Fortificazioni del Colle San Carlo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Fortificazioni del Colle San Carlo
X Settore di Copertura Baltea
Vallo Alpino Occidentale
Corridoio incompleto della batteria del Belvedere d'Arpy, con muri perimetrali interrotti a poco meno di un metro di altezza. In alcuni tratti è presente la pavimentazione.
StatoBandiera dell'Italia Italia
Stato attualeBandiera dell'Italia Italia
Regione  Valle d'Aosta
CittàMorgex
Coordinate45°44′53.99″N 7°00′02.07″E / 45.74833°N 7.000574°E45.74833; 7.000574
Mappa di localizzazione: Nord Italia
Fortificazioni del Colle San Carlo
Informazioni generali
Inizio costruzioneseconda metà degli anni 1930
Primo proprietarioMinistero della guerra italiano
Condizione attualeabbandonato
voci di architetture militari presenti su Wikipedia

Le fortificazioni del Colle San Carlo, insieme alle fortificazioni al Colle della Croce, fanno parte del Caposaldo Colle della Croce - Colle San Carlo, uno dei capisaldi del Vallo alpino occidentale volti a fronteggiare un eventuale nemico proveniente dal Piccolo San Bernardo. Esse si compongono delle opere 12, 14 e 15 e della batteria della Testa d'Arpy[1] e se ne incontrano le rovine tra il colle omonimo e la Testa d'Arpy (o Tête d'Arpy), nel comune valdostano di Morgex.

La prima opera in caverna del Colle San Carlo (1970 m s.l.m.) è raggiungibile in pochi minuti dal parcheggio nei pressi del bar La Genzianella, lungo la strada per il Colle San Carlo, seguendo il segnavia numero 15 per il lago d'Arpy. La batteria della Testa d'Arpy (2017 m s.l.m.), che prende il nome dalla vetta omonima, si trova sul balcone panoramico detto Belvedere con vista su Courmayeur e sul massiccio del Monte Bianco, poco distante dal Colle San Carlo, ed è raggiungibile dallo stesso punto di partenza indicato per le altre opere.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Postazione di fuoco minata in conseguenza del trattato di pace con la Francia.

Se le prime fortificazioni moderne in Valle d'Aosta sono realizzate già a partire dal 1924, è solo nella seconda metà degli anni Trenta del Novecento che vengono costruiti nuovi fortini e rimodernate le strutture esistenti per il vallo alpino: nel territorio di Morgex vengono quindi edificate alcune opere di tipo 7000[2], ma è solo nel 1941 che per rafforzare il sistema difensivo della direttrice del Piccolo San Bernardo sulle linee di confine è progettata una prima linea arretrata sul Colle San Carlo o Colle d'Arpy.[3][4] All'entrata in guerra dell'Italia, nel giugno 1940, nessuna opera di tipo 15000 come quelle del Colle San Carlo è già stata completata ma i lavori proseguono fino al 1942 quando sono definitivamente abbandonati.[5]

Alla fine del conflitto bellico, secondo le direttive dei Trattati di Parigi del 1947, molte strutture sul confine sono distrutte o, per motivi economici, semplicemente disarmate e abbandonate.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Tutta l'area delle fortificazioni è censita a catasto al foglio 48 del comune di Morgex, la caserma al n. 153, il belvedere d'Arpy è compreso nel vastissimo mappale 155.

L'opera in caverna sotto la strada per il Lago d'Arpy[modifica | modifica wikitesto]

Di facile accesso, l'opera in caverna all'interno della collinetta che separa il vallone d'Arpy dalla valle che porta al Piccolo San Bernardo si raggiunge in pochi minuti, prendendo il sentiero numero 15 e scendendo alcuni metri di scarpata ingombri di macerie.[5]

Si presenta all'esterno con un ingresso discreto ma danneggiato. A causa dello scoppio della seconda guerra mondiale l'opera è rimasta incompiuta e, al termine del conflitto, come previsto dalle condizioni di pace alcune parti vennero minate e fatte saltare. Nelle strutture restanti in cemento armato e i pavimenti sono ancora in buono stato. All'interno della montagna, una grande galleria a "L" serviva le batteria che dovevano impedire al nemico l'accesso a Morgex e alla bassa Valle d'Aosta.[5]

A cinque metri dall'entrata si trova a desta un corridoio che dà accesso ad una stanza di circa cinque metri per quattro. Il corridoio le gira intorno su tre lati dopo essere sceso di tra gradini si interrompe. Nel muro vi sono due feritoie dalle quali si vigilava sull'entrata del fortilizio. Tornando indietro verso l'ingresso si accede al grande camerone a volta largo circa quattro metri che penetra in profondità nella collina. Alla fine dello stanzone si trova il corridoio lungo una trentina di metri che porta alla parte centrale del bunker: uno stanzone a "L" dal quale partono i corridoi d'accesso alle postazioni di fuoco che sono state minate in conseguenza del trattato di pace con la Francia.[5]

Dall'altro braccio della "L" inizia il corridoio lungo una decina di metri che porta alla seconda entrata della fortezza. Si percorre un camerone gemello a quello d'ingresso dal quale di accede alla postazione di difesa dell'entrata, alla cameretta e al corridoio d'entrata che è stato murato e si è mantenuto in ottime condizioni. Vi si trova ancora il fosso, potenzialmente colmo d'acqua, che doveva proteggere la porta d'accesso.[5]

Fuori dal forte, sulla cima della collinetta si vedono i due crateri un tempo collegati al sotterraneo e i resti dei muri a secco della fortificazioni. Seguendo il crinale verso sud-ovest si arriva alla casamatta parzialmente demolita collegata da un corridoio ai sotterranei.[5]

La batteria della Testa d'Arpy[modifica | modifica wikitesto]

Il Belvedere d'Arpy si raggiunge a piedi partendo dal parcheggio vicino al bar La Genzianella. Dapprima si passa vicino alla vecchia caserma dei Carabinieri Reali che ospitava la guarnigione di difesa del Col San Carlo, alle cui spalle si trova il bunker minato, e si prosegue lungo la vecchia strada militare che percorre tutto lo spartiacque tra il vallone d'Arpy e la valle che sale al Piccolo San Bernardo. A circa metà strada si arriva al bivio che porta ai ripetitori, oltre i quali si trovano alcuni sbancamenti predisposti per opere di difesa mai eseguite. Scendendo sul versante est si raggiunge il Belvedere con vista su Courmayeur e il massiccio del Monte Bianco. Percorrendo l'altro lato parte si arriva ai tre fori d'entrata dell'opera in caverna.[6]

La parte centrale è composta da una galleria ad anello larga circa quattro metri e rivestita da calcestruzzo su cui si innestano i corridoi che avrebbero dovuto condurre ai malloppi verso il Piccolo San Bernardo. Sull'altro lato della cresta si trovano gli scavi per i due ingressi gemelli mai completati. Questi corridoi sono ancora in massima parte a livello di scavi, alcuni sono stati minati. In alcuni tratti è era stato completato il pavimento e s'era cominciato a costruire muri perimetrali interrotti a poco meno di un metro di altezza.[6]

Ai piedi della pietraia che scende dall'ingresso centrale alto del vallone d'Arpy si trovano due portali appaiati, larghi circa un metro e mezzo e alti due, probabilmente usati come basamento della teleferica impiegata nella costruzione delle fortificazioni.[6]

La caserma della Testa d'Arpy[modifica | modifica wikitesto]

La caserma della Testa d'Arpy era il ricovero per una compagnia e per servizi diversi.[6]

Da una tavola in scala 1:200, datata 19 febbraio 1915 e pubblicata nel 1996[7] risulta che la caserma ospitava al piano terreno, procedendo da destra verso sinistra, la sala convegno caporali e soldati, la scala per l'alloggio ufficiali, la latrina sottufficiali, il corridoio che separava la camera dei marescialli da quella dei sottufficiali, 4 camere di dormitorio per la truppa, le latrine, il lavatoio, la scala per la truppa, il corridoio che disimpegnava la cucina dal magazzino viveri e sul retro i magazzini e la scala per l'infermeria.[6]

Al piano primo, procedendo da sinistra verso destra, si trovavano l'infermeria, la relativa latrina e la sala visite mediche, l'ufficio e il magazzino di compagnia con quattro camerate lavatoio e latrina, un corridoio che separava la cucina e la mensa ufficiali da una delle camere ufficiali e intorno alla scala di destra la latrina e 4 camere per ufficiali.[6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Marco Boglione, cit., 2009, pp.49-50.
  2. ^ Le opere di tipo 7000 erano piccole casematte che ospitavano un paio di mitragliatrici o raramente un cannone anticarro, le loro feritoie erano protette da una piastra metallica annegata nel calcestruzzo che a volte superava i due metri si spessore.
  3. ^ Marco Boglione, cit., 2009, p.47.
  4. ^ «Solo l'emanazione della circolare 15000, voluta dal Maresciallo Graziani, nuovo Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, determinerà (...) la messa in cantiere di altrettanto progettualmente valide strutture al Colle di Arpy.» Massimo Ascoli, cit., 2009, p. 28.
  5. ^ a b c d e f Gian Mario Navillod, Le fortificazioni del Col San Carlo. La fortezza sotto la strada per il Lago d'Arpy 1970 m, su tapazovaldoten.altervista.org, Tapazovaldoten, 30 maggio 2006. URL consultato il 17 aprile 2020.
  6. ^ a b c d e f Gian Mario Navillod, Le fortificazioni del Col San Carlo. La fortezza sotto il Belvedere d'Arpy (Testa d'Arpy) 2017 m, su tapazovaldoten.altervista.org, Tapazovaldoten, pagina creata prima del 16 novembre 2007 (ultimo aggiornamento il 29 luglio 2013). URL consultato il 18 aprile 2020.
  7. ^ Nathalie Dufour et alii, cit., 2006.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Marco Boglione, Il Vallo Alpino in Valle d’Aosta, in Tra baita e bunker. Tra baita e bunker. La militarizzazione della Valle d'Aosta durante il Fascismo, atti del convegno del 14 dicembre 2007, a cura della Fondazione Émile Chanoux, Aosta, Tipografia Valdostana, 2009, pp. 33-50. ISBN 978-88-86523-77-6 (fonte)
  • Massimo Ascoli, Nascita ed evoluzione della Guardia alla Frontiera. La GaF in Valle d'Aosta , in Tra baita e bunker. La militarizzazione della Valle d'Aosta durante il Fascismo, atti del convegno del 14 dicembre 2007, a cura della Fondazione Émile Chanoux, Aosta, Tipografia Valdostana, 2009, p.13-32. ISBN 978-88-86523-77-6 (fonte)
  • Luca Zavatta, Le valli del Monte Bianco, Rimini, L’Escursionista Editore, 2004.
  • Nathalie Dufour, Paolo Palumbo, Andrea Vanni Desideri, Il sistema difensivo del colle del Piccolo San Bernardo, Saint-Christophe, Arti Grafiche Duc, 2006.
  • Mauro Minola, Beppe Ronco, Fortificazioni nell'arco alpino: l'evoluzione delle opere difensive tra XVIII e XX secolo, Ivrea, Priuli & Verlucca, 1998. ISBN 8880680854
  • Dario Gariglio e Mauro Minola, Le fortezze delle Alpi occidentali, vol I, ed. l'Arciere, 1994. ISBN 8886398077
  • Andrea Vanni Desideri, Nathalie Dufour, Paolo Palumbo, Pierre-Jérôme Rey, Archeologia di una frontiera. La difesa del colle del Piccolo San Bernardo (La Thuile/Séez) tra XVII e XX secolo, in Archeologia Postmedievale, All'insegna del Giglio ed., 2012, pp. 97-140. ISBN 8878145394

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • Parte del testo di questa voce è tratto da:
Gian Mario Navillod, Le fortificazioni del Col San Carlo. La fortezza sotto la strada per il Lago d'Arpy 1970 m, su tapazovaldoten.altervista.org, Tapazovaldoten, 30 maggio 2006. URL consultato il 12 aprile 2020.. Contenuti in Licenza Creative Commons Attribution 4.0 Generic (CC BY 4.0) (fonte)
Gian Mario Navillod, Le fortificazioni del Col San Carlo. La fortezza sotto il Belvedere d'Arpy (Testa d'Arpy) 2017 m, su tapazovaldoten.altervista.org, Tapazovaldoten, pagina creata prima del 16 novembre 2007 (ultimo aggiornamento il 29 luglio 2013). URL consultato il 12 aprile 2020.. Contenuti in Licenza Creative Commons Attribution 4.0 Generic (CC BY 4.0) (fonte)