Fonologia della lingua italiana
Template:Avvisounicode Questa voce indica in che modo la lingua italiana è trascritta con l'alfabeto fonetico internazionale (IPA).
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Altri simboli | ||
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IPA | Spiegazione | Esempi |
ˈ | Accento primario, da posizionare prima della sillaba accentata | primo [ˈpriː.mo] |
ˌ | Accento secondario | mangiatoia [ˌman.dʒa.ˈtoː.ja] |
. | Separatore di sillabe | chiamata [kja.ˈmaː.ta] |
ː | Lunga, per indicare una vocale lunga o una consonante geminata | andare [ãn.ˈdaː.re] |
~ | Nasalizzazione, da posizionare sopra la vocale nasalizzata | anche [ˈãŋ.ce] |
Note
- La lettera n assimila sempre il luogo di articolazione della consonante seguente. Ciò significa che la n di <ng> o <nc> è velare ([ŋ]), quella di <nv> o <nf> è labiodentale ([ɱ]).
- In una sillaba che termina con una nasale, la vocale precedente viene nasalizzata (sbancare [zbãŋ.ˈkaː.re]).
- Sempre in fatto di coarticolazione, si noti che alcune di esse vengono "bloccate" dal confine di sillaba, così che non vi è assimilazione: la nasalizzazione non si estende sulla sillaba precedente (cane [ˈkaː.ne] non nasalizza); la palatalizzazione sì (sgonfio [ˈzgõɱ.fjo]).
- Alcune consonanti sono sempre lunghe quando si trovano in posizione intervocalica: essi sono ʃ, ʦ, ʣ, ʎ, ɲ, e vengono quindi rappresentate come consonanti doppie.
- Le vocali poste in sillaba accentata aperta (cioè non seguite da consonante appartenente alla stessa sillaba) sono sempre lunghe, a meno che non si trovino in fine di parola (sciame [ˈʃaː.me]).
- Una sillaba contiene sempre o una sola vocale(lungha o breve) o un dittongo: se nella grafia due vocali che non formano dittongo si toccano, esse apparterranno a due sillabe diverse (paese [pa.'eː.ze]).
- Vengono considerate dittonghi anche le coppie di vocali formate da una consonante approssimante e una vocale: (uomo [ˈwɔː.mo], ieri [ˈjeː.ri]).
- Il confine di sillaba in fonetica non coincide con quello dell'ortografia: in fonetica, infatti, la sillaba si definisce in rapporto all'intensità, che è massima in corrispondenza delle vocali e che varia a seconda delle consonanti; ogni sillaba inizia con un'intensità minima, raggiunge un picco (detto nucleo sillabico: la vocale), e poi finisce prima del minimo successivo: quindi [ˈtes.ta] invece di <te-sta> perché l'intensità di una fricativa ([s]) è maggiore di quella di un'occlusiva ([t]). Nell'esempio la [s] è la coda della sillaba: una sillaba che non abbia una coda (e quindi finisce con la vocale) è detta sillaba aperta ([ˈkaː.ne]); una sillaba che termina con una coda si dice sillaba chiusa. Si noti che non è obbligatorio segnare le sillabe con il relativo simbolo . in sede di trascrizione fonetica, anche se è ovviamente più completo.
Trascrizione stretta e trascrizione larga
Esistono due possibili trascrizioni che usano l'alfabeto fonetico internazionale: si tratta della trascrizione stretta, anche detta fonetica, e della trascrizione larga, anche detta fonemica; la prima si basa sulla rappresentazione dell'elemento fisico-acustico, la seconda sull'elemento psicologico della pertinenza linguistica. In termini più semplici, la trascrizione fonetica trascrive i foni, segnandone ogni caratteristica e non tralasciando nessuna variante di pronuncia; la trascrizione fonemica trascrive i fonemi, cioè solo quei foni che hanno pertinenza in base alla lingua di appartenenza: in caso di varianti combinatorie, quindi, non viene segnata alcuna differenza. Le differenze sono:
- In caso di trascrizione stretta, si usa racchiudere i segni tra parentesi quadre [...]; in caso di trascrizione larga, si racchiudono i segni tra parentesi oblique /.../ (in sede di fonetica, la grafia, cioè l'ortografia, viene racchiusa tra parentesi uncinate <...>).
- Molte delle note segnalate nel paragrafo precedente^ non vengono segnate in caso di trascrizione larga, perché non hanno pertinenza fonologica in italiano: in altre parole sono indicazioni che non è necessario segnare perché, a patto ovviamente di conoscere la corretta pronuncia in italiano, quelle realizzazioni saranno obbligatorie e la loro variazione non darà luogo a differenze di significato; per esempio: i foni che costituiscono varianti combinatorie (cioè determinate dal contesto) del fonema /n/ non vengono usati, in quanto la velarizzazione o labializzazione della <n> è obbligata dalla consonante successiva, e sarà quindi sufficiente scrivere /in.ˈve.ʧe/ e /ˈfan.ɡo/ per [ĩɱ.ˈveː.ʧe] e [ˈfãŋ.ɡo]; la nasalizzazione non viene segnata, in quanto non è possibile che una vocale, seguita da consonante nasale nella stessa sillaba, non venga nasalizzata (/ˈan.ce/ per [ˈãŋ.ce]); quelle consonanti, che come detto sono sempre lunghe in posizione intervocalica, vengono segnate semplicemente (/ˈpe.ʃe/ per [ˈpeʃ.ʃe], /ˈra.ɲo/ per [ˈrãɲ.ɲo]); la lunghezza delle vocali non viene segnata, in quanto anch'essa è determinata dal contesto.
Varianti libere e varietà locali
Abbiamo introdotto il concetto di variante: si dice variante combinatoria una variante che è determinata da un dato contesto, mentre la variante libera non lo è. In italiano le varianti libere possono essere variazioni individuali, come quella detta della "erre moscia", nella quale il fonema /r/ può essere realizzato mediante diversi foni detti allofoni (vedi sotto la relativa voce). Esistono inoltre numerori foni che non fanno parte dell'italiano standard, ma che vengono usati nelle varietà regionali dell'italiano e che corrispondono a scarti di pronuncia rispetto alla norma: esempi di variazioni regionali sono le consonanti retroflesse usate per esempio in Sicilia e Sardegna (vedi), oppure la vocale centrale medio-alta, anche detta atona, [ə], che si sente a Napoli in fine di parola (per esempio [ˈnaː.po.lə]). Non si confondano le varietà regionali dell'italiano con i diversi dialetti parlati nella penisola.
Bibliografia
- F. Albano Leoni - P. Maturi, Manuale di fonetica, Carocci, Roma 2002.