Discussione:Cenone

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Antica Roma
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Storia

Lo stesso argomento in dettaglio: Antium.

Nel 469 a.C., i Romani con Tito Numicio Prisco, sbaragliati i Volsci in un primo scontro fuori Antium e messi in fuga[1], presero e saccheggiarono la cittadella di Cenone, una città fortificata sul mare, ben distaccata e distante da Antium, che fin dal periodo arcaico[2], con relativo porto, fungeva da suo emporio, deposito di viveri ed arsenale navale; altresì catturarono al porto ventidue navi lunghe; dopodiché di quel castello bruciarono le case, devastarono l'arsenale e distrussero le mura[3][4].

Nel 338 a.C., allorché il console Gaio Menio Publio, nel contesto della guerra latina, aveva sconfitto gli Anziati presso il fiume Astura[5], Antium capitolava, col porto di Cenone distrutto[6][7].

Ubicazione

Sulla localizzazione di Cenone vi è un acceso dibattito fra molti studiosi.

Ad esempio, Paola Brandizzi Vittucci (Antium: Anzio e Nettuno in epoca romana, Roma, Bardi Editore, 2000, pp. 141-143) considerava l'ubicazione del porto di di Cenone (il cui nome latino, caenum, vuol dire "fango" e indica un semplice "ricettacolo per navi", piuttosto fangoso, poco profondo e di natura paludosa, ossia un pantano) da potersi considerare «esclusivamente in corrispondenza della foce del fiume oggi denominato Loracina [o Loricina] che fino ad epoca recente scorreva a cielo aperto a levante dell'abitato di Nettuno» (quindi a est del borgo medievale nettunese). Quel corso d'acqua nel territorio di Nettuno è tuttora presente ed è noto dalla cartografia moderna come un ampio alveo, le cui notevoli dimensioni, incongrue rispetto alla scarsa portata attuale, «sembrano indicare il progressivo interramento di un invaso un tempo occupato dal mare. In corrispondenza della parte terminale del Loracina, inoltre, la cartografia del XVI sec. riporta un vasto bacino a pianta circolare [detto «Pantano»: su una carta relativa a Nettuno di Antonio Lafréry] di cui ancora fino a tempi recenti restava traccia in una ampia bassura paludosa [...]. Questo invaso potrebbe aver costituito un approdo in laguna [...] e da questa caratteristica potrebbe aver tratto la denominazione la piccola città [di Cenone]», ossia l'oppidum, per la cui collocazione la Brandizzi Vittucci pensava all'altura posta subito a oriente del Loricina.

In linea con altri studiosi, Giuseppe Tomassetti (La Campagna romana antica, medioevale e moderna, a cura di L. Chiumenti e F. Bilancia, Firenze, Olschki, 1979-’80, vol. II, pag. 372) sosteneva che l'«arsenale marittimo Cenon [...] corrisponde, per consenso dei topografi, al Castello di Nettuno [il detto borgo medievale] nome di un tempio che dovette, col tempo, essere sostituito all'arsenale stesso..». Riguardo alla parte del porto, in accordo con altri citava Carlo Fea (Cenni di storia del porto neroniano nella città di Anzio, 1832, p. 20) che la collocava nel basso del detto castello; come detto, caenum=fango.

Altri studiosi, come Antonio Nibby (Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' Dintorni di Roma, vol. I, 1848) e Giuseppe Lugli (Saggio sulla topografia dell'antica Antium, 1940), supponevano invece il porto di Cenone nel luogo poi occupato dal porto neroniano: dunque in Capo d'Anzio (ove è l'odierna Anzio), a sud-ovest della città alta (Antium compresa la sua acropoli). La loro tesi ritiene l'area adatta per ospitare un porto: stando alla spiegazione del Lugli, sicuramente dovette esserci lungo la costa, al disotto della città, un'insenatura arcata e alquanto profonda, idonea ad accogliere piccole navi come dovevano essere quelle anziati in epoca pre-romana; l'insenatura fu poi colmata da Nerone per fondare la banchina del suo porto; nel sito già si presentavano due piccoli promontori naturali, ritenuti adatti a riparare le navi sui fianchi.

Per l'identificazione dell' oppidum di Caenon si era anche pensato all'abitato di Colle Rotondo, sempre nel territorio dell'odierna Anzio (a circa 8 km a nord del centro cittadino), ivi presente l’approdo alla foce del fosso di S. Anastasio[8].

Voci correlate

Note

  1. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, II, 63.
  2. ^ I Volsci, stabilitisi ad Antium, cominciarono a utilizzare il porto di Cenone che era già esistente al loro arrivo (Paolo Blasimme - Zarone, La portualità nettunense, in Vincenzo Cerri, Nettuno, Nettuno, Collana Caritas, 1986).
  3. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, IX, 56.
  4. ^ Luca Alessandri, L’occupazione costiera protostorica del Lazio centromeridionale, BAR S1592, 2006, p. 82.
    «In alternativa si può dar credito all’ipotesi che il famoso

    Caenon, il porto di Anzio in epoca volsca, fosse localizzabile un poco più distante dalla città; in particolare, alcuni autori ipotizzano che si trovasse in corrispondenza dell’odierna Nettuno il cui nome, di conseguenza, si spiegherebbe con

    un santuario collegato al porto antico.»
  5. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 13.
  6. ^ I Romani nel 338 a.C. distrussero il Cenone incendiandolo insieme al naviglio, per non renderlo più utilizzabile. Infatti, già dal III secolo a.C. non sembrava rimanerne traccia, cosicché Strabone (Geografia, V, 3,5) al suo tempo definiva Antium urbs umportuosa, ossia priva di porto. (Paolo Blasimme - Zarone, La portualità nettunense, in Vincenzo Cerri, Nettuno, Nettuno, Collana Caritas, 1986).
  7. ^ Peter Attema, Tymon de Haas, Gijs Willem Tol, Between Satricum and Antium: settlement dynamics in a coastal landscape in Latium Vetus, Peeters, Leuven - Paris - Walpole, MA, 2010, p. 11 (in inglese).
  8. ^ Gabriele Cifani, Alessandro Guidi, Alessandro M. Jaia, Nuove ricerche nel territorio di Colle Rotondo ad Anzio, in G. Ghini (a cura di), Lazio e Sabina 7 (atti del Convegno, Roma, 2010), Roma, Edizioni Quasar, 2011, pp. 371-372.

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