Utente:MariachiaraMontebello/Sandbox

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Intelligenza collettiva e dinamiche di gruppo[modifica | modifica wikitesto]

Molti studiosi hanno analizzato il modo in cui l'intelligenza collettiva contribuisce al trasferimento di conoscenza e potere dal singolo al collettivo. Il ricercatore informatico statunitense Douglas Engelbart nel suo famoso articolo Augmenting Human Intellect. A Conceptual Framework definisce l’intelligenza collettiva come una misura di quanto gli individui possano lavorare sui problemi importanti e sulle opportunità, in maniera collettiva, in modo dinamico e intelligente, nonché anticipare le occasioni e rispondere a una situazione, sfruttando la loro percezione collettiva, la memoria, l’intuizione, la pianificazione.[1] Per determinare il valore dell’intelligenza collettiva, Engelbart propone il quoziente di intelligenza collettiva che è dato dal rapporto tra le capacità umane di comprensione e approfondimento, in rapporto alla complessità dei problemi. Obiettivo del ricercatore statunitense è immaginare mezzi che consentano di incrementare nel minor tempo possibile le capacità umane di intelligenza collettiva.

Il professore di filosofia David Skrbina utilizza il concetto di mente di gruppo, ispirandosi al concetto filosofico elaborato da Platone di panpsichismo, ossia l’idea che la mente o la coscienza sia onnipresente ed esista in tutta la materia. Egli sviluppa il concetto di mente di gruppo così come era stato elaborato da Thomas Hobbes nel suo Leviatano e le tesi di Gustav Fechner sulla coscienza collettiva del genere umano.[2][3] Egli cita Durkheim come il più importante sostenitore della coscienza collettiva e Teilhard de Chardin come un pensatore che ha sviluppato le implicazioni filosofiche di tale idea.[4] Altro pioniere dell’intelligenza collettiva è stato Tom Atlee, fondatore e direttore del Co-Intelligence Institute. Lo studioso americano descrive l’intelligenza collettiva come una forma di intelligenza condivisa e integrata che si trova nell’uomo e intorno all’uomo. L’idea di Atlee è che tale intelligenza possa essere osservata e misurata. Per questo egli si pone l’obiettivo di individuare metodi che permettano di accrescerne il potenziale e la portata. Atlee è convinto che se la popolazione fosse in grado di gestire un maggior quantitativo di intelligenza collettiva, gli individui sarebbero in grado di co-creare un futuro con minori problemi sociali, economici, ambientali e cooperare per uno sviluppo sostenibile e un benessere collettivo crescente.

Ispirato dai lavori di Englebart e Atlee, il ricercatore di origine ungherese George Pór ha definito il fenomeno intelligenza collettiva come la capacità delle comunità umane di evolvere verso una maggiore complessità, ordine e l'armonia, attraverso meccanismi di innovazione come la differenziazione e l'integrazione, la concorrenza e la collaborazione. [5] Pór descrive le organizzazioni sociali come organismi umani, il cui sistema nervoso è composto dalle reti di comunicazioni e conversazioni attivate. Tali organizzazioni svolgono principalmente quattro funzioni: a) favoriscono lo scambio e il flusso di informazioni tra i sottoinsiemi dell’organismo e l’ambiente; b) facilitano il coordinamento delle azioni dei diversi componenti; c) incrementano la memoria dell’organizzazione mediante l’archiviazione e il recupero dei dati in base alle esigenze dell’organizzazione; d) sostengono lo sviluppo di nuove competenze e comportamenti efficaci. Tale visione è diventata tangibile grazie all’attuale evoluzione della Rete e ha portato alla realizzazione delle quattro funzioni da lui precedentemente indicate. Per questo, egli ha fondato la Community Intelligence Ltd. che si pone l’obiettivo di coltivare e diffondere l’intelligenza collettiva.

Nella visione di Atlee e Pór, così come di altri studiosi quali Cliff Joslyn o Ron Dembo, l'intelligenza collettiva è un particolare modo di funzionamento dell'intelligenza che supera tanto il pensiero di gruppo (e le relative tendenze al conformismo) quanto la cognizione individuale, permettendo a una comunità di cooperare mantenendo prestazioni intellettuali affidabili. La possibilità di massimizzare l'intelligenza collettiva dipende dalla capacità di un'organizzazione di accettare e sviluppare il "consiglio aureo", consistente in qualsiasi input potenzialmente utile, proveniente da qualsiasi membro. Le dinamiche di gruppo tuttavia spesso ostacolano l'intelligenza collettiva, limitando gli input a pochi individui o filtrando potenziali consigli aurei senza svilupparli pienamente fino all'implementazione. Molti critici evidenziano inoltre come spesso cattive idee, incomprensioni, e concetti sbagliati siano ampiamente supportati, e che la strutturazione del processo decisionale dovrebbe favorire esperti che sono presumibilmente meno proni al voto casuale o disinformato in un dato contesto. Per questo, a un livello pratico, l'abilità della facilitazione di gruppo si è sviluppata fin dagli anni novanta in una professione che consiste nell'assistere un gruppo ottimizzando i processi e stimolando la creatività durante il processo decisionale. Le ricerche hanno mostrato che i gruppi coadiuvati da un facilitatore giungono infatti a decisioni migliori rispetto a quelli non facilitati.

Nel 2001 Tadeusz Szuba, dell'Università AGH in Polonia propone un modello formale per il fenomeno dell'intelligenza collettiva.[6] Esso assumeva che fosse un processo computazionale inconscio, casuale, parallelo e distribuito, eseguito con logica matematica dalla struttura sociale[7]. In questo modello, esseri e informazioni sono modellate come molecole di informazioni astratte che portano un'espressione di logica matematica. Esse si dispongono quasi-casualmente a causa della loro interazione con i loro ambienti nello spazio computazionale astratto, creando processi di inferenza che percepiamo come intelligenza collettiva. Questa teoria permette una definizione formale di intelligenza collettiva come proprietà della struttura sociale e funzionerebbe per un ampio spettro di esseri, dalle colonie batteriche fino alle strutture sociali umane. Essa fornirebbe inoltre una spiegazione diretta di diversi fenomeni sociali. Per questo modello di intelligenza collettiva, la definizione formale di QIS (QI sociale) venne proposta e definita come "la funzione di probabilità su tempo e dominio di inferenze a N-elementi che riflettono le attività di inferenza della struttura sociale". Mentre il QIS sembra computazionalmente difficile, la modellazione di strutture sociali è approssimabile.[8]

Robert David Steele nel suo libro Intelligence. Spie e segreti in un mondo aperto definisce i cittadini come “intelligence minutement”, ossia cittadini pronti a combattere per l'Intelligence, che attingono esclusivamente a fonti informative etiche e legali per creare una vera e propria intelligenza pubblica che serve a fare in modo che funzionari pubblici e istituzioni si mantengano onesti.[9]

Secondo Don Tapscott e Anthony D. Williams, l'intelligenza collettiva è la collaborazione di massa.Errore nelle note: L'apertura dell'etichetta <ref> non è corretta o ha un nome errato. Affinchè essa possa avverarsi, è necessario che siano rispettati quattro principi: a) l’apertura determina un cambiamento culturale in virtù del quale le imprese stanno iniziando ad avere confini meno netti e definiti e, nello stesso tempo, fanno riferimento anche a risorse esterne in grado di apportare nuove competenze; b) il peering indica una forma aggregativa in cui i singoli membri si scambiano materiale ed informazioni che possono essere poi continuamente rivisti e migliorati da tutti i partecipanti e rimessi continuamente in circolo per nuovi sviluppi; c) la condivisione si riferisce al fenomeno per cui le imprese mettono a disposizione gran parte del loro patrimonio intellettuale per permetterne un più rapido sviluppo; d) l'azione globale sta ad indicare la necessità che le imprese, in un mondo in cui ormai i confini geografici non esistono più, devono sapere sfruttare le potenzialità della tecnologia ed attingere risorse ove queste si rendano disponibili.

  1. ^ Douglas C. Engelbart, AUGMENTING HUMAN INTELLECT: A CONCEPTUAL FRAMEWORK, October 1962.
  2. ^ Simona R. Capolupo, Donata Miglietta, Pensare nelle istituzioni. La formazione psicoanalitica, libreriauniversitaria.it, 2012, p. 24, ISBN 8862922345.
  3. ^ Gustav Theodor Fechner, Anatomia comparata degli angeli, Lampi di stampa, 2003, p. 21, ISBN 8848802885.
  4. ^ Noosfera, su it.wikipedia.org. URL consultato il 16/05/16.
  5. ^ Alessandro Rimassa, E' facile cambiare l'Italia: se sai come farlo, HOEPLI EDITORE, 2014, pp. 240, ISBN 8820363925.
  6. ^ Giuseppe Iacobelli, Fashion Branding 3.0 La multicanalità come approccio strategico per il marketing della moda, FrancoAngeli, p. 97, ISBN 8856850214.
  7. ^ Tadeusz Szuba, Computational Collective Intelligence, New York, John Wiley & Sons, 2001, ISBN 978-0471349662.
  8. ^ Alex Pentland, Fisica sociale: Come si propagano le buone idee, EGEA spa, 2015, p. Capitolo 5, ISBN 8823877601.
  9. ^ Paul Michael Privateer, Inventing Intelligence: A Social History of Smart, John Wiley & Sons, 2008, p. 245, ISBN 1405152303.