Dardo (cacciatorpediniere 1932): differenze tra le versioni

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Il '''Dardo''' è stato un [[cacciatorpediniere]] della [[Regia Marina]] italiana. Operò principalmente durante la seconda guerra mondiale in attività di scorta ai convogli, e venne autoaffondato dai tedeschi che lo avevano catturato e reimpiegato dopo l'[[8 settembre]] [[1943]].



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Dardo
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Il Dardo è stato un cacciatorpediniere della Regia Marina italiana. Operò principalmente durante la seconda guerra mondiale in attività di scorta ai convogli, e venne autoaffondato dai tedeschi che lo avevano catturato e reimpiegato dopo l'8 settembre 1943.

Storia

Nel 1936-1938 partecipò alla guerra di Spagna[1].

All’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale era inquadrato nella VII Squadriglia Cacciatorpediniere, insieme ai gemelli Freccia, Saetta e Strale.

Il 7 luglio 1940, alle 14.10 salpò da Taranto insieme ai gemelli, alle corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour ed alla VIII Squadriglia Cacciatorpediniere (Folgore, Fulmine, Lampo e Baleno) in appoggio ad un convoglio per la Libia (trasporti truppe Esperia e Calitea, motonavi Marco Foscarini, Francesco Barbaro e Vettor Pisani, scortate dalle torpediniere Orsa, Procione, Orione, Pegaso, Abba e Pilo); ebbe però delle avarie meccaniche[2].

Tale formazione si unì poi alla I e II Squadra Navale, partecipando alla battaglia di Punta Stilo del 9 luglio[3][4].

Il 27 novembre prese parte all’inconclusiva battaglia di Capo Teulada[4].

Ad inizio 1941 subì alcuni lavori che comportarono la sostituzione degli impianti binati da 13,2 mm in plancia con due mitragliere singole da 20 mm, e quella dei due pezzi illuminanti da 120 con altrettanti impianti binati da 20 mm

Il 28 marzo scortò, unitamente ai cacciatorpediniere Folgore e Strale, un convoglio da Napoli per Tripoli formato dai trasporti Galilea, Heraklea, Ruhr, Samos ed Adana: le navi subirono un attacco da parte del sommergibile britannico Utmost, che affondò l’Heraklea e danneggiò la Ruhr[5]. Il Dardo fornì assistenza al Ruhr e lo rimorchiò a Trapani assistito dalle torpediniere Circe, Sagittario ed Alcione e da due MAS, mentre il resto del convoglio giunse a Tripoli il 30[6][4].

Il 9 aprile salpò da Napoli per scortare a Tripoli, insieme alle torpediniere Clio, Cosenz e Papa, le motonavi Andrea Gritti, Sebastiano Venier, Rialto, Birmania e Barbarigo; il convoglio giunse a Tripoli senza problemi il giorno 11[7].

Il 12 aprile scortò, unitamente ai cacciatorpediniere Vivaldi, Da Noli e Malocello (scorta poi rinforzata con l’invio, da Tripoli, delle torpediniere Circe e Montanari) un convoglio composto dai piroscafi Galilea, Marburg, Ankara, Reichenfels e Kybfels (da Malta furono fatti uscire i cacciatorpediniere Jervis, Janus, Nubian e Mohawk per intercettare il convoglio, ma non vi riuscirono)[8].

Il 16 aprile partecipò alle operazioni di soccorso dei superstiti del convoglio «Tarigo», distrutto la notte precedente da cacciatorpediniere inglesi[9].

L’11 maggio scortò un convoglio composto dai mercantili Preussen, Wachtfels, Ernesto, Tembien, Giulia e Col di Lana insieme ai cacciatorpediniere Aviere, Geniere, Grecale, Scirocco e Camicia Nera: partite da Napoli, le navi arrivarono a Tripoli il 14[10].

Il 3 giugno fece parte della scorta del convoglio «Aquitania»: lo formavano i mercantili Aquitania, Caffaro, Nirvo, Montello, Beatrice Costa e la nave cisterna Pozarica, in rotta Napoli-Tripoli con la scorta, oltre che del Dardo, dei cacciatorpediniere Aviere, Geniere e Camicia Nera e della torpediniera Missori; il 4 giugno, mentre le navi si trovavano ad una ventina di miglia dalle isole Kerkennah, furono attaccate da aerei che colpirono il Montello, che esplose senza lasciare superstiti, e la Beatrice Costa, che, irrimediabilmente danneggiata, dovette essere abbandonata ed affondata dal Camicia Nera[11][12].

Il 17 agosto appartenne, insieme ai cacciatorpediniere Freccia ed Euro ed alle torpediniere Procione, Pegaso e Sirtori, alla scorta di un convoglio composto dai trasporti Maddalena Odero, Nicolò Odero, Caffaro, Giulia, Marin Sanudo e Minatitlan; il sommergibile olandese O 23 silurò il Maddalena Odero che fu poi finito da aerei il 18, mentre rientrava a Lampedusa sotto la scorta delle torpediniere Pegaso e Sirtori, mentre le altre unità arrivarono a Tripoli il 19[13][4].

Il 1° settembre partì da Napoli di scorta, insieme ai cacciatorpediniere Da Recco, Folgore e Strale, alle motonavi Andrea Gritti, Rialto, Vettor Pisani, Sebastiano Venier e Francesco Barbaro; il 3 il convoglio fu assalito da aerei e l’Andrea Gritti, incendiata, saltò in aria con la morte di 347 uomini, mentre la Francesco Barbaro, danneggiata, dovette essere rimorchiata a Messina dal Dardo con l’assistenza dei cacciatorpediniere Ascari e Lanciere; le altre unità del convoglio giunsero a Tripoli il giorno seguente[14][15][4].

Verso fine anno fu alleggerito della zavorra e scaricato per essere sottoposto a dei lavori di manutenzione ed ammodernamento; il 23 dicembre, tuttavia, mentre veniva trainato in bacino a Palermo]], sbandò per via della mancanza di pesi (le unità di questa classe avevano gravi problemi di stabilità), si capovolse ed affondò nel porto[1][4]. Nell’incidente trovarono la morte 40 uomini[1][4].

Recuperato nel febbraio 1942, fu rimorchiato a Genova, immesso in bacino e riparato, con lavori che si protrassero sino al giugno 1943 e comportarono, oltre alle riparazioni, la sostituzione del complesso lanciasiluri poppiero con 2 mitragliere da 37 mm e l’imbarco di 3 mitragliere singole da 20 mm e soprattutto di un radar di produzione italiana, l’Ec 3/ter «Gufo»[1][4].

In luglio, tuttavia, il Dardo fu danneggiato dallo scoppio di una turbina[1].

Fu fermato per nuovi lavori, che all’annuncio dell’armistizio non erano ancora terminati; il 9 settembre 1943, non essendo in grado di muovere, fu catturato dai tedeschi[4].

Il Dardo ormeggiato tra i gemelli Saetta e Strale

Il Dardo aveva effettuato complessivamente 89 missioni di guerra (7 con le forze navali, 6 di caccia antisommergibile, una di trasporto, 27 di scorta convogli, 12 addestrative e 31 di trasferimento o di altro tipo), percorrendo 33.952 miglia e trascorrendo 748 giorni ai lavori[1].

Ridenominato TA 31 ed incorporato nella Kriegsmarine, poté tornare in efficienza solo il 17 giugno 1944[4]. Durante i lavori di ripristino una delle mitragliere da 20 fu rimpiazzata da una da 37[1].

Impiegato in vari usi, partecipò ad un’azione di guerra nelle acque di Bocca di Serchio, dopo di che, essendo ormai logorato dal lungo servizio e soggetto a continui guasti, fu disarmato nell’ottobre 1944[4][1].

Il 25 ottobre fu colpito e gravemente danneggiato (i danni non furono mai riparati) durante un bombardamento aereo su Genova[16].

Il 24 aprile 1945 fu autoaffondato a Genova dai tedeschi in ritirata; il relitto venne trovato con la poppa sommersa e la parte prodiera, emergente, sbandata sul lato destro[16][1][4].

Note

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