Cacherano di Bricherasio
| Cacherano di Bricherasio | |
|---|---|
| Stato | |
| Casata di derivazione | Cacherano della Rocca |
| Casata principale | Cacherano di Asti |
| Titoli |
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| Fondatore | Giorgio Cacherano |
| Data di fondazione | 1360 |
| Data di estinzione | 1950 |
| Etnia | italiana |
| Rami cadetti |
|
Il Casato dei Cacherano di Bricherasio[2] fu un ramo collaterale dei Cacherano di Asti, appartenente alle casane astigiane. Dinastia di antica nobiltà piemontese, i Bricherasio si distinsero per onori militari, e vantarono anche il titolo di viceré dei Savoia per alcuni dei loro membri ma si distinsero anche per apprezzabili attività di affarismo e mecenatismo.
A cavallo tra il XIX ed il XX secolo si affermarono nel capoluogo sabaudo per la capacità di aderire con coraggio e lungimiranza alle istanze del progresso in campo economico, sociale e culturale.
Gli ultimi discendenti diretti della famiglia furono il conte Emanuele Cacherano di Bricherasio, cofondatore della F.I.A.T. e dell'ACI, e la sorella Sofia, pittrice, mecenate e filantropa. Dopo la morte di Sofia nel 1950, la linea si estinse. Il nome e il titolo furono successivamente assunti da Giuseppe Macchi Cacherano di Bricherasio, marito di Melania Calleri di Sala, nipote della contessina Sofia, in virtù di un decreto della Corte d'appello di Genova del 1953, dando così origine alla famiglia Macchi Cacherano di Bricherasio.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Origini
[modifica | modifica wikitesto]Il ramo dei Cacherano di Bricherasio ebbe origine dal ceppo principale dei Cacherano della Rocca, attestato ad Asti sin dal XII secolo. Il 4 marzo 1360 Amedeo VI di Savoia investì Giorgio Cacherano del feudo di Bricherasio, piccolo centro situato alle pendici delle valli del pinerolese.[3] Da questa infeudazione prese forma una linea autonoma della casata, che rimase legata alla fedeltà verso la Casa Savoia e si radicò nel territorio compreso tra le valli pinerolesi e il Monferrato.
XV e XVI secolo
[modifica | modifica wikitesto]Tra la fine del XV secolo e il XVI secolo i Cacherano di Bricherasio consolidarono i loro domini attraverso alleanze con famiglie del Piemonte meridionale e attraverso incarichi ottenuti nelle istituzioni sabaude. Alcuni esponenti furono attivi come ufficiali nelle campagne dei duchi di Savoia e ricoprirono ruoli amministrativi nei feudi monferrini.[4]
Nel 1538 un Giovanni Cacherano ottenne da Carlo V d'Asburgo il privilegio di battere moneta, di cui la famiglia tuttavia non si avvalse.[5]
XVII e XVIII secolo
[modifica | modifica wikitesto]Durante il XVII secolo la famiglia accrebbe la propria influenza militare e politica. Un discendente, Gianbattista Cacherano di Bricherasio, raggiunse alti gradi nell'esercito sabaudo. Nel XVIII secolo la linea si distinse con la figura di un Gianbattista omonimo, che combatté nella battaglia dell'Assietta (1747) contro le truppe francesi e che, tra il 1751 e il 1755, fu viceré di Sardegna, rappresentando il duca presso l'isola.[6]
Parallelamente, i Bricherasio ampliarono il patrimonio fondiario nel Monferrato, acquisendo vaste proprietà agricole e consolidando la loro posizione nell'aristocrazia piemontese.
XIX secolo
[modifica | modifica wikitesto]Nell'Ottocento i Bricherasio divennero una delle famiglie di maggior rilievo della nobiltà torinese. La casata mantenne un ampio radicamento terriero, con tenute a Fubine e Rosignano Monferrato, che garantirono rendite sufficienti a sostenere un ruolo di rappresentanza politica e sociale.[7]
Il conte Luigi Cacherano di Bricherasio sposò la marchesa Teresa Massel di Caresana, unendo due importanti lignaggi aristocratici. Da questo matrimonio nacquero Sofia ed Emanuele, che segnarono l'epoca a cavallo tra XIX e XX secolo.
Sofia, allieva del pittore Lorenzo Delleani, fu pittrice dilettante, mecenate e filantropa, trasformando il Castello di Miradolo e Palazzo Bricherasio a Torino in centri di vita culturale frequentati da artisti e intellettuali come Leonardo Bistolfi, Edmondo De Amicis e il capitano di cavalleria Federico Caprilli.[8]
Il fratello Emanuele, ufficiale dell'Accademia militare di Modena, si impegnò invece nello sviluppo industriale, partecipando alla fondazione della Fabbrica Italiana Automobili Torino. L'atto costitutivo della società venne firmato nel palazzo di famiglia, episodio che consacrò il ruolo dei Bricherasio nella nascente industria automobilistica italiana.[9]
Epoca recente
[modifica | modifica wikitesto]La precoce morte di Emanuele, avvenuta nel 1904 al Castello di Agliè a soli trentacinque anni, segnò un momento cruciale nella storia familiare.[10] Dopo questo evento la madre Teresa e la sorella Sofia ridussero progressivamente le frequentazioni delle residenze di Fubine, Rosignano Monferrato e Palazzo Bricherasio a Torino.
Nel secondo dopoguerra Sofia si ritirò stabilmente al Castello di Miradolo, dove visse fino alla morte, avvenuta nel 1950. Rimasta senza eredi diretti, dispose che il suo patrimonio fosse devoluto alla Piccola Opera della Divina Provvidenza di don Orione, facendo di lei una delle più munifiche benefattrici del Novecento piemontese.[11]
Il nome della famiglia proseguì con Giuseppe Macchi Cacherano di Bricherasio, marito di Melania Calleri di Sala, nipote della contessina Sofia, che con decreto della Corte d'appello di Genova del 1953 ottenne l'autorizzazione ad aggiungere al proprio cognome quello dei Cacherano di Bricherasio e il titolo comitale.[12]
La famiglia Macchi Cacherano di Bricherasio è tuttora fiorente e custodisce la memoria storica e culturale del ramo estinto della casata.
L'Asilo di Fubine
[modifica | modifica wikitesto]Fu appunto Sofia di Bricherasio a donare alla comunità di Fubine un fabbricato da destinare ad asilo infantile, intitolandolo alla memoria della madre Teresa. Lo stabile, di gusto eclettico e di qualità artistico-architettonica di rilievo, venne realizzato nei primi anni del Novecento sulla base di un progetto che ne prevedeva l'utilizzazione come residenza estiva; dal 1923 venne trasformato in asilo e dedicato alla memoria della madre Teresa Massel di Caresana. Esso sorge su un terreno di circa 2.300 metri quadrati coltivato a prato e con essenze ad alto fusto di gusto eclettico (palme, bossi, conifere). Sul fronte principale si trova una lapide commemorativa realizzata in fusione di bronzo con raffigurate in rilievo un insieme di figure, femminili e infantili, con dedica di ringraziamento della popolazione fubinese alla contessa Sofia; l'opera è di pregevole scultura autografata di Leonardo Bistolfi, scultore nativo di Casale Monferrato, amico e spesso ospite della contessa a Fubine quale esponente del suo cenacolo artistico-letterario. Lo stesso Bistolfi realizzò anche il monumento sepolcrale per Emanuele Cacherano di Bricherasio e il bassorilievo che ricorda la loro madre, la marchesa Teresa Massel di Caresana, nella vicina Cappella Bricherasio a Fubine.
In seguito l'edificio fu adibito a casa di riposo frati Cappuccini dell'Opera "Don Orione". Nel 2000 fu acquisito dal Comune di Fubine e sottoposto a lavori di restauro per restituirlo alla funzione originaria di scuola materna, trasferendo la casa di riposo al vicino Palazzo Bricherasio di Fubine.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Fonte: "La Grande Enciclopedia della Sardegna" Archiviato il 12 giugno 2013 in Internet Archive..
- ^ Fonte: Gian Luigi Ferraris e Comune di Fubine (AL). Vedi ulteriore nota in pagina di discussione.
- ^ V. Malfatto, Asti antiche e nobili casate, Il Portichetto, 1982, pp. 63-65.
- ^ C. Rosso, Il Piemonte sabaudo tra Quattro e Cinquecento, Torino, 2001, pp. 141-144.
- ^ C. Bobba, L. Vergano, Antiche zecche della provincia di Asti, Asti, 1971, p. 135.
- ^ P. Merlin, L'Assietta e la difesa sabauda, Torino, 1960, pp. 213-216.
- ^ M. Viora, Storia del Piemonte sabaudo, Torino, 1968, pp. 287-290.
- ^ A. Mola, Torino tra Otto e Novecento, Torino, 1991, pp. 189-193.
- ^ G. Volpato, Storia della FIAT, Torino, Einaudi, 1999, pp. 23-25.
- ^ La Stampa, Archivio storico, 16 ottobre 1904.
- ^ A. Gentile, Don Orione e i benefattori piemontesi, Alessandria, 2003, pp. 77-81.
- ^ Libro d'Oro della Nobiltà Italiana, vol. XXIX, 1995-1999, Roma, Collegio Araldico, p. 213.
