Alberico di Montecassino

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Alberico di Montecassino (Settefrati, 1030 circa – Roma, 1105 circa) è stato un monaco cristiano, maestro di grammatica e retorica italiano.

Vita[modifica | modifica wikitesto]

È chiamato anche Alberico di Montecassino senior per distinguerlo dall'omonimo monaco cassinense Alberico da Settefrati, detto anche Alberico di Montecassino junior, nato attorno al 1100 e morto dopo il 1145.

Il luogo della sua nascita non è conosciuto esattamente, per alcuni è situato nel territorio beneventano, mentre secondo altri biografi sarebbe anch'egli nativo di Settefrati[1], dove è ricordato insieme all'altro Alberico in una lapide apposta sulla facciata del palazzo comunale. Entrambi sarebbero stati membri della famiglia Anserici, che in atti parrocchiali assai più tardi (inizio del '600) è connotata col titolo baronale.

Da Roffredo, che sarà poi arcivescovo di Benevento dal 1076 al 1107, e che egli definisce suo maestro, ricevette probabilmente l'insegnamento delle lettere. Divenne monaco a Montecassino presumibilmente nel 1057 (la sua presenza nel monastero è attestata attorno al 1060), sotto il grande abate Desiderio- il futuro papa Vittore III- a cui fu molto legato[2]. Maestro di grammatica e retorica, ebbe tra i suoi allievi Giovanni di Gaeta, poi papa col nome di Gelasio II e il canonico Ugo, che fu maestro nello studio di Bologna. La sua importanza è testimoniata anche dalla corrispondenza che ebbe con San Pier Damiani su questioni di esegesi biblica[3]. Gli studiosi hanno evidenziato il suo ruolo complessivo nell'ambito di quel vasto movimento teologico e spirituale conosciuto come riforma gregoriana.

Partecipò al sinodo romano del 1078, indetto dal papa Gregorio VII, in cui furono condannate le tesi sull'eucaristia di Berengario di Tours: in questa circostanza scrisse il trattato De corpore Christi, andato perduto. Nel dibattito Alberico fu un tenace sostenitore della formula substantialiter che insieme al realiter ebbe grande fortuna nella definizione dogmatica dell'eucaristia, fino ad essere stabilita in modo definitivo nel Concilio di Trento[4].

I biografi - e soprattutto gli storici locali- in passato hanno dato per sicura la sua elezione a cardinale col titolo dei Santi Quattro Coronati, ma questa affermazione oggi è posta abbastanza in dubbio. Probabilmente la notizia è dovuta alla circostanza che a Roma trascorse gli ultimi anni della sua vita e fu sepolto nella chiesa dei Santi Quattro coronati, che ha titolo cardinalizio.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

La sua produzione, molto vasta, copre argomenti di grammatica e retorica, dogmatica, agiografia, musica. Tra le sue opere si ricorda in particolare il Breviarium de dictamine, per il quale è considerato l'iniziatore di quell'ars dictandi che si svilupperà nel XII e XIII secolo: nel trattato la compositio è divisa in quattro parti (exordium, narratio, argumentatio, conclusio); questa teoria retorica fu sviluppata dai suoi discepoli e diffusa in Italia e in Francia. Scrisse anche i Flores rhetorici, il De rithmis e il De barbarismo et solecismo, tropo et scemate. Opere agiografiche sono la Vita S. Scholasticae, la Vita Sancti Dominici (su San Domenico di Sora, abate), la Vita Sancti Aspreni e la Passio Sancti Modesti. È inoltre autore di vari inni sacri. Alla disputa papato-impero era dedicato un altro suo trattato andato perduto: Contra Henricum imperatorem de electione Romani Pontificis. Altre opere sono di attribuzione incerta.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Questa informazione è data per scontata nelle pubblicazioni locali collocate fra fine Ottocento e metà Novecento, come quelle del Venturini e del Lauri, ma non sappiamo con quanta attendibilità. Valga per tutte questa notazione: "Settefrati ... non è soltanto noto per il celebre Santuario di Canneto; esso figura nelle enciclopedie grandi e piccole ... perché ha dato la vita al Cardinale Alberico Anserici, ingegno gagliardo e multiforme che splende fra le tenebre medioevali; a Frate Alberico che con la sua mistica "Visione" accese l'audace fantasia dell'Altisimo Poeta di nostra stirpe". Achille Lauri, Settefrati attraverso la sua storia, in "Latina gens", 7(1929), n. 7, p. 322.
  2. ^ Il loro sodalizio è documentato dai Dialogi di Desiderio (in Monumenta Germaniae Historica, Germ. Hist., Scriptores, XXX, p. 1111 s.), in cui Alberico è rappresentato dal personaggio di Teofilo. Secondo alcuni critici A. collaborò direttamente alla stesura dei Dialogi
  3. ^ San Pier Damiani, Opuscula, in Patrololgia Latina, 145, coll. 621 s.
  4. ^ Questa notizia fu ritenuta erronea da Cesare Baronio, ma sembra accertato che il Baronio si riferiva ad un concilio precedente (1059), imperniato sul medesimo argomento. In uno scritto dello stesso Berengario Alberico è definito "quel cassinese non monaco, ma demoniaco". Per tutta la questione della sua partecipazione al sinodo romano del 1078-1079 si veda quanto discusso da Anselmo Lentini nella ricca e documentata voce del Dizionario biografico degli italiani, citata in bibliografia.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giorgio Brugnoli, Per il testo del "De rithmis" di Alberico di Montecassino. In "Benedictina", vol. 14, fasc. 1 (1967) p. 38-50
  • Anselmo Lentini, s.v. Alberico di Montecassino senior, in Dizionario Biografico degli Italiani, I, p. 643-645 (on-line)
  • C.A.G, s.v. Alberico di Montecassino, in Enciclopedia cattolica, I, p. 664.
  • Achille Lauri, Due benedettini di Montecassino: Alberico il Visionario e Alberico il Cardinale, da Settefrati. Roma, 1911
  • Aniceto Venturini, La gloria del mio paese, ovvero I due Alberici da Settefrati: profili biografici. Sora: Tip. Romana di F. Roccatani, 1880

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  • Pietro Diacono, De viris illustribus archimonasterii Casinensis, in Monumenta Germaniae Historica. Scriptores, VII, p. 728

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