Mursia, 1995. ISBN 88-425-1792-5.
  • Dundovich, Elena. Tra esilio e castigo: il Komintern, il PCI e la repressione degli antifascisti italiani in URSS, 1936-38. Roma, Carocci, 1998. ISBN 88-430-1183-9.
  • Dundovich, Elena e Gori, Francesca. Italiani nei lager di Stalin. Bari, Laterza, 2006. ISBN 88-420-7926-X.
  • Lehner, Giancarlo. La tragedia dei comunisti italiani: le vittime del Pci in Unione Sovietica. Milano, Oscar Mondadori, 2006. ISBN 88-04-55862-8.
  • Zaccaria, Guelfo. A Mosca senza ritorno: duecento comunisti italiani fra le vittime dello stalinismo. Milano, SugarCo, 1983.

Sulla vicenda specifica di De Marchi:

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Vittime italiane dello stalinismo[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Articoli sulla stampa quotidiana[modifica | modifica wikitesto]

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