Chiesa di Santo Stefano (Quartu Sant'Elena)

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Chiesa di Santo Stefano protomartire
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneSardegna
LocalitàQuartu Sant'Elena
Coordinate39°14′09.5″N 9°10′30.37″E / 39.235972°N 9.175103°E39.235972; 9.175103
Religionecattolica
Arcidiocesi Cagliari
Consacrazione1987
ArchitettoFrancesco Berarducci
Inizio costruzioneanni settanta
Completamento2000
Sito webwww.parrocchiasantostefano.it

La chiesa di Santo Stefano protomartire, moderno edificio di concezione innovativa e "significativa opera di Francesco Berarducci",[1] si trova nell'omonimo quartiere alla periferia occidentale di Quartu Sant'Elena, in via Pierluigi da Palestrina.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'intitolazione a santo Stefano, primo martire della cristianità, riprende quella di un'antica chiesetta rurale che ancora alla fine dell'Ottocento sopravviveva nel rione, seppur cadente e abbandonata da oltre un secolo; oggi non ne rimane traccia se non per un simulacro ligneo secentesco del santo conservato nella chiesa di Santa Maria di Cepola. La parrocchia di Santo Stefano venne invece istituita il 31 ottobre 1967 dall'arcivescovo di Cagliari Paolo Botto per venire incontro alle esigenze spirituali di un quartiere in rapida crescita demografica che, come chiesa "provvisoria", utilizzò dapprima un rustico adattato di via Giuseppe Parini e poi, dal 1969, un apposito capannone nella stessa via.[2] Solo nel 1987[3] venne inaugurata, benché non ancora ultimata, la chiesa vera e propria, realizzata su progetto dell'architetto romano Francesco Berarducci.

Conclusi i lavori di presbiterio, ambone e altare, nonché quelli interminabili per la sistemazione della piazza circostante,[4] monsignor Antonio Tagliaferri, da 33 anni parroco e fondatore della comunità, il 31 ottobre 2000 poté finalmente vedere la "sua" chiesa ufficialmente dedicata a santo Stefano dall'arcivescovo di Cagliari Ottorino Pietro Alberti, con la consegna delle reliquie del patrono e dei compatroni (san Leopoldo Mandić, beata Antonia Mesina e beato Nicola da Gesturi).

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

L'edificio, realizzato in cemento armato con linee compositive singolari e pareti senza intonaco di reminiscenza brutalista, da un lato si inserisce nell'ambiente con una "carica ascensionale di conquista" e con "l'intrigante metafora della gibbosità collinare",[1] mentre dall'altro riprende i concetti di severa semplicità, praticità e facilità d'accesso della precedente chiesa-capannone. Già il sagrato risponde a questa esigenza di avvicinamento del pubblico e di accoglienza dei fedeli, anche se le attuali recinzioni e cancellate sono in netto contrasto con l'istanza partecipativa progettuale. La chiesa, a pianta circolare, è caratterizzata da due torri cilindriche che, all'esterno, dominano l'ampio terrazzo a belvedere del tetto, da cui si gode la vista panoramica del vicino stagno di Molentargius e da cui si può individuare il caratteristico profilo del quartiere storico del Castello di Cagliari.

La configurazione architettonica dell'interno poggia sul concetto liturgico della centralità dell'eucaristia con suggestioni e rimandi alla Chiesa dei primi secoli (architettura paleocristiana). La penombra che avvolge l'aula non solo induce al raccoglimento ma dà ancor maggior risalto al presbiterio illuminato, circolare e su una pedana rialzata, centro spaziale di tutta la struttura ad anfiteatro e perfettamente visibile da tutti i gradoni della cavea che discendono verso di esso. Da lì si innalzano le due colonne-torri che caratterizzano anche l'esterno: in quella di destra è collocato il tabernacolo dall'inusuale forma sferica (un richiamo al profilo dell'ostia eucaristica),[5] evidenziato da un ampio oculo scavato nel cemento della colonna-torre; in quella di sinistra, invece, è collocato l'ambone. Al centro del presbiterio, e quindi dell'intero edificio, si trova l'altare quadrangolare in granito rosa di Villasalto. Degno di nota è anche il Crocifisso, accanto all'altare, opera in argento di Franco D'Aspro.

Caratteristica è l'assenza di statue e del tradizionale arredo di banchi con inginocchiatoio, schienale e seduta, sostituiti da file concentriche di semplici (ma scomode)[6] panche di sapore indubbiamente moderno, ma anche un po' troppo "laico" e "spettacolare" secondo le aspre critiche piovute sui principi estetici e liturgici della costruzione, definita negativamente come "chiesa-anfiteatro"[7] o "chiesa postconciliare"[8]. Tuttavia, nelle intenzioni di progettista e committenza, questo allestimento è stato studiato per favorire sia la partecipazione alle celebrazioni sia il contatto dei fedeli tra loro e per simboleggiare lo stretto rapporto di comunione e di carità che scaturisce dal sacramento eucaristico.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Così Luigi Calcagnile, professore alla facoltà di architettura Valle Giulia dell'università La Sapienza, nell'articolo Santo Stefano, luogo del delitto, pubblicato su L'Unione sarda del 2 aprile 2008. Pur valutando molto positivamente il progetto architettonico ("un'opera che consideravo, e considero tuttora, sia dal punto di vista architettonico sia da quello liturgico, riuscita, esatta, autorevole"), l'autore critica con severità le modifiche e le alterazioni che successivamente ne hanno contraddetto i principi ispiratori.
  2. ^ Natale Dessì, Giù la chiesa-capannone, su L'Unione sarda del 16 marzo 1996.
  3. ^ Pietro Picciau, L'anima popolare vive ancora a Santo Stefano, su L'Unione sarda dell'11 gennaio 2004.
  4. ^ Tra il 1996 e il 2000, il quotidiano L'Unione Sarda ha dedicato una lunga serie di articoli all'argomento tra cui, a titolo esemplificativo, si possono ricordare Riprendono i lavori nella piazza di Santo Stefano (25 luglio 1997), Eterno cantiere in piazza S. Stefano (23 luglio 1998), Festa amara nel rione di Santo Stefano (27 dicembre 1998); cui si potrebbero anche aggiungere quelli sui mezzi di trasporto per raggiungere la chiesa, come Traditi dal 'Pollicino' (16 aprile 1997).
  5. ^ Il tabernacolo è stato inaugurato il 31 ottobre 2007 dall'arcivescovo cagliaritano Giuseppe Mani in occasione del 40º di fondazione della parrocchia di Santo Stefano.
  6. ^ All'inconveniente, penoso soprattutto per anziani e disabili, si è prima provveduto con l'introduzione di una serie di sedie di plastica e, nel novembre 2010, montando su alcune panche degli schienali abbattibili.
  7. ^ Natale Dessì, La chiesa di Santo Stefano ha ospitato ieri una suggestiva cerimonia, il precetto pasquale interforze, su L'Unione sarda del 3 aprile 1996.
  8. ^ In Chiese postconciliari, sul sito tradizionalista una vox.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]