Ardito (cacciatorpediniere 1913): differenze tra le versioni

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Ardito
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L’Ardito è stato un cacciatorpediniere della Regia Marina.

Storia

All’entrata dell’Italia nella prima guerra mondiale l’Ardente faceva parte, con i cacciatorpediniere Audace, Animoso, Ardito e Francesco Nullo, della I Squadriglia Cacciatorpediniere, di base a Brindisi[1]. Comandava l’unità il capitano di corvetta Caccia[1].

Il giorno stesso della dichiarazione di guerra, il 24 maggio 1915, Ardito, Animoso ed Audace effettuarono una missione antisommergibile nel golfo del Drin e successivamente al largo di Cattaro[1].

Il 9 giugno 1915 l’unità scortò, insieme ai cacciatorpediniere Indomito, Intrepido, Impetuoso, Irrequieto, Insidioso, Animoso, Ardente, Audace ed all’esploratore Quarto, gli incrociatori corazzati Giuseppe Garibaldi e Vettor Pisani, partecipando al bombardamento dei fari di Capo Rodoni e San Giovanni di Medua[2].

L’11 luglio l’Ardito, l’Ardente, l’Animoso e l’Audace scortarono l’esploratore Quarto e sbarcarono le avanguardie delle truppe destinate a sbarcare ed occupare l’isola di Pelagosa, operazione cui parteciparono anche l’incrociatore ausiliario Città di Palermo, l’esploratore Marsala, il cacciatorpediniere Strale e le torpediniere Clio, Cassiopea, Calliope, Airone, Astore ed Arpia e che si svolse senza intoppi (l’unico presidio dell’isola era composto da due segnalatori, che si nascosero per poi arrendersi)[1].

Alle 4 del mattino del 17 luglio la nave, insieme agli incrociatori corazzati Garibaldi, Varese e Vettor Pisani, ai cacciatorpediniere Ardente e Strale ed alle torpediniere Airone, Astore, Arpia, Alcione, Clio, Calliope, Centauro e Cigno, prese parte al bombardamento della ferrovia Ragusa-Cattaro[1]. La missione fu interrotta in seguito all’avvistamento – da parte del Vettor Pisani, alle 4.25 – di un sommergibile nemico; alle 4.40, mentre rientrava a Brindisi, la formazione fu ugualmente attaccata dal sommergibile U 4 che silurò ed affondò il Garibaldi[1].

Verso le dieci del mattino del 17 agosto dello stesso anno l’Ardito, che si trovava in crociera, unitamente all’esploratore Quarto ed ai cacciatorpediniere Impavido, Intrepido ed Animoso, a settentrione della congiungente Brindisi-Cattaro, raggiunse – insieme alle altre unità – Pelagosa, che alcune ore prima era stata pesantemente bombardata da una formazione navale austro-ungarica[1].

Nella notte tra l’11 ed il 12 dicembre 1915 l’Ardito ed un altro cacciatorpediniere, il Simone Schiaffino, scortarono da Brindisi a Durazzo i piroscafi Epiro e Molfetta con a bordo rifornimenti per le truppe serbe, vigilarono sullo scarico dei materiali e li scortarono poi sulla rotta di rientro per Brindisi[3].

Il 23 febbraio 1916 l’Ardito, i gemelli Indomito ed Impetuoso, l’esploratore Libia ed il vecchio ariete torpediniere Puglia si disposero nella rada di Durazzo a protezione dello sgombero della Brigata «Savona»[1].

A partire dall’indomani l’unità, insieme ai cacciatorpediniere Irrequieto e Bersagliere ed agli incrociatori ausiliari Città di Siracusa e Città di Catania, iniziò a bombardare le truppe austroungariche in avanzata, che stavano per occupare Durazzo[1]. Negli stessi giorni bombardò anche le postazioni d’artiglieria avversarie a Sasso Bianco, sempre nei dintorni di Durazzo[1].

Il 31 maggio 1916 l’Ardito e l’incrociatore ausiliario Città di Siracusa, mentre ispezionavano lo sbarramento sbarramento del canale d’Otranto, attaccarono ed obbligarono alla ritirata (insieme al cacciatorpediniere Aquilone ed alla torpediniera Centauro, partiti da Brindisi) i cacciatorpediniere austro-ungarici Orjen e Balaton, che avevano attaccato lo sbarramento ed affondato il «drifter»[4] Beneficient[1].

Il 2 agosto dello stesso anno l’Ardito fornì supporto, insieme ai cacciatorpediniere francesi Riviére, Bisson e Bory, ad un’incursione effettuata dal MAS 6 appoggiato dalle torpediniere 33 PN e 37 PN: la motosilurante penetrò nella rada di Durazzo e lanciò un siluro, senza tuttavia colpire alcuna nave (da bordo del MAS si ebbe l’impressione di aver colpito un piroscafetto, ma dalle fonti austro-ungariche non risultano affondamenti o danneggiamenti)[1].

L’11 maggio 1917 la nave, agli ordini del comandante Gottardi, salpò da Venezia insieme ai cacciatorpediniere Audace, Ardente, Animoso ed Abba, per intercettare un gruppo di siluranti austroungariche (cacciatorpediniere Csikos e torpediniere 78 T, 93 T e 96 T) che fu avvistato alle 15.30, a circa 10.000 di distanza; essendo però le due formazioni frattanto giunte non distante da Pola, importante base navale austroungarica, le unità italiane ripiegarono e rientrarono a Venezia[1].

Il 29 settembre 1917 la nave uscì in mare assieme ad Ardente ed Audace ed ad una seconda formazione (esploratore Sparviero, cacciatorpediniere Abba, Acerbi, Stocco ed Orsini) a supporto di un bombardamento effettuato da 10 aerei contro Pola[1]. La formazione italiana ebbe poi un breve scontro serale con una austro-ungarica (cacciatorpediniere Turul, Velebit, Huszar e Streiter e 4 torpediniere), senza conseguire risultati di rilievo[1].

Il 28 novembre Animoso, Ardente, Ardito, Abba, Audace, Orsini, Acerbi, Sirtori e Stocco, insieme agli esploratori Aquila e Sparviero, partirono da Venezia e, insieme ad alcuni idrovolanti di ricognizione, inseguirono una formazione austriaca, composta dai cacciatorpediniere Dikla, Streiter ed Huszar e da quattro torpediniere, che aveva bombardato la ferrovia nei pressi della foce del Metauro[1]. Le navi italiane dovettero rinunciare all’inseguimento allorché giunsero nei pressi di Capo Promontore, troppo vicino a Pola[1].

Il 10 maggio 1918 la nave fu inviata a Porto Levante iniseme ad Aquila, Acerbi, Sirtori, Stocco ed Ardente per fornire eventuale appoggio all’incursione di MAS divenuta poi nota come beffa di Buccari[1].

Alle 15.30 del 4 novembre 1918 l’Ardito, partito da Venezia, attraccò a Rovigno, prendendo possesso della città a nome dell’Italia[5].

Nel dopoguerra l’Ardito fu sottoposto a lavori di modifica al termine dei quali l’armamento risultò composto da 5 cannoni da 102 mm, uno da 40 mm e 4 tubi lanciasiluri da 450 mm[6].

Nel 1929 la nave fu declassata a torpediniera[6].

Radiata nel 1931[6], fu avviata alla demolizione.

Note

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r Franco Favre, La Marina nella Grande Guerra. Le operazioni navali, aeree, subacquee e terrestri in Adriatico, pp. 67-83-84-97-119-140-147-151-172-190-220-191-222-271
  2. ^ http://www.iantdexpeditions.com/spedizioni/in2007/intrepido.pdf
  3. ^ http://www.iantdexpeditions.com/spedizioni/in2007/stor22.htm
  4. ^ i drifters erano pescherecci armati incaricati della posa e della vigilanza delle reti antisommergibile che formavano lo sbarramento del canale d’Otranto
  5. ^ R. B. La Racine, In Adriatico subito dopo la vittoria su Storia Militare n. 210 – marzo 2011
  6. ^ a b c http://www.marina.difesa.it/storiacultura/storia/almanacco/Pagine/ABCD/ardito.aspx
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