Elisabeth Eidenbenz

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Elisabeth Eidenbenz

Elisabeth Eidenbenz (Wila, 12 giugno 1913Zurigo, 23 maggio 2011) è stata un'insegnante e infermiera svizzera fondatrice della Maternité Suisse d'Elne[1] (nota anche come Mothers of Elne in inglese, Maternitat d'Elna in catalano, Maternidad de Elna in spagnolo).

Tra il 1939 e il 1944 salvò circa 600 bambini, per lo più figli di repubblicani spagnoli, rifugiati ebrei e rom in fuga dall'invasione nazista.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Elisabeth Eidenbenz (in piedi: terza da sinistra) riunione del personale della SAK[2], Château de la Hille, 1941.
L'ospedale restaurato della Maternité Suisse d'Elne.

Elisabeth insegnò in Svizzera e in Danimarca fino a quando decise di unirsi all'Asociación de Ayuda a los Niños en Guerra[3]. Dopo la caduta della Repubblica Spagnola, molti esuli repubblicani cercarono rifugio in Francia, quasi tutti furono bloccati e rinchiusi nei campi di concentramento o internamento: tenuti sulla spiaggia senza alcuna infrastruttura, con la sabbia come unica protezione e senza alcuna misura sanitaria, molti di loro morirono di malnutrizione e malattie; molte donne incinte persero i loro figli o morirono durante il parto.[4][5]

Elisabeth arrivò a Madrid il 24 aprile 1937 come volontaria nell'ambito del gruppo di soccorso Ayuda Suiza[6][7] ma poco dopo si trasferì nel sud della Francia. Parlava sia lo spagnolo che il catalano[8] e, sconvolta dalle condizioni delle madri e dei bambini tra i rifugiati, Elisabeth decise di trasformare un palazzo abbandonato a Elne in una casa di maternità.

Inizialmente il gruppo di soccorso si affidò alle donazioni volontarie provenienti da tutta Europa, ma dopo l'inizio della guerra i fondi si esaurirono velocemente mentre nel frattempo aumentava il flusso di rifugiati in arrivo sia dalla Francia che dal resto d'Europa: si trattò soprattutto di donne ebree in fuga dall'occupazione nazista. Il gruppo si vide costretto ad associarsi alla Croce Rossa e a dover rispettare la sua politica di neutralità[9]: questa scelta avrebbe impedito quindi al gruppo di ospitare i rifugiati politici, per lo più ebrei. Si decise quindi che le identità della maggior parte dei rifugiati sarebbe rimasta nascosta per aggirare queste leggi. Il gruppo fu perseguitato dalla Gestapo e in un'occasione alcuni membri furono anche arrestati,[10] fino alla chiusura definitiva dell'ospedale avvenuta nel 1944[6]. Nel periodo di attività furono salvati circa 400 bambini spagnoli e 200 ebrei provenienti da tutta Europa.[5]

In seguito Elisabeth si ritirò a Rekawinkel, a 30 km da Vienna e nel 2009 si trasferì a Zurigo dove poi morì nel 2011. Nel 2002 l'opera da lei svolta durante il periodo bellico fu riconosciuta grazie alla pubblicazione di diversi libri sulla sua vita e da un incontro avvenuto poco prima della Pasqua del 2002, quando 60 sopravvissuti che aveva contribuito a salvare si ritrovarono a Elne per onorare La Señorita.

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Ispirato alla sua vita, nel 2007 è uscito il romanzo Les enfants d'Elisabeth di Hélène Legrais[11] e nel 2017 il lungometraggio La lumière de l'espoir di Silvia Quer[12][13]. Nell'edificio un tempo occupato dalla Maternité Suisse a Elne nel 2013 è stato aperto un museo[9].

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

È cittadina onoraria del comune di Elne[14];

Giusti tra le nazioni - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'oro dell'Orden Civil de la Solidaridad Social - nastrino per uniforme ordinaria
Croce di San Giorgio - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere della Legion d'onore - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ancienne maternité Suisse d'Elne, ancien château d'En Bardou, su pop.culture.gouv.fr.
  2. ^ in tedesco Schweizerischen Arbeitsgemeinschaft für kriegsgeschädigte Kinder, in inglese Swiss Association for Child Victims of War.
  3. ^ (ES) Lola Huete Machado, La cuna del exilio, in El País, 9 ottobre 2005. URL consultato il 19 marzo 2024.
  4. ^ (EN) Elisabeth Eidenbenz and the children of war, su International Brigade Memorial Trust, 5 aprile 2023. URL consultato il 19 marzo 2024.
  5. ^ a b (EN) Rich Tenorio, How one Swiss nurse hid hundreds of pregnant women and their kids from the Nazis, su www.timesofisrael.com. URL consultato il 13 marzo 2019.
  6. ^ a b (CA) Miquel, Elisabeth Eidenbenz (1913 – 2011), creadora i directora de la maternitat d’Elna, su Blog de Miquel Bruguera sobre curiositats de la història de la medicina, 26 maggio 2021. URL consultato il 19 marzo 2024.
  7. ^ (IT) Dal «Cartello svizzero» al «Soccorso ai fanciulli» della CRS, su Croix-Rouge suisse. URL consultato il 19 marzo 2024.
  8. ^ (EN) Martyn Lyons, The Pyrenees in the Modern Era: Reinventions of a Landscape, 1775-2012, Bloomsbury Publishing, 2018, ISBN 9781350024809.
  9. ^ a b c Elisabeth Eidenbenz, su hls-dhs-dss.ch.
  10. ^ Memoria del exilio: Elisabeth Eidenbenz, su memoriadelexilio.wordpress.com.
  11. ^ (FR) Hélène Legrais, Les enfants d'Elisabeth: roman, Presses de la Cité, 2007, ISBN 978-2-258-07169-8. URL consultato il 19 marzo 2024.
  12. ^ (EN) Elisabeth Eidenbenz - The Light of Elna, su Fundació Suñol. URL consultato il 19 marzo 2024.
  13. ^ How one Swiss nurse hid hundreds of pregnant women and their kids from the Nazis, su timesofisrael.com.
  14. ^ a b c d Nachlass Elisabeth Eidenbenz (1913-2011), su collections.ushmm.org, UNITED STATES HOLOCAUST MEMORIAL MUSEUM. URL consultato il 30 ottobre 2017.
  15. ^ Elisabeth Eidenbenz, su collections.yadvashem.org.

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