Criptosporidiosi

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Criptosporidiosi
Micrografia che testimonia un quadro di criptosporidiosi (colorazione con ematossilina eosina)
Malattia rara
Specialitàinfettivologia
EziologiaCryptosporidium parvum, Cryptosporidium, Cryptosporidium hominis, Cryptosporidium fragile e Cryptosporidium muris
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-10A07.207.2
MeSHD003457
MedlinePlus000617
eMedicine215490
Sinonimi
Eponimi
Cryptosporidium
...
Ciclo vitale dei protozoi del genere Cryptosporidium all'interno dell'organismo umano

La criptosporidiosi è una malattia infettiva diarroica causata da protozoi del genere Cryptosporidium, a sua volta appartenente al subphylum degli Apicomplexa.

Nel 1993 a Milwaukee, nel Wisconsin, oltre 400 000 persone furono colpite dall'infezione nell'ambito di una delle più grandi epidemie di criptosporidiosi mai registrate.[1] Sebbene manchino informazioni precise, si stima che circa il 3,5% della popolazione europea diffonda le spore di Cryptosporidium nell'ambiente esterno, solitamente in condizioni di portatore sano.

L'obbligo di denuncia all'autorità sanitaria di un caso di criptosporidiosi è presente solo in alcuni Stati: ad esempio, è previsto in Germania, mentre non sussiste in Austria.

Clinica[modifica | modifica wikitesto]

Segni e sintomi[modifica | modifica wikitesto]

La trasmissione avviene per via orale, attraverso l'ingestione di cibo o di acqua potabile contaminati dai protozoi patogeni. È possibile anche il contagio tramite animali domestici o animali da fattoria infetti nonché da persona a persona (trasmissione interumana).

Le persone colpite soffrono di diarrea profusa, accompagnata da coliche addominali e febbre non elevata. Nelle persone altrimenti sane, la malattia si risolve spontaneamente dopo circa una settimana, generando un'immunità permanente nell'individuo. Se la malattia colpisce persone immunodepresse o in età neonatale, il suo decorso può essere molto più lungo e può portare a complicanze di vario genere.

La forma sintomatica della malattia è rara nelle persone con sistema immunitario normale, ma in pazienti con immunodeficienza (ad esempio gli individui affetti da AIDS) l'incidenza della malattia è molto più alta.

Diagnosi[modifica | modifica wikitesto]

Finora sono state rilevate diciannove specie diverse di Cryptosporidium patogene per l'essere umano. Tuttavia, il 95% dei casi di criptosporidiosi è dovuto da Cryptosporidium hominis o da Cryptosporidium parvum; risultano talvolta patogeni anche Cryptosporidium meleagridis, Cryptosporidium felis e Cryptosporidium canis.[1]

Le oocisti di questi protozoi possono essere rilevate alla coprocoltura utilizzando vari metodi di colorazione (ad esempio la colorazione di Ziehl-Neelsen modificata). È anche possibile il rilevamento del microrganismo mediante immunofluorescenza, oppure il rivelamento di alcuni suoi antigeni mediante un apposto test ELISA.

Trattamento[modifica | modifica wikitesto]

Ci si avvale di una terapia sintomatica che prevede la reidratazione attraverso l'infusione di liquidi per via endovenosa e, in caso di diarrea grave e persistente, la somministrazione di loperamide o, in alternativa, di laudano e di octreotide. La terapia antiparassitaria viene effettuata con paromomicina o albendazolo; in alternativa possono essere somministrati azitromicina o nitazoxanide.[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) Una M. Ryan, Yaoyu Feng, Ronald Fayer, Lihua Xiao, Taxonomy and molecular epidemiology of Cryptosporidium and Giardia – a 50 year perspective (1971–2021), in International Journal for Parasitology, vol. 51, n. 13-14, dicembre 2021, pp. 1099-1119, DOI:10.1016/j.ijpara.2021.08.007.
  2. ^ (DE) Marianne Abele-Horn, Werner Heinz, Hartwig Klinker, Johann Schurz,August Stich, Antimikrobielle Therapie. Entscheidungshilfen zur Behandlung und Prophylaxe von Infektionskrankheiten, 2ª ed., Marburgo, Peter Wiehl, 2009, p. 291, ISBN 978-3-927219-14-4.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (DE) Dönges J, Parasitologie. Mit besonderer Berücksichtigung humanpathogener Formen, Stoccarda, Thieme, 1988.
  • (DE) H. Mehlhorn, G. Piekarski, Grundriss der Parasitenkunde, 6ª ed., Heidelberg, 2002.
  • (DE) Kayser et al., Medizinische Mikrobiologie, 12ª ed., Thieme, 2010.

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