Giacomo Feo

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Giacomo Feo
Ritratto di Giacomo Feo (l'uomo più alto in piedi sulla destra), Melozzo da Forlì
Barone di Feo (Francia)
Stemma
Stemma
NascitaForlì, 1471 circa
MorteForlì, 27 agosto 1495
SepolturaChiesa di San Biagio (Forlì)
DinastiaFeo
PadreLuciano di Tomaso Feo
ConsorteCaterina Sforza (matrimonio segreto)
FigliBernardino Carlo Feo
ReligioneCattolicesimo

Giacomo Feo (Forlì, 1471 circa – Forlì, 27 agosto 1495) barone di Feo (Francia) e castellano della Rocca di Ravaldino, è stato un nobile e politico savonese noto per essere amante, poi marito della celebre Caterina Sforza, madre di Giovanni delle Bande Nere..

Origini e famiglia[modifica | modifica wikitesto]

Figlio di Luciano di Tommaso Feo, nobile di Savona, e fratello d'un altro Tommaso, castellano della Rocca di Rivaldino. I Fei erano signori della Rocchetta del Cairo (acquistata dal bisnonno Giovanni di Giacomo dal vescovo d'Acqui nel 1400), e signori di Pruneto e Altesino (attraverso la bisnonna Ginevra di Ponzone[1], figlia del marchese Tizino)[2]. Il fratello Tommaso, con la moglie Benedetta Spinola, procreò Giovanni Eustachio Feo, marito di Caracosa Doria di Lazzaro[1], nipote di Andrea Doria.

Castellano della Rocca di Rivaldino e nozze con Caterina Sforza[modifica | modifica wikitesto]

Caterina Sforza, moglie di Giacomo Feo.
La rocca di Ravaldino ai tempi di Caterina e Giacomo

Giacomo fu nominato castellano della Rocca di Ravaldino al posto del fratello, e fu insignito con un ordine cavalleresco da Ludovico il Moro. Tutte le cronache del periodo riportano come Caterina fosse follemente innamorata del giovane e attraente Giacomo. Si temette[3] anche che volesse togliere i territori al figlio Ottaviano per darli all'amato che già si definiva "vice signore di Forlì e Imola", come era de facto. La contessa aveva sostituito i castellani delle rocche dello "Stato" con i suoi parenti più stretti: alla rocca Sforzesca di Imola Gian Piero Landriani, marito di sua madre, a quella di Forlimpopoli Piero Landriani, suo fratello di sangue, mentre a Tommaso Feo dette in moglie la sorella Bianca Landriani. A Tossignano invece vi fu una congiura per prendere possesso della rocca da parte dei fedelissimi di Ottaviano, i quali avevano progettato di uccidere sia Caterina che Giacomo. La contessa lo venne a sapere e fece imprigionare e giustiziare tutti i congiurati. Immediatamente sventata, questa congiura fu subito seguita da quella di Antonio Maria Ordelaffi, non rassegnato alla perdita di Forlì, ma anche questa fallì.[4]

Il commissario fiorentino a Faenza, nel descrivere a Piero de' Medici la "misera condizione a cui erasi ridotta Caterina, dominata in tutto dal suo amante", riferì che nel 1493 Giacomo deteneva la fortezza di Forlì nelle proprie mani, che tutte le entrate e i guadagni passavano per le sue mani e che tutti i soldati dipendevano da lui. "Lui cavalca come Signore et a lui sono porte tutte le sue supplicazioni", in modo tale che "è necessario che segua una delle tre cose: o che Madonna faccia mal capitare M. Jacopo [cioè lo uccida], o che M. Jacopo faccia mal capitare lei con tutti i suoi figliuoli, o crescendo il S. Octaviano, quale si dimostra animoso, faccia capitare male la madre e M. Jacopo". Insomma si prospettava una strage familiare: uxoricidio o matricidio. "Onde se M. Jacopo ha cervello, che mi è pur detto che n'ha, è necessario che pensi alla salute sua", ossia che provvedesse a uccidere Ottaviano prima che diventasse adulto.[5] Caterina provava un tale attaccamento per Giacomo, che si dichiarò pronta a uccidere tutti i propri figli e rinunciare allo Stato e a tutti i propri beni piuttosto che separarsi da lui: "prima supellirà tucte le persone sue et figliuoli et la roba, prima daranno l'anima al diavolo, et lo stato al turco, che abandonarsi mai l'uno l'altro".[5]

A causa dell'aumento del potere di Giacomo la situazione a Forlì si fece molto difficile e i fedeli di Ottaviano decisero di liberare la città dal suo dominio. Nel 1490 fu oggetto di una prima congiura ordita da Ottaviano, ma questa non andò a segno.[6]La sera del 27 agosto del 1495, di ritorno da una battuta di caccia, Caterina, la figlia Bianca, alcune dame di compagnia, stavano sedute sulla carretta di corte, seguite a cavallo da Ottaviano, suo fratello Cesare e Giacomo, oltre che da numerosi staffieri e soldati. Giacomo venne assalito e ferito mortalmente, rimanendo vittima di una congiura. Lo stesso Gian Antonio Ghetti, organizzatore principale del riuscito complotto, si recò da Caterina soddisfatto dell'esito, convinto che il primo ordine di uccidere Giacomo fosse partito proprio da lei e dal cardinale Riario. Ma Caterina era all'oscuro di tutto e la sua vendetta fu terribile.

Quando era morto il suo primo marito, la ritorsione si era svolta in conformità dei criteri della giustizia del tempo,[7] ora invece seguì l'istinto accecato dalla rabbia di aver perduto l'uomo amato.[8] Caterina non si limitò a punire le donne delle famiglie traditrici, perseguì anche i figli, addirittura quelli ancora in fasce, perfino le amanti e i loro bambini vennero presi e giustiziati.[9]

«[...] ditta madona si armò de tutte arme e vene dove era stà morto domino Jacomo, et vetelo morto, tagliato in 100 pezzi. Et dimandato dove era le case di questi proditori, vi andò con zente d'arme et fanti, et fece prender le loro donne, et fele taiar a pezi; tra le qual ne era molte gravide; etiam li figlioli di 3 anni feze amazar, cossa crudelissima, et contra quel ditto di Christo che: Filius non portabit iniquitatem patris, neque pater iniquitatem filii; et poi fece bruzar le caxe: et tutta la terra era in gran terror. [...] et publicar la taia contra li coniurati, o vivi o morti chi li presentasseno [...] feceli tajar una man per uno, poi li fece squartar et metter li pezzi a le porte di la terra [...] sì che feze crudelissima vendetta, la qual smorzò il dolor dil suo domino Jacomo.»

Il coinvolgimento sentimentale di Caterina le impedì di comprendere i motivi politici che avevano ispirato il complotto, il quale, visto il grande numero di persone coinvolte, fu lungamente e accuratamente preparato. Ad esso avevano aderito quasi tutti i sostenitori dei Riario, convinti che Caterina stessa avesse dato tacitamente il suo consenso. Essi volevano sostenere il potere dei Riario e liberare la contessa dalla prigionia psicologica in cui l'amante la teneva. Invece il furore con cui Caterina rispose all'assassinio di Giacomo, le fece perdere[10] la benevolenza dei suoi sudditi, che mai più riconquistò.

Per onorare la memoria del defunto Giacomo Feo, Caterina fece realizzare la cappella Feo, all'interno della chiesa di San Biagio, facendola affrescare da Melozzo da Forlì e Marco Palmezzano. La cappella, con la tomba di Giacomo e il suo ritratto insieme ai Riario-Sforza, fu distrutta completamente sotto i bombardamenti del 1944.

Discendenza[modifica | modifica wikitesto]

Giacomo e Caterina ebbero un unico figlio:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Bruno, Federico. "La Ricostituzione del Libro d'Oro del Comune di Savona. Parte Terza. Famiglia dei Signori Feo". Atti della Società Savonese di Storia Patria. Vol. IV. Savona. 1921. Pg. 43 (PDF), su storiapatriasavona.it.
    «in terze nozze dopo Maria e Luigina de' Castro Delfino di Federico https://www.storiapatriasavona.it/storiapatria/wp-content/uploads/2021/03/SSSP-02-1919.pdf»
  2. ^ Rivista di storia, arte, archeologia per le province di Alessandria e Asti, Società di storia, arte, e archeologia per le provincie di Alessandria e Asti., 1915. URL consultato il 14 giugno 2023.
  3. ^ Brogi, p. 137.
  4. ^ Demi
  5. ^ a b Caterina Sforza, Documenti · Volume 3, Pier Desiderio Pasolini · 1893, pp. 183-185 e 186-188.
  6. ^ Venturelli
  7. ^ Secondo i costumi dell'epoca la vendetta era un legittimo dovere. (Brogi, p. 157).
  8. ^ Brogi, p. 158.
  9. ^ La Spedizione di Carlo VIII in Italia raccontata da Marin Sanudo e pubblicata per cura di Rinaldo Fulin, 1873, p. 601.
  10. ^ Graziani, Venturelli, p. 198.
  11. ^ Giovanni Vincenzo Verzellino, Delle memorie particolari e specialmente degli uomini illustri della città di Savona, Arnaldo Forni editore, 1891. URL consultato il 14 giugno 2023.
  12. ^ Vita di Caterina Sforza Riario contessa d'Imola, e signora di Forlì descritta in tre libri dall'abate Antonio Burriel sacerdote spagnuolo e dedicata all'illustrissimo Senato di Forli. Tomo primo [-terzo], 1795. URL consultato il 14 giugno 2023.
  13. ^ (EN) Keith Christiansen, Carlo Falciani e Andrea Bayer, The Medici: Portraits and Politics 1512–1570, Metropolitan Museum of Art, 19 aprile 2021, ISBN 978-1-58839-730-0. URL consultato il 14 giugno 2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Antonio Perria, I terribili Sforza. Trionfo e fine di una grande dinastia, Milano, SugarCo Edizioni Srl, 1981.
  • Cecilia Brogi, Caterina Sforza, Arezzo, Alberti & C.Editori, 1996.
  • Natale Graziani Gabriella Venturelli, Caterina Sforza, Cles, Arnoldo Mondadori Editore, 2001, ISBN 88-04-49129-9.
  • Cinzia Demi, Caterina Sforza, Fara, 2010, ISBN 8895139801.
  • Frédérique Verrier, Caterina Sforza et Machiavel ou l'origine du monde, Vecchiarelli, 2010, ISBN 8882472728.
  • Cesare Marchi, Giovanni dalla Bande Nere, Milano, 1981, ISBN non esistente..

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]