Carcharhinus sorrah

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Carcharhinus sorrah
Stato di conservazione
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Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Chondrichthyes
Sottoclasse Elasmobranchii
Ordine Carcharhiniformes
Famiglia Carcharhinidae
Genere Carcharhinus
Specie C. sorrah
Nomenclatura binomiale
Carcharhinus sorrah
Müller & Henle, 1839
Sinonimi

Carcharias sorrah

Areale

Carcharhinus sorrah (Müller & Henle, 1839) è una specie di squalo del genere Carcharhinus e della famiglia Carcharhinidae.

Areale[modifica | modifica wikitesto]

Abitano l'Oceano Indiano e quello Pacifico occidentale. Dal Mar Rosso e l'Africa orientale in particolare presso il Madagascar, Mauritius e le Seychelles sino alle Filippine, alla Cina, all'Australia. Sono stati rinvenuti anche presso Vanikoro e le Isole Salomone. In modo più raro si osservano presso il Golfo di Aden, il Golfo di Oman e lo Sri Lanka.[1]

Habitat[modifica | modifica wikitesto]

Vivono in acque tra la superficie ed i 140 metri di profondità, spesso presso barriere coralline[2].

Aspetto[modifica | modifica wikitesto]

Il record di dimensioni per questa specie è di 160 cm[3], mentre quello di massa corporea è di 28 kg[4]. La massima età mai riscontrata è di 8 anni[4]. Il corpo è snello ed allungato, il muso arrotondato, gli occhi grandi e circolari, i denti serrati e con cuspidi oblique. La seconda pinna dorsale è molto ridotta in dimensioni. La cresta interdorsale è presente[5]. Le punte delle pinne pettorali, dorsale ed il lobo inferiore della caudale sono scure. La prima dorsale ha una punta sottile, ma visibilmente scura, mentre le pinne pelviche e ed il lobo superiore della caudale sono monotinta[6]. Il corpo in senso generale è grigio o marrone sul dorso, bianco sul ventre con una zona dorata tra le fessure branchiali e gli occhi[1]. Una banda scura si estende sui fianchi a partire dalle pinne pelviche verso la coda[1].

Comportamento[modifica | modifica wikitesto]

Normalmente frequentano acque costiere[7] anche se a volte si trovano anche al largo[2]. Tendono inoltre a spostarsi vicino al fondo durante il giorno ed a risalire in superficie nelle ore notturne[4]. Spesso nel corso della loro vita non si muovono per più di 50 km, ma succede che emigrino per un totale di 1000[4]. Anche se prediligono pesci teleosti, si nutrono occasionalmente di cefalopodi e crostacei[8]

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

La specie è vivipara[9]

Interazioni con l'uomo[modifica | modifica wikitesto]

Viene catturato con una certa regolarità attraverso tutto il suo areale specialmente ad opera di pescherecci di scala ridotta[7]. La sua carne viene utilizzata per l'alimentazione umana e le pinne alimentano il famoso commercio asiatico. Dall'olio del fegato si estraggono vitamine e le viscere come esca per altri pesci[1].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Compagno, L.J.V. and V.H. Niem 1998 Carcharhinidae. Requiem sharks. p. 1312-1360. In: K.E. Carpenter and V.H. Niem (eds.) FAO Identification Guide for Fishery Purposes. The Living Marine Resources of the Western Central Pacific. FAO, Rome.
  2. ^ a b Sommer, C., W. Schneider and J.-M. Poutiers 1996 FAO species identification field guide for fishery purposes. The living marine resources of Somalia. FAO, Rome. 376 p.
  3. ^ Randall, J.E., G.R. Allen and R.C. Steene 1990 Fishes of the Great Barrier Reef and Coral Sea. University of Hawaii Press, Honolulu, Hawaii. 506 p.
  4. ^ a b c d Kailola, P.J., M.J. Williams, P.C. Stewart, R.E. Reichelt, A. McNee and C. Grieve 1993 Australian fisheries resources. Bureau of Resource Sciences, Canberra, Australia. 422 p.
  5. ^ Compagno, L.J.V., D.A. Ebert and M.J. Smale 1989 Guide to the sharks and rays of southern Africa. New Holland (Publ.) Ltd., London. 158 p.
  6. ^ Bass, A.J., P.C. Heemstra and L.J.V. Compagno 1986 Carcharhinidae. p. 67-87. In M.M. Smith and P.C. Heemstra (eds.) Smiths' sea fishes. Springer-Verlag, Berlin.
  7. ^ a b Compagno, L.J.V. 1984 FAO species catalogue. Vol. 4. Sharks of the world. An annotated and illustrated catalogue of shark species known to date. Part 2 - Carcharhiniformes. FAO Fish. Synop. 125(4/2):251-655.
  8. ^ Last, P.R. and J.D. Stevens 1994 Sharks and rays of Australia. CSIRO, Australia. 513 p.
  9. ^ Dulvy, N.K. and J.D. Reynolds 1997 Evolutionary transitions among egg-laying, live-bearing and maternal inputs in sharks and rays. Proc. R. Soc. Lond., Ser. B: Biol. Sci. 264:1309-1315.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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