Crisi costituzionale russa del 1993
Crisi costituzionale russa del 1993 | |||
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Data | 21 settembre - 4 ottobre 1993 (0 anni e 13 giorni) | ||
Luogo | Mosca, Russia | ||
Esito | Scioglimento del Soviet Supremo | ||
Schieramenti | |||
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Comandanti | |||
Perdite | |||
187 morti 500 feriti circa | |||
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La crisi costituzionale russa del 1993 fu una battaglia politica fra il presidente Boris El'cin e il Soviet Supremo della Federazione Russa. Venne risolta con l'intervento delle forze armate che causò, all'incirca, tra i 200 e gli 800 morti, e l'insediamento di Boris El'cin come presidente della Federazione Russa.
In quell'anno le relazioni fra il presidente e il parlamento diventarono sempre più gravi e peggioravano la stabilità sociale ed economica della popolazione. Questa crisi raggiunse l'apice il 21 settembre 1993, quando El'cin decise di sciogliere le due camere del parlamento, ossia il Congresso dei deputati del popolo e il suo Soviet Supremo,[3][4] sebbene egli fosse privo di tale potere secondo la costituzione allora vigente.[5] El'cin utilizzò i risultati del referendum dell'aprile 1993 per giustificare le proprie azioni e, in risposta, il parlamento dichiarò invalida e non attuabile la decisione del presidente. A seguito di questi eventi il presidente Boris El'cin venne messo in stato di accusa.
Contesto
[modifica | modifica wikitesto]Il programma di riforme economiche di El'cin entrò in vigore il 2 gennaio 1992.[6] In poco tempo i prezzi salirono alle stelle, la spesa pubblica venne ridotta ed entrarono in vigore nuove pesanti tasse. Seguì una profonda crisi del credito, compromettendo il settore industriale russo con conseguente fallimento e chiusura di molte fabbriche, segnando l'inizio di una prolungata recessione. Contemporaneamente alcuni politici presero rapidamente le distanze dal programma.
1990 | 1991 | 1992 | 1993 | 1994 |
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-3,0% | -5,0% | -14,5% | -8,7% | -12,7% |
Nel corso del 1992, il fronte all'opposizione alle riforme politiche di El'cin divenne più forte e intrattabile, con i burocrati preoccupati per le condizioni dell'industria e i leader regionali intenzionati ad avere una maggiore indipendenza da Mosca. Il vice presidente russo, Aleksandr Ruckoj, denunciò il programma di El'cin considerandolo un "genocidio economico".[8] Infatti, durante il primo semestre del 1992, il reddito medio della popolazione era diminuito di 2–5 volte.[9] Inoltre i leader delle repubbliche ricche di giacimenti petroliferi, come il Tatarstan e la Baškiria, chiesero la piena indipendenza dalla Russia.
Assedio ed assalto
[modifica | modifica wikitesto]Con il decreto 1400 del 21 settembre 1993, El'cin dichiarò il Soviet Supremo dissolto;[3][4] questo atto era in contraddizione con diversi articoli della Costituzione russa del 1978, modificata tra il 1989 e il 1993, come l'articolo 1216[Nota 1] che stabiliva:[5][10]
«I poteri del Presidente della Federazione Russa non possono essere utilizzati per modificare l'organizzazione nazionale e statale della Federazione Russa, per sciogliere o per interferire con il funzionamento di qualsiasi organo eletto del potere statale. In questo caso, i suoi poteri cessano immediatamente.»
Conquista della Casa Bianca
[modifica | modifica wikitesto]Fra il 2 e il 4 ottobre 1993 fu determinante la posizione dell'esercito. I militari esitarono per diverse ore su come rispondere alla richiesta di intervento da parte di El'cin. Quando decisero di intervenire, decine di persone erano già state uccise e centinaia erano state ferite.
Il piano di azione fu proposto dal capitano Gennadij Zacharov. Dieci carri armati avrebbero dovuto aprire il fuoco sui piani superiori della Casa Bianca russa con l'obiettivo di minimizzare le perdite ma al tempo stesso creare confusione e panico tra i difensori. Quindi le truppe speciali delle unità Vympel e Alpha avrebbero dovuto assaltare l'edificio del parlamento.[11] Secondo Aleksandr Koržakov, guardia del corpo di El'cin, fu inoltre necessario sparare sui piani superiori della Casa Bianca per spaventare i cecchini.
All'alba del 4 ottobre 1993 l'esercito russo circondò l'edificio del parlamento e, poche ore dopo, i carri armati dell'esercito accerchiarono la Casa Bianca. Alle ore 8:00 di Mosca, la dichiarazione di El'cin fu annunciata dal suo servizio stampa:
«Chi si è mosso contro una città pacifica scatenando una strage sanguinosa è un criminale. Ma questo non è solo un crimine perpetrato da singoli banditi e pogromščiki. Ciò che ha avuto luogo e che è ancora in corso a Mosca è una ribellione armata premeditata. È stata organizzata da revanscisti comunisti, capi fascisti, una parte degli ex deputati, i rappresentanti sovietici. Sotto la copertura delle negoziazioni essi hanno riunito le forze, reclutato truppe di mercenari che erano abituati all'omicidio e alla violenza. Una banda meschina di politici abituati a imporre con la forza armata la loro volontà sull'intero paese. I mezzi con cui volevano governare la Russia sono stati mostrati al mondo intero. Si tratta delle menzogne ciniche, della corruzione. Si tratta dei sampietrini, delle spranghe affilate, delle armi automatiche e delle mitragliatrici. Quelli che ancora sventolano le bandiere rosse hanno ancora macchiato la Russia di sangue. Facevano affidamento sulla sorpresa, sul fatto che la loro impudenza e crudeltà senza precedenti avrebbero seminato paura e confusione.»
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Presidente ad interim della Federazione Russa dal momento della messa in stato d'accusa di El'cin; ciononostante, lo fu solo de jure, non esercitando un reale potere in quanto, ad esempio, El'cin non riconobbe tale fatto e anche le Forze armate continuarono ad obbedire a lui.
- ^ Supportati da Alexander Rutskoy, the Supreme Soviet and the Congress of People's Deputies frequently used those flags. The Russian tricolor itself only remained hoisted at the White House building (see video documentary Archiviato il 23 luglio 2011 in Internet Archive.).
- ^ a b (RU) Указ Президента РФ от 21.09.1993 № 1400, su Викитека. URL consultato il 10 maggio 2022.
- ^ a b (RU) Указ Президента от 21 сентября 1993 года № 1400 «О поэтапной конституционной реформе в Российской Федерации(«Положение о выборах депутатов Государственной Думы, «Положение о федеральных органах власти на переходный период»)», su Ельцин Центр. URL consultato il 10 maggio 2022.
- ^ a b (RU) Конституция Российской Федерации - России 1978 года (в редакции 10 декабря 1992 года), su Викитека. URL consultato il 10 maggio 2022.«Статья 121.6. Полномочия Президента Российской Федерации не могут быть использованы для изменения национально-государственного устройства Российской Федерации, роспуска либо приостановления деятельности любых законно избранных органов государственной власти, в противном случае они прекращаются немедленно.»
- ^ Aleksandr Urmanov, The Creeping Counterrevolution in Russia: Local Resistance to Privatization, su heritage.org, The Heritage Foundation, 6 febbraio 1992. URL consultato il 4 settembre 2007 (archiviato dall'url originale il 26 settembre 2007).
- ^ (RU) M. N. Uzjakov, Динамика и структура ВВП Российской Федерации: причины и масштабы искажений, su ecfor.ru (archiviato dall'url originale l'11 novembre 2012).
- ^ Celestine Bohlen, Yeltsin Deputy Calls Reforms 'Economic Genocide, The New York Times, 9 febbraio 1992. URL consultato l'8 dicembre 2011.
- ^ (RU) Наталья Михайловна Римашевская, Социальные последствия экономических трансформаций в России (PDF), su ecsocman.edu.ru, n. 6, Социологические исследования., 1997, pp. 55–65. URL consultato il 25 settembre 2010 (archiviato dall'url originale il 21 luglio 2011).
- ^ (RU) Постановление СНД РФ от 12.03.1993 № 4626-I, su Викитека. URL consultato il 10 maggio 2022.«7. Статьи 109, 110, 121.6 Конституции Российской Федерации ввести в действие в полном объеме с момента принятия настоящего Постановления.»
- ^ Andrew Felkay, Yeltsin's Russia and the West, Greenwood Publishing Group, 2002, p. 79, ISBN 978-0-275-96538-9. URL consultato il 12 luglio 2009.
- Altre
- ^ Il Congresso formalmente sospese tale emendamento dopo aver fallito nel tentativo di mettere El'cin sotto accusa in seguito alla sua dichiarazione di 'Regola Speciale' nel Marzo 1993.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Levent Gönenç, Prospects for Constitutionalism in Post-Communist Countries, Kluwer Law International, 2002, ISBN 90-411-1836-5.
- (EN) Ian Jeffries, A Guide to the Economies in Transition, Routledge, 1996, ISBN 0-415-13684-9.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
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